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Pronuncia 230/2020

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Mario Rosario MORELLI; Giudici : Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze) e dell'art. 29, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), promosso dal Tribunale ordinario di Venezia, nel procedimento di volontaria giurisdizione instaurato da S. S. e A. B., con ordinanza del 3 aprile 2019, iscritta al n. 108 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 2019. Visti gli atti di costituzione di S. S. e A. B., nonché gli atti di intervento dell'Avvocatura per i diritti LGBTI APS e del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 20 ottobre 2020 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli; uditi gli avvocati Susanna Lollini per l'Avvocatura per i diritti LGBTI APS, Umberto Saracco per S. S. e A. B. e l'avvocato dello Stato Wally Ferrante per il Presidente del Consiglio dei ministri; deliberato nella camera di consiglio del 20 ottobre 2020.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze) e dell'art. 29, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, primo e secondo comma, 30 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 24, paragrafo 3, della Carta dei diritti Fondamentali dell'Unione Europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, agli artt. 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e alla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, dal Tribunale ordinario di Venezia, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 ottobre 2020. F.to: Mario Rosario MORELLI, Presidente e Redattore Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria Depositata in Cancelleria il 4 novembre 2020. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA Allegato:Ordinanza letta all'udienza del 20 ottobre 2020ORDINANZAVisti gli atti relativi al giudizio di legittimità costituzionale introdotto dal Tribunale ordinario di Venezia, sezione civile, in composizione collegiale, con ordinanza del 3 aprile 2019 (reg. ord. n. 108 del 2019), avente ad oggetto gli artt. 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze) e 29, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127), nella parte in cui non consentono la formazione di un atto di nascita in cui vengano indicati come genitori due donne tra loro unite civilmente e che abbiano fatto ricorso (all'estero) alla procreazione medicalmente assistita.Rilevato che è intervenuta nel giudizio davanti a questa Corte, con atto ad adiuvandum depositato il 30 luglio 2019, l'Avvocatura per i diritti LGBTI APS, in persona del suo legale rappresentante pro tempore.Considerato che detto soggetto non è stato parte nel giudizio a quo;che la costante giurisprudenza di questa Corte (tra le tante, sentenze n. 13 del 2019, n. 217 e n. 180 del 2018; ordinanze allegate alle sentenze n. 158, n. 119 e n. 30 del 2020, n. 237, n. 221, n. 159, n. 141 e n. 98 del 2019, n. 217, n. 194, n. 180 e n. 77 del 2018, n. 29 del 2017, n. 286, n. 243 e n. 84 del 2016; ordinanze n. 202, n. 111 e n. 37 del 2020) è nel senso che la partecipazione al giudizio di legittimità costituzionale è circoscritta, di norma, alle parti del giudizio a quo, oltre che al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale (artt. 3 e 4 delle Norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale);che a tale disciplina è possibile derogare - senza venire in contrasto con il carattere incidentale del giudizio di costituzionalità - soltanto a favore di soggetti terzi che siano titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura;che, pertanto, l'incidenza sulla posizione soggettiva dell'interveniente non deve derivare, come per tutte le altre situazioni sostanziali governate dalla legge denunciata, dalla pronuncia della Corte sulla legittimità costituzionale della legge stessa, ma dall'immediato effetto che tale pronuncia produce sul rapporto sostanziale oggetto del giudizio principale;che nel presente giudizio l'Avvocatura per i diritti LGBTI APS non è titolare di interessi direttamente riconducibili all'oggetto del giudizio stesso, sebbene di meri indiretti, e più generali, interessi, connessi ai suoi scopi statutari;che, pertanto, l'intervento della suddetta associazione deve essere dichiarato inammissibile.per questi motiviLA CORTE COSTITUZIONALEdichiara inammissibile l'intervento dell'Avvocatura per i diritti LGBTI APS.F.to Mario Rosario Morelli, Presidente

Relatore: Mario Rosario Morelli

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: MORELLI

Massime

Contraddittorio davanti alla Corte costituzionale - Intervento nel giudizio incidentale - Interveniente che non è parte nel giudizio a quo e non è titolare di interessi direttamente riconducibili all'oggetto del giudizio stesso - Difetto di legittimazione - Inammissibilità dell'intervento.

È dichiarato inammissibile l'intervento dell'Avvocatura per i diritti LGBTI APS nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 20, della legge n. 76 del 2016 e 29, comma 2, del d.P.R. n. 396 del 2000. Tale soggetto non è parte nel giudizio a quo, né è titolare di interessi direttamente riconducibili all'oggetto del giudizio stesso - unica deroga che non contrasta con il carattere incidentale del giudizio di costituzionalità - sebbene di meri indiretti, e più generali, interessi, connessi ai suoi scopi statutari. Per costante giurisprudenza costituzionale, la partecipazione al giudizio di legittimità costituzionale è circoscritta, di norma, alle parti del giudizio a quo, oltre che al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale, ai sensi degli artt. 3 e 4 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. ( Precedenti citati: sentenze n. 13 del 2019, n. 217 del 2018 e n. 180 del 2018; ordinanze allegate alle sentenze n. 158 del 2020, n. 119 del 2020, n. 30 del 2020, n. 237 del 2019, n. 221 del 2019, n. 159 del 2019, n. 141 del 2019, n. 98 del 2019, n. 217 del 2018, n. 194 del 2018, n. 180 del 2018, n. 77 del 2018, n. 29 del 2017, n. 286 del 2016, n. 243 del 2016 e n. 84 del 2016; ordinanze n. 202 del 2020, n. 111 del 2020 e n. 37 del 2020 ).

Norme citate

  • legge-Art. 1, comma 20
  • decreto del Presidente della Repubblica-Art. 29, comma 2

Prospettazione della questione incidentale - Adeguata motivazione in ordine alla esclusa possibilità di addivenire ad una interpretazione conforme a Costituzione - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Non è accolta l'eccezione d'inammissibilità, per carenza di adeguata motivazione in ordine alla esclusa possibilità di addivenire ad una interpretazione conforme a Costituzione, formulata nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 20, della legge n. 76 del 2016 e 29, comma 2, del d.P.R. n. 396 del 2000. Il rimettente non ha mancato di prendere in considerazione la praticabilità di una via ermeneutica volta a riconoscere la tutela richiesta dalle ricorrenti, ma è poi pervenuto ad escluderla per l'ostacolo, a suo avviso non superabile, rinvenibile nella lettera (in particolare nell'incipit) dell'indicato art. 1, comma 20; attiene invece al merito, e non più all'ammissibilità della questione, la condivisione o meno del presupposto interpretativo della normativa censurata. ( Precedenti citati: sentenze n. 32 del 2020, n. 11 del 2020, n. 189 del 2019, n. 187 del 2019 e n. 179 del 2019 ).

Norme citate

  • legge-Art. 1, comma 20
  • decreto del Presidente della Repubblica-Art. 29, comma 2

Stato civile - Unione civile - Diritti riconosciuti alle parti - Indicazione delle generalità dei genitori nell'atto di nascita - Possibilità di indicare come genitori due donne tra loro unite civilmente e che abbiano fatto ricorso (all'estero) alla procreazione medicalmente assistita - Preclusione - Denunciata irragionevolezza, violazione del principio di uguaglianza, del diritto alla genitorialità, tutelato anche dalla normativa europea e convenzionale, alla procreazione, nonché della tutela della filiazione e del miglior interesse del minore - Possibilità realizzabile in via normativa - Inammissibilità della questione.

È dichiarata inammissibile la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Tribunale di Venezia in riferimento agli artt. 2, 3, primo e secondo comma, 30 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 24, paragrafo 3, CDFUE, agli artt. 8 e 14 CEDU e alla Convenzione sui diritti del fanciullo, degli artt. 1, comma 20, della legge n. 76 del 2016 e 29, comma 2, del d.P.R. n. 396 del 2000, che, nel loro combinato disposto, precludono alle coppie di donne omosessuali unite civilmente la possibilità di essere indicate, entrambe, quali genitori nell'atto di nascita formato in Italia, quantunque abbiano fatto ricorso (all'estero) alla procreazione medicalmente assistita. Sebbene la genitorialità del nato a seguito del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) sia legata anche al "consenso" prestato, e alla "responsabilità" conseguentemente assunta, da entrambi i soggetti che hanno deciso di accedere ad una tale tecnica procreativa, occorre pur sempre che quelle coinvolte nel progetto di genitorialità così condiviso siano coppie di sesso diverso, atteso che le coppie dello stesso sesso non possono accedere, in Italia, alle tecniche di PMA, come espressamente disposto dall'art. 5 della legge n. 40 del 2004. I parametri costituzionali, europei e convenzionali evocati, così come non consentono l'interpretazione adeguatrice della normativa censurata, allo stesso modo neppure, però, ne autorizzano la reductio ad legitimitatem, nel senso dell'auspicato riconoscimento delle donne omosessuali civilmente unite quali genitori del nato da fecondazione eterologa praticata dall'una con il consenso dell'altra, stante la scelta del legislatore di non riferire le norme relative al rapporto di filiazione alle coppie dello stesso sesso; scelta costituzionalmente legittima perché l'aspirazione della madre intenzionale ad essere genitore non assurge a livello di diritto fondamentale della persona. Se, dunque, il riconoscimento della omogenitorialità, all'interno di un rapporto tra due donne unite civilmente, non è imposto, vero è anche che i parametri evocati neppure sono chiusi a soluzioni di segno diverso, in base alle valutazioni che il legislatore potrà dare, non potendosi escludere la capacità della donna sola, della coppia omosessuale e della coppia eterosessuale in età avanzata di svolgere validamente anch'esse, all'occorrenza, le funzioni genitoriali. L'obiettivo auspicato dal rimettente, pertanto, è perseguibile per via normativa, implicando una svolta che, anche e soprattutto per i contenuti etici ed assiologici che la connotano, non è costituzionalmente imposta, ma propriamente attiene all'area degli interventi, con cui il legislatore, quale interprete della volontà della collettività, è chiamato a tradurre il bilanciamento tra valori fondamentali in conflitto, tenendo conto degli orientamenti e delle istanze che apprezzi come maggiormente radicati, nel momento dato, nella coscienza sociale. Anche l'altro profilo della questione, relativo a una diversa tutela del miglior interesse del minore, in direzione di più penetranti ed estesi contenuti giuridici del suo rapporto con la madre intenzionale, è ben possibile, ma le forme per attuarla attengono, ancora una volta, al piano delle opzioni rimesse alla discrezionalità del legislatore. ( Precedenti citati: sentenze n. 237 del 2019, n. 221 del 2019, n. 84 del 2016 e n. 76 del 2016 ). L'art. 30 Cost. non pone una nozione di famiglia inscindibilmente correlata alla presenza di figli; la libertà e volontarietà dell'atto che consente di diventare genitori non implica che possa esplicarsi senza limiti, poiché deve essere bilanciata con altri interessi costituzionalmente protetti, particolarmente quando si discuta della scelta di ricorrere a tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), le quali, alterando le dinamiche naturalistiche del processo di generazione degli individui, aprono scenari affatto innovativi rispetto ai paradigmi della genitorialità e della famiglia storicamente radicati nella cultura sociale, attorno ai quali è evidentemente costruita la disciplina degli artt. 29, 30 e 31 Cost., suscitando inevitabilmente, con ciò, delicati interrogativi di ordine etico. ( Precedenti citati: sentenze n. 221 del 2019 e n. 162 del 2014 ).

Norme citate

  • legge-Art. 1, comma 20
  • decreto del Presidente della Repubblica-Art. 29, comma 2

Parametri costituzionali