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Pronuncia 131/2019

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Giorgio LATTANZI; Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 464-bis, comma 2, e 521, comma 1, del codice di procedura penale, promosso dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Catania, nel procedimento penale a carico di M. L.P., con ordinanza del 13 dicembre 2017, iscritta al n. 92 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 2018. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 3 aprile 2019 il Giudice relatore Francesco Viganò.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 464-bis, comma 2, e 521, comma 1, del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Catania, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 aprile 2019. F.to: Giorgio LATTANZI, Presidente Francesco VIGANÒ, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2019. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Francesco Viganò

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: LATTANZI

Massime

Prospettazione della questione incidentale - Motivazione sulla rilevanza corretta e sufficiente - Ammissibilità delle questioni - Rigetto di eccezione preliminare.

Non è accolta l'eccezione di inammissibilità, per insufficiente motivazione sulla rilevanza, nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 464-bis, comma 2, e 521, comma 1, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono la possibilità di disporre la sospensione del procedimento con messa alla prova ove, in esito al giudizio, il fatto di reato venga, su sollecitazione del medesimo imputato, diversamente qualificato dal giudice così da rientrare in uno di quelli contemplati dal primo comma dell'art. 168-bis cod. pen. Dal mero confronto tra il capo di imputazione e la pur sintetica descrizione, contenuta nell'ordinanza di rimessione, delle risultanze istruttorie, non emerge infatti alcuna diversità tra i fatti storici descritti nel decreto che dispone il giudizio, e quelli che l'imputato - sulla base degli atti di indagine - risulta effettivamente avere commesso; bensì - esclusivamente - una diversità nella qualificazione giuridica da parte del giudice rispetto a quella originariamente ipotizzata dal pubblico ministero, disciplinata - come esattamente ritenuto dal giudice a quo - dal censurato art. 521, comma 1, cod. proc. pen.

Interpretazione della norma censurata - Interpretazione secundum constitutionem - Possibilità motivatamente esclusa dal rimettente - Verifica della correttezza dell'esegesi da questi presupposta - Attinenza al merito - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Non è accolta l'eccezione di inammissibilità, per omesso tentativo di interpretazione costituzionalmente orientata, delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 464-bis, comma 2, e 521, comma 1, cod. proc. pen. Il rimettente ha non già omesso, bensì risolto con esito negativo la verifica di praticabilità di una esegesi costituzionalmente orientata della normativa denunciata, deducendo l'impraticabilità di una rimessione in termini dell'imputato per la richiesta di ammissione alla sospensione del processo con messa alla prova in caso di diversa qualificazione del fatto a conclusione del giudizio abbreviato. Tanto basta ai fini dell'ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale proposte, attenendo invece al merito la valutazione se delle disposizioni censurate possa in effetti darsi una lettura conforme a Costituzione. ( Precedenti citati: sentenze n. 135 del 2018, n. 255 e n. 53 del 2017 ).

Processo penale - Sospensione del procedimento con messa alla prova - Potere del giudice di disporre la sospensione qualora, in esito al giudizio, ritenga di dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione, tale da consentire l'accesso al beneficio - Omessa previsione - Denunciata lesione del diritto di difesa, ingiustificata disparità di trattamento di situazioni identiche - Erroneità del presupposto interpretativo - Non fondatezza delle questioni, nei sensi di cui in motivazione.

Sono dichiarate non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal GUP del Tribunale di Catania in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost. - degli artt. 464- bis , comma 2, e 521, comma 1, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono la possibilità di disporre la sospensione del procedimento con messa alla prova ove, in esito al giudizio, il fatto di reato venga, su sollecitazione del medesimo imputato, diversamente qualificato dal giudice così da rientrare in uno di quelli contemplati dal primo comma dell'art. 168-bis cod. pen. Le disposizioni censurate ben si prestano a essere interpretate in modo da consentire al giudice - allorché, in esito al giudizio, riscontri che il proprio precedente diniego era ingiustificato, sulla base della riqualificazione giuridica del fatto contestato - di ammettere l'imputato al rito alternativo della sospensione con messa alla prova, che egli aveva a suo tempo richiesto entro i termini di legge, e di garantirgli in tal modo i benefici sanzionatori ad esso connessi, assicurando che l'errore compiuto dalla pubblica accusa non si risolva in un irreparabile pregiudizio a suo danno, indipendentemente dalla possibilità di conseguire o meno, nel caso concreto, un effetto deflattivo sul carico della giustizia penale, a cui tra l'altro mirano i procedimenti speciali in parola. Tale interpretazione non solo non trova alcun ostacolo nel tenore letterale delle disposizioni censurate, ma è anche conforme all'orientamento della giurisprudenza di legittimità ed appare altresì l'unica in grado di assicurare un risultato ermeneutico compatibile con i parametri costituzionali invocati dal rimettente. ( Precedenti citati: sentenze n. 141 del 2018, n. 237 del 2012, n. 333 del 2009, n. 219 del 2004, n. 148 del 2004, n. 70 del 1996, n. 497 del 1995, n. 265 del 1994 e n. 76 del 1993 ). La richiesta di riti alternativi, categoria di cui fa parte anche la sospensione del procedimento con messa alla prova, costituisce una modalità, tra le più qualificanti, di esercizio del diritto di difesa. Lo speciale procedimento di sospensione del processo con messa alla prova costituisce un vero e proprio rito alternativo, in grado di assicurare significativi benefici in termini sanzionatori all'imputato in cambio - tra l'altro - di una sua rinuncia a esercitare nella loro piena estensione i propri diritti di difesa in un processo ordinario. ( Precedenti citati: sentenze n. 91 del 2018 e n. 240 del 2015 ).