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Pronuncia 155/2019

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Giorgio LATTANZI; Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 459, comma 1-bis, del codice di procedura penale, introdotto dall'art. 1, comma 53, della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario), promossi dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Termini Imerese, con ordinanza del 12 febbraio 2018, e dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Macerata, con due ordinanze del 20 settembre 2017, iscritte rispettivamente ai numeri 88, 168 e 184 del registro ordinanze 2018 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 24 e 47, prima serie speciale, dell'anno 2018 e numero 1, prima serie speciale, dell'anno 2019. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio dell'8 maggio 2019 il Giudice relatore Francesco Viganò.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 459, comma 1-bis, del codice di procedura penale, introdotto dall'art. 1, comma 53, della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 27 e 111 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Termini Imerese e dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Macerata con le ordinanze indicate in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 maggio 2019. F.to: Giorgio LATTANZI, Presidente Francesco VIGANÒ, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 21 giugno 2019. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Francesco Viganò

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: LATTANZI

Massime

Rilevanza della questione incidentale - Motivazione del rimettente - Sufficiente illustrazione della vicenda processuale del giudizio a quo - Ammissibilità delle questioni - Rigetto di eccezione preliminare.

Non è accolta l'eccezione di inammissibilità - per insufficiente ed erronea motivazione in ordine alla rilevanza - nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 459, comma 1- bis , cod. proc. pen., introdotto dall'art. 1, comma 53, della legge n. 103 del 2017. Il rimettente ha dato conto della rilevanza delle questioni, avendo prospettato una alternativa (emissione del decreto penale di condanna o rigetto della relativa richiesta) che sottende la ritenuta impossibilità di addivenire al proscioglimento dell'imputato o alla restituzione degli atti al pubblico ministero per difetto dei presupposti di ammissibilità del rito, nonché una valutazione almeno implicita di congruità della pena detentiva richiesta dal pubblico ministero. Il rimettente ha inoltre sufficientemente illustrato la vicenda processuale del giudizio a quo, consentendo la verifica della ragionevolezza del più mite trattamento sanzionatorio risultante dall'applicazione della disposizione censurata, rispetto a quello derivante in base all'ordinario parametro di ragguaglio previsto dall'art. 135 cod. pen.

Norme citate

Oggetto del giudizio - Norma penale che prevede un trattamento sanzionatorio più mite - Eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale - Effetto in malam partem discendente dall'automatica riespansione del regime generale - Ammissibilità delle questioni.

Non inficia l'ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 459, comma 1- bis , cod. proc. pen., introdotto dall'art. 1, comma 53, della legge n. 103 del 2017, la circostanza che le ordinanze di rimessione - nel censurare l'applicabilità al procedimento per decreto penale di condanna di un trattamento sanzionatorio più mite rispetto a quello conseguibile nell'ambito del rito ordinario e degli altri riti speciali - sollecitino una pronuncia ripristinatoria di un regime sanzionatorio di maggior rigore per l'imputato. Infatti, l'effetto in malam partem di un'eventuale pronuncia di accoglimento delle questioni sollevate non discenderebbe dall'introduzione di nuove norme o dalla manipolazione di norme esistenti, ma conseguirebbe all'automatica riespansione del regime generale di ragguaglio tra pena detentiva e pena pecuniaria, previsto dall'art. 135 cod. pen.

Norme citate

Oggetto del giudizio - Norma penale di favore - Dichiarazione di illegittimità costituzionale - Effetto in malam partem - Conseguenza della riespansione della norma generale o comune - Ammissibilità.

L'inammissibilità di questioni di legittimità costituzionale con potenziali effetti in malam partem - perché miranti a conseguire il ripristino nell'ordinamento di norme incriminatrici abrogate, la creazione di nuove norme penali o l'estensione del loro ambito applicativo a casi non previsti (o non più previsti) dal legislatore, o, ancora, l'aggravamento delle conseguenze sanzionatorie o della complessiva disciplina del reato - non può essere considerata come principio assoluto. In particolare, il sindacato della Corte costituzionale è stato ammesso laddove il legislatore introduca norme penali di favore, che sottraggano irragionevolmente un determinato sottoinsieme di condotte alla regola della generale rilevanza penale di una più ampia classe di condotte, stabilita da una disposizione incriminatrice vigente, ovvero prevedano per detto sottoinsieme - altrettanto irragionevolmente - un trattamento sanzionatorio più favorevole. In tal caso, l'effetto in malam partem non discende dall'introduzione di nuove norme o dalla manipolazione di norme esistenti da parte della Corte, la quale si limita a rimuovere la disposizione giudicata lesiva dei parametri costituzionali; esso rappresenta, invece, una conseguenza dell'automatica riespansione della norma generale o comune, dettata dallo stesso legislatore, al caso già oggetto di una incostituzionale disciplina derogatoria. ( Precedenti citati: sentenze n. 37 del 2019, n. 236 del 2018, n. 143 del 2018, n. 394 del 2006, n. 161 del 2004, n. 49 del 2002, n. 330 del 1996 e n. 71 del 1983; ordinanze n. 204 del 2019, n. 66 del 2019, n. 285 del 2012, n. 5 del 2009, n. 413 del 2008, n. 65 del 2008, n. 164 del 2007, n. 175 del 2001 e n. 355 del 1997 ).

Processo penale - Procedimento per decreto - Irrogazione di una pena pecuniaria in sostituzione di una pena detentiva - Criteri di ragguaglio - Denunciata disparità di trattamento tra soggetti meno abbienti e più abbienti, nonché rispetto ai soggetti nei cui confronti si procede con rito ordinario o altri riti speciali - Denunciata violazione del principio di personalità della responsabilità penale e del principio della ragionevole durata del processo - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni.

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal GIP del Tribunale di Termini Imerese e dal GIP del Tribunale di Macerata in riferimento agli artt. 3, 27 e 111 Cost. - dell'art. 459, comma 1- bis, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 1, comma 53, della legge n. 103 del 2017, nella parte in cui prevede che, nel procedimento per decreto penale di condanna, il giudice, nel determinare l'ammontare della pena pecuniaria da irrogare in sostituzione di una pena detentiva, debba tener conto della condizione economica complessiva dell'imputato e del suo nucleo familiare, e che il valore giornaliero di ragguaglio sia non inferiore ad euro 75 e non superiore a tre volte detto ammontare per ogni giorno di pena detentiva. La finalità di incentivare il ricorso al rito speciale per decreto, essenzialmente in chiave deflattiva del contenzioso penale, consente pianamente di escludere la manifesta irragionevolezza del tasso di conversione tra pena detentiva e pena pecuniaria previsto dalla disciplina censurata, anche in rapporto alle diverse discipline dettate nell'ambito del rito ordinario o di altri riti speciali. Inoltre, le differenti condizioni economiche dell'imputato e del suo nucleo familiare - in relazione alle quali l'impatto "esistenziale" di sanzioni pecuniarie di identico importo può essere in concreto assai diverso - giustificano la commisurazione di sanzioni di diversa entità, pur a fronte di illeciti di pari gravità, risultando funzionali a garantire un maggior grado di individualizzazione della pena e senza pregiudizio per la finalità rieducativa della pena. Infine, il - contenuto - dispendio di attività istruttorie supplementari da parte del pubblico ministero relativamente alle condizioni economiche dell'imputato e del suo nucleo familiare risulta conforme al canone della ragionevole durata del processo, perché congruamente giustificato dall'evidente beneficio in termini di "personalizzazione" della risposta sanzionatoria, apparendo altresì funzionale a ridurre il rischio di opposizioni imperniate soltanto sull'incongruità della pena inflitta in relazione alle condizioni economiche del reo e del suo nucleo familiare. ( Precedenti citati: sentenze n. 40 del 2019, n. 233 del 2018 e n. 222 del 2018 ).

Norme citate

Reati e pene - Determinazione dei trattamenti sanzionatori e disciplina degli istituti processualpenalistici - Ampia discrezionalità del legislatore - Limiti alla manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle opzioni prescelte.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, il legislatore gode di ampia discrezionalità, in materia di determinazione dei trattamenti sanzionatori così come di disciplina degli istituti processualpenalistici, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle opzioni prescelte. ( Precedenti citati: sentenze n. 40 del 2019, n. 222 del 2018 e n. 236 del 2016 ).

Reati e pene - Finalità rieducativa della pena - Necessità che la pena non sia sproporzionata per eccesso rispetto alla gravità del fatto di reato.

La finalità rieducativa della pena, prescritta dall'art. 27, terzo comma, Cost., risulta costantemente evocata, nella giurisprudenza costituzionale, in relazione alla necessità che la pena non sia sproporzionata per eccesso rispetto alla gravità del fatto di reato, e non certo a sostegno di pronunce il cui effetto sia quello di inasprire il trattamento sanzionatorio previsto discrezionalmente dal legislatore. ( Precedenti citati: sentenze n. 40 del 2019, n. 233 del 2018 e n. 222 del 2018 ).

Parametri costituzionali

Processo penale - Principio della ragionevole durata del processo - Lesione - Criteri identificativi.

Per costante giurisprudenza costituzionale - alla luce dello stesso richiamo al connotato di "ragionevolezza", che compare nella formula costituzionale [dell'art. 111] - possono arrecare un vulnus al principio della ragionevole durata del processo solamente le norme che comportino una dilatazione dei tempi del processo non sorrette da alcuna logica esigenza. ( Precedenti citati: sentenze n. 91 del 2018, n. 12 del 2016, n. 23 del 2015, n. 63 del 2009, n. 56 del 2009 e n. 148 del 2005 ).

Parametri costituzionali