Pronuncia 8/2022

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Giancarlo CORAGGIO; Giudici : Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 23, comma 1, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale), convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120, promosso dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Catanzaro nel procedimento penale a carico di M. V. e altri, con ordinanza del 6 novembre 2020, iscritta al n. 46 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 2021. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 24 novembre 2021 il Giudice relatore Franco Modugno; deliberato nella camera di consiglio del 25 novembre 2021.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 23, comma 1, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale), convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120, sollevata, in riferimento all'art. 77 della Costituzione, dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Catanzaro con l'ordinanza indicata in epigrafe; 2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 23, comma 1, del d.l. n. 76 del 2020, come convertito, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Catanzaro con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 novembre 2021. F.to: Giancarlo CORAGGIO, Presidente Franco MODUGNO, Redattore Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria Depositata in Cancelleria il 18 gennaio 2022. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Franco Modugno

Data deposito: Tue Jan 18 2022 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: CORAGGIO

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Massime

Giudizio costituzionale - Thema decidendum - Ordine di esame delle questioni - Questione sollevata in riferimento al corretto esercizio della funzione normativa (nel caso di specie: mediante decreto-legge) - Pregiudizialità logico-giuridica di tale censura - Conseguente esame prioritario rispetto alle altre. (Classif. 111007).

La questione sollevata in riferimento all'art. 77 Cost. assume carattere pregiudiziale, perché concernente il corretto esercizio della funzione normativa primaria. ( Precedenti: S. 115/2020 - mass. 43526; S. 288/2019 - mass. 41900 ).

Parametri costituzionali

Reati e pene - In genere - Reati contro la pubblica amministrazione - Abuso d'ufficio - Fattispecie di chiusura, caratterizzata da congenita discrezionalità - Necessità di bilanciare le istanze legalitarie con l'autonomia dei pubblici amministratori. (Classif. 210001).

La figura criminosa dell'abuso d'ufficio, assolvendo una funzione "di chiusura" del sistema dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, rappresenta il punto saliente di emersione della spigolosa tematica del sindacato del giudice penale sull'attività amministrativa, percorsa da una perenne tensione tra istanze legalitarie, che spingono verso un controllo a tutto tondo, atto a fungere da freno alla mala gestio della cosa pubblica, e l'esigenza di evitare un'ingerenza pervasiva del giudice penale sull'operato dei pubblici amministratori, lesiva della sfera di autonomia ad essi spettante. Al tempo stesso, si tratta di fattispecie caratterizzata da congeniti margini di elasticità, generatori di persistenti problemi di compatibilità con il principio di determinatezza. (Nel caso di specie, sono dichiarate in parte non fondate e in parte inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal GUP del Tribunale di Catanzaro in riferimento all'art. 3, 77 e 97 Cost., dell'art. 23, comma 1, del d.l. n. 76 del 2020, come conv., che ha modificato la disciplina del reato di abuso d'ufficio, sostituendo, nell'art. 323 cod. pen., la locuzione - riferita alla violazione integrativa del reato - «di norme di legge o di regolamento» con l'altra, più restrittiva, «di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità»).

Norme citate

Decreto-legge - In genere - Requisiti di validità - Omogeneità di contenuto e urgenza del provvedere - Decreti-legge a contenuto plurimo - Requisiti di validità - Nesso teologico tra norme. (Nel caso di specie: non fondatezza della questione avente ad oggetto le modifiche, mediante decreto-legge, alla disciplina del reato di abuso d'ufficio). (Classif. 076001).

La preesistenza di una situazione di fatto comportante la necessità e l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validità dell'adozione di tale atto, la cui mancanza configura un vizio di legittimità costituzionale del medesimo, che non è sanato dalla legge di conversione, la quale, ove intervenga, risulta a sua volta inficiata da un vizio in procedendo . Il sindacato resta, tuttavia, circoscritto alle ipotesi di "mancanza evidente" dei presupposti in discorso o di manifesta irragionevolezza o arbitrarietà della loro valutazione: ciò, al fine di evitare la sovrapposizione tra la valutazione politica del Governo e delle Camere (in sede di conversione) e il controllo di legittimità costituzionale. L'espressione, usata dall'art. 77 Cost., per indicare i presupposti della decretazione d'urgenza è connotata, infatti, da un largo margine di elasticità, onde consentire al Governo di apprezzare la loro esistenza con riguardo a una pluralità di situazioni per le quali non sono configurabili rigidi parametri. ( Precedenti: S. 186/ 2020 - mass. 43202 ; S. 149/2020 - mass. 43409 ; S. 247/2019 - mass. 42854 ; S. 97/2019 - mass. 42213 ; S. 137/2018 - mass. 41383 ; S. 99/2018 - mass. 41225 ; S. 5/2018 - mass. 39686 ; S. 236/2017 - mass. 42139 ; S. 170/2017 - mass. 41978 ; S. 10/2015 - mass. 38223 ; S. 93/2011 - mass. 35500 ; 83/2010 - mass. 34408 ; S. 128/2008 - mass. 32359 ; S. 171/2007 - mass. 31329 ; S. 29/1995 - mass. 21561 ). L'omogeneità costituisce un requisito del decreto-legge sin dalla sua origine, poiché l'inserimento di norme eterogenee all'oggetto o alla finalità del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell'urgenza del provvedere ed i provvedimenti provvisori con forza di legge, di cui all'art. 77, secondo comma, Cost. ( Precedenti: S. 149/2020 - mass. 43412 ; S. 22/2012 - mass. 36070 ). Il riconoscimento dell'esistenza dei presupposti fattuali, di cui all'art. 77, secondo comma, Cost., resta collegato ad una intrinseca coerenza delle norme contenute nel decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico. L'urgente necessità del provvedere può riguardare, cioè, una pluralità di norme accomunate o dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate, ovvero dall'intento di fronteggiare una situazione straordinaria complessa e variegata, che richiede interventi oggettivamente eterogenei, in quanto afferenti a materie diverse, ma indirizzati tutti all'unico scopo di approntare urgentemente rimedi a tale situazione. ( Precedenti: S. 149/2020 - mass. 43409 ; S. 137/2018 - mass. 41383 ; S. 170/2017 - mass. 41978 ; S. 244/2016 - mass. 39155 ; S. 22/2012 - mass. 36070 ). Per i decreti-legge ab origine a contenuto plurimo, quel che rileva è il profilo teleologico, ossia l'osservanza della ratio dominante l'intervento normativo d'urgenza. Anche su tale fronte, il sindacato della Corte costituzionale resta, peraltro, circoscritto ai casi in cui la rottura del nesso tra la situazione di necessità ed urgenza che il Governo mira a fronteggiare e la singola disposizione del decreto-legge risulti evidente, così da connotare quest'ultima come totalmente estranea o addirittura "intrusa", analogamente a quanto avviene con riguardo alle norme aggiunte dalla legge di conversione. ( Precedenti: S. 213/2021 - mass. 44352 ; S. 16/2017 - mass. 39244 ; S. 287/2016 - mass. 39389 ). (Nel caso di specie, è dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal GUP del Tribunale di Catanzaro in riferimento all'art. 77 Cost., dell'art. 23, comma 1, del d.l. n. 76 del 2020, come conv., che ha modificato la disciplina del reato di abuso d'ufficio, sostituendo, nell'art. 323 cod. pen., la locuzione - riferita alla violazione integrativa del reato - «di norme di legge o di regolamento» con l'altra, più restrittiva, «di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità». Come emerge dal preambolo, dai lavori preparatori e dalle dichiarazioni ufficiali che ne hanno accompagnato l'approvazione, il d.l. n. 76 del 2020 reca un complesso di norme eterogenee accomunate dall'obiettivo di promuovere la ripresa economica del Paese dopo il blocco delle attività produttive che ha caratterizzato la prima fase dell'emergenza pandemica da COVID-19. In quest'ottica, il provvedimento interviene in molteplici ambiti; non può però sostenersi che la norma censurata sia palesemente estranea alla traiettoria finalistica portante del decreto. Se l'intervento normativo censurato non nasce con l'emergenza epidemiologica, ma si connette all'epifania, ben anteriore, degli indirizzi giurisprudenziali che hanno dilatato la sfera applicativa dell'incriminazione per abuso d'ufficio, è però l'esigenza di far "ripartire" celermente il Paese dopo il prolungato blocco imposto per fronteggiare la pandemia che - nella valutazione del Governo e del Parlamento, in sede di conversione - ha impresso ad essa i connotati della straordinarietà e dell'urgenza. Valutazione, questa, che non può considerarsi manifestamente irragionevole o arbitraria).

Norme citate

Parametri costituzionali

Legge - Procedimento legislativo - Interventi in materia penale - Necessità di confronto dialettico tra le forze politiche, nonché, indirettamente, con l'opinione pubblica - Metodo applicabile anche in caso di decretazione d'urgenza. (Classif. 141007).

Il procedimento legislativo implica un preventivo confronto dialettico tra tutte le forze politiche, incluse quelle di minoranza, e, sia pure indirettamente, con la pubblica opinione, consentendo, così, alle une e all'altra [in materia penale] un apporto critico alle scelte di criminalizzazione adottate dalla maggioranza. Ciò vale anche e specificamente per le norme penali introdotte mediante decreto-legge. ( Precedenti: S. 230/2012; S. 487/1989 ).

Pronunce della Corte costituzionale - Pronunce di accoglimento - Illegittimità costituzionale di norme penali di favore - Effetto in malam partem della pronuncia, effetto della riespansione della norma generale - Ammissibilità - Condizioni - vizi formali o di incompetenza dell'atto o dell'organo che lo ha adottato - Impossibilità, al di fuori di queste ipotesi, di un intervento in mala partem della Corte costituzionale, stante il principio della riserva di legge (nel caso di specie: inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale avente ad oggetto le modifiche, in senso restrittivo, della disciplina del reato di abuso d'ufficio). (Classif. 204003).

La preclusione delle pronunce in malam partem non viene in considerazione quando si discuta di vizi formali o di incompetenza, relativi, cioè, al procedimento di formazione dell'atto legislativo e alla legittimazione dell'organo che lo ha adottato. Se l'esclusione delle pronunce in malam partem mira a salvaguardare il monopolio del soggetto-Parlamento sulle scelte di criminalizzazione, sarebbe illogico che detta preclusione possa scaturire da interventi normativi operati da soggetti non legittimati, i quali pretendano di "neutralizzare" le scelte effettuate da chi detiene quel monopolio - quale il Governo, che si serva dello strumento del decreto legislativo senza il supporto della legge di delegazione, o le Regioni, che legiferino indebitamente in materia penale, loro preclusa; ovvero che possa derivare da interventi normativi operati senza il rispetto del corretto iter procedurale, che pure assume una specifica valenza garantistica nella cornice della riserva di legge. ( Precedenti: S. 189/2019 - mass. 42791 ; S. 46/2014 - mass. 37770 ; S. 5/2014 - mass. 37591 ). È consentito alla Corte costituzionale scrutinare nel merito, malgrado i possibili effetti in malam partem conseguenti al loro accoglimento, non solo questioni volte a censurare l'inserimento in sede di conversione di norme penali "intruse", prive cioè di ogni collegamento logico-giuridico con il testo originario del decreto-legge convertito (operazione che menoma indebitamente il dibattito parlamentare, comprimendolo all'interno dei tempi contingentati correlati alla breve "vita provvisoria" dell'atto normativo del Governo); ma anche, e prima ancora, questioni intese a denunciare la carenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza, ai quali è subordinata l'eccezionale legittimazione del Governo ad adottare atti con forza di legge in assenza di delegazione parlamentare. ( Precedenti: S. 32/2014 - mass. 37670 ; S. 330/1996 - mass. 22883 ; O. 90/1997 - mass. 23164 : O. 432/1996 - mass. 23083 ). Per norme penali di favore debbono intendersi quelle che stabiliscano, per determinati soggetti o ipotesi, un trattamento penalistico più favorevole di quello che risulterebbe dall'applicazione di norme generali o comuni compresenti nell'ordinamento. L'effetto in malam partem conseguente alla dichiarazione di illegittimità costituzionale di tali norme non vulnera la riserva al legislatore sulle scelte di criminalizzazione, rappresentando una conseguenza dell'automatica riespansione della norma generale o comune, dettata dallo stesso legislatore, al caso già oggetto di ingiustificata disciplina derogatoria. ( Precedenti: S. 394/2006 - mass. 30839 ; S. 155/2019 - mass. 41418; S. 57/2009 - mass. 33206 ; S. 324/2008 - mass. 32804 ; O. 413/2008 - mass. 33040 ). La qualificazione come norma penale di favore non può essere fatta discendere dal raffronto tra una norma vigente e una norma anteriore, sostituita dalla prima con effetti di restringimento dell'area di rilevanza penale. In tal caso, la richiesta di sindacato in malam partem non mira a far riespandere una norma tuttora presente nell'ordinamento, ma a ripristinare la norma abrogata, espressiva di una scelta di criminalizzazione non più attuale: operazione preclusa alla Corte. ( Precedenti: S. 37/2019 - mass. 41546; S. 57/2009 - mass. 33206 ; S. 324/2008 - mass. 32801 ; O. 282/2019 - mass. 40954 ; O. 413/2008 - mass. 33040 ; O. 175/2001 - mass. 26276 ). Una censura di illegittimità costituzionale non può basarsi sul pregiudizio che la formulazione, in assunto troppo restrittiva, di una norma incriminatrice, recherebbe a valori di rilievo costituzionale. Le esigenze costituzionali di tutela non si esauriscono, infatti, nella tutela penale, ben potendo essere soddisfatte con altri precetti e sanzioni: l'incriminazione costituisce anzi un' extrema ratio , cui il legislatore ricorre quando, nel suo discrezionale apprezzamento, lo ritenga necessario per l'assenza o l'inadeguatezza di altri mezzi di tutela. ( Precedenti: S. 37/2019 - mass. 41546 ; S. 273/2010 - mass. 34893 ; S. 447/1998 - mass. 24351 ; O. 317/1996 - mass. 22968 ). In linea di principio, non può tradursi in una questione di legittimità costituzionale della norma incriminatrice il rilievo che altre condotte, diverse da quelle individuate come fatti di reato dal legislatore, avrebbero dovuto essere a loro volta incriminate per ragioni di parità di trattamento o in nome di esigenze di ragionevolezza. La mancanza della base legale - costituzionalmente necessaria - dell'incriminazione, cioè della scelta legislativa di considerare certe condotte come penalmente perseguibili, preclude radicalmente la possibilità di prospettare una estensione ad esse delle fattispecie incriminatrici attraverso una pronuncia di illegittimità costituzionale. ( Precedente: S. 447/1998 - mass. 24351 ). Ove pure, in ipotesi, la norma incriminatrice censurata (non qualificabile come norma penale di favore) determinasse intollerabili disparità di trattamento o esiti irragionevoli, il riequilibrio potrebbe essere operato dalla Corte costituzionale solo "verso il basso" (ossia in bonam partem ): non già in malam partem , e in particolare tramite interventi dilatativi del perimetro di rilevanza penale. ( Precedenti: S. 411/1995 - mass. 22493 ; O. 437/2006 - mass. 30878; O. 580/2000 - mass. 25972 ). L'adozione di pronunce con effetti in malam partem in materia penale risulta, in via generale, preclusa dal principio della riserva di legge sancito dall'art. 25, secondo comma, Cost., il quale, rimettendo al soggetto-Parlamento, che incarna la rappresentanza politica della Nazione, le scelte di politica criminale (con i relativi delicati bilanciamenti di diritti e interessi contrapposti), impedisce alla Corte costituzionale sia di creare nuove fattispecie o di estendere quelle esistenti a casi non previsti, sia di incidere in peius sulla risposta punitiva o su aspetti inerenti, comunque sia, alla punibilità. ( Precedenti: S. 17/2021 - mass. 43462; S. 46/2014 - mass. 37770 ; S. 5/2014 - mass.37591 ; S. 324/2008 - mass. 32803 ; S. 161/2004 - mass. 28492 ; O. 219/2020 - mass. 42827 ; O. 65/2008 - mass. 32209 ; O. 164/2007 - mass. 31286 ). (Nel caso di specie, sono dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 23, comma 1, del d.l. n. 76 del 2020, come conv., sollevate dal GUP del Tribunale di Catanzaro in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., che ha modificato la disciplina del reato di abuso d'ufficio, sostituendo, nell'art. 323 del codice penale, la locuzione - riferita alla violazione integrativa del reato - «di norme di legge o di regolamento» con l'altra, più restrittiva, «di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità». Il giudice a quo invoca una pronuncia ablativa della modifica operata dalla norma censurata, che avrebbe come effetto la reviviscenza della precedente norma incriminatrice dell'abuso d'ufficio, dal perimetro applicativo più vasto. Si tratta, dunque, inequivocabilmente, della richiesta di una sentenza in malam partem in materia penale. La norma censurata, infatti, richiedendo che le regole siano espressamente previste dalla legge e tali da non lasciare margini di discrezionalità, nega rilievo al compimento di atti viziati da eccesso di potere, con conseguenti effetti di abolitio criminis parziale - specie nel raffronto con la "norma vivente" come disegnata dalle interpretazioni giurisprudenziali -, operanti, come tali, ai sensi dell'art. 2, secondo comma, cod. pen., anche in rapporto ai fatti anteriormente commessi).

Norme citate