Pronuncia 7/1962

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Avv. GIUSEPPE CAPPI, Presidente - Prof. GASPARE AMBROSINI - Dott. MARIO COSATTI - Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI - Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO - Prof. ANTONINO PAPALDO - Prof. NICOLA JAEGER - Prof. GIOVANNI CASSANDRO - Prof. BIAGIO PETROCELLI - Dott. ANTONIO MANCA - Prof. ALDO SANDULLI - Prof. GIUSEPPE BRANCA - Prof. MICHELE FRAGALI - Prof. COSTANTINO MORTATI - Prof. GIUSEPPE CHIARELLI, Giudici

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 5 del D.L.C.P.S. 1 aprile 1947, n. 277, dell'art. 1 della legge 3 agosto 1949, n. 479, dell'art. 3 della legge 15 luglio 1950, n. 505, dell'art. 1 della legge 16 giugno 1951, n. 435, dell'art. 1 della legge 11 luglio 1952, n. 765, della legge 5 gennaio 1955, n. 4, dell'art. 3, ultimo comma, della legge 18 agosto 1948, n. 1140, promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 12 aprile 1960 dal Tribunale di Mantova nel procedimento civile tra Grassi Corinna e Borroni Ferruccio ed altri, iscritta al n. 57 del Registro ordinanze 1960 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 155 del 25 giugno 1960; 2) ordinanza emessa il 26 aprile 1960 dal Tribunale di Mantova nel procedimento civile tra Lanfranchi Walter e Mario e Ceni Alberto, iscritta al n. 58 del Registro ordinanze 1960 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 155 del 25 giugno 1960. Viste le dichiarazioni di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; udita nell'udienza pubblica del 22 novembre 1961 la relazione del Giudice Costantino Mortati; uditi l'avv. Antonio Sorrentino, per Grassi Corinna e Ceni Alberto, l'avv. Arturo Carlo Jemolo per Lanfranchi Walter e Mario, e il sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna. per il Presidente del Consiglio dei Ministri

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE pronunciando con unica sentenza sui due procedimenti riuniti indicati in epigrafe: respinge le eccezioni di inammissibilità proposte dall'Avvocatura generale dello Stato e dalla difesa dei sigg. Lanfranchi; dichiara non fondate le questioni proposte con l'ordinanza della Sezione specializzata del Tribunale di Mantova del 12 aprile 1960, sulla legittimità costituzionale dell'art. 5, capoverso, D.L.C.P.S. 1 aprile 1947, n. 277, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, e con l'altra ordinanza 26 aprile 1960 sulla legittimità costituzionale dell'art. 1 legge 3 agosto 1949, n. 479; art. 3 legge 15 luglio 1950, n. 505; art. 1 legge 16 giugno 1951, n. 435; art. 1 legge 11 luglio 1952, n. 765; legge 5 gennaio 1955, n. 4, nonché art. 5, capoverso, D.L. 1 aprile 1947, n. 277, e art. 3, ultimo comma, legge 18 agosto 1948, n. 1140, in relazione agli artt. 3, 24, 41, 42 della Costituzione. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Cosulta, il 20 febbraio 1962. GIUSEPPE CAPPI - GASPARE AMBROSINI - MARIO COSATTI - FRANCESCO PANTALEO GABRIELI - GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO - ANTONINO PAPALDO - NICOLA JAEGER - GIOVANNI CASSANDRO - BIAGIO PETROCELLI - ANTONIO MANCA - ALDO SANDULLI - GIUSEPPE BRANCA - MICHELE FRAGALI - COSTANTINO MORTATI - GIUSEPPE CHIARELLI.

Relatore: Costantino Mortati

Data deposito: Tue Feb 27 1962 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: CAPPI

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Massime

SENT. 7/62 A. GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE - ORDINANZA CHE LO PROMUOVE - GIUDIZIO SULLA NON MANIFESTA INFONDATEZZA MEDIANTE RINVIO ALLE DEDUZIONI DELLE PARTI - DIMOSTRAZIONE DELLA RILEVANZA EMERGENTE DAGLI ATTI DI CAUSA.

Il giudizio sulla non manifesta infondatezza della questione di incostituzionalita' puo' essere validamente effettuato dal giudice a quo mediante rinvio alle deduzioni svolte a suo sostegno dalla parte che l'ha sollevata. In ordine all'apprezzamento della rilevanza da attribuire alla soluzione della questione stessa non e' da richiedere un'apposita motivazione quando dagli atti di causa se ne palesi evidente la sussistenza.

Parametri costituzionali

  • legge-Art. 23

SENT. 7/62 B. EGUAGLIANZA (PRINCIPIO DI) - COSTITUZIONE, ART. 3 - INTERPRETAZIONE - SINDACATO DELLA CORTE SULL'OSSERVANZA DEL PRINCIPIO DA PARTE DEL LEGISLATORE - LIMITI - ACCERTAMENTO DELLE CIRCOSTANZE DA CUI SI DESUME L'INESISTENZA DEI PRESUPPOSTI GIUSTIFICATIVI DELLA DIVERSITA' DI TRATTAMENTO.

E' da ribadire che, mentre e' da ritenere implicita nel principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione l'esigenza di disporre trattamenti differenziati per situazioni obbiettivamente diverse, resta aperto alla Corte Costituzionale - nel sindacare l'osservanza, da parte del legislatore, di detto principio - l'accertamento delle circostanze dalle quali si desume l'inesistenza di ogni presupposto idoneo a giustificare la diversita' del trattamento. Cfr.: Sentt. nn. 3/1957, 28/1957 e 118/1957; 53/1958; 46/1959; 16/1960.

Parametri costituzionali

SENT. 7/62 C. EGUAGLIANZA (PRINCIPIO DI) - INTERPRETAZIONE - EFFETTI - CONTRATTI AGRARI - AFFITTO - CANONI - CANONE IN GRANO (O RAGGUAGLIATO A GRANO) - RIDUZIONE OPE LEGIS - D.L.C.P.S. 1 APRILE 1947, N. 277, E LEGGI N. 1140 DEL 1948, N. 479 DEL 1949, N. 505 DEL 1950, N. 435 DEL 1951, N. 765 DEL 1952, N. 4 DEL 1955 E N. 244 DEL 1957 - VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA - ESCLUSIONE.

Il principio dell'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge di cui all'art. 3 Cost., va inteso nel senso che, come non e' consentito di trattare in modo diverso situazioni identiche, cosi' non e' consentito di trattare in modo eguale situazioni obbiettivamente diverse. Pertanto, il mantenimento della riduzione del canone di fitto determinato in grano o ragguagliato a grano, pur dopo l'eliminazione del premio di coltivazione e l'abolizione dell'ammasso obbligatorio, disposto dall'art. 3 della legge 18 agosto 1948, n. 1140 - statuizione ribadita, per le rispettive annate agrarie, dall'art. 1 legge n. 479 del 1949, dall'art. 3 legge n. 505 del 1950, dall'art. 1 legge n. 435 del 1951, e prorogata sine die dall'art. 1 legge n. 765 del 1952 -, non contrasta con il principio in questione perche' non da' luogo ad ingiustificata disparita' di trattamento rispetto a quanto praticato nei casi di canoni non pattuiti in grano - diversificando la posizione dei produttori in base alla circostanza del tutto accidentale di essere ammessi al conferimento -, dato che per la quantita' rientrante nel contingente il concedente si avvantaggia in modo diretto del prezzo superiore a quello di libera contrattazione fissato dal C.I.P. e per l'altra viene a godere del sovraprezzo che indirettamente risulta dalla graduale immissione al consumo del grano ammassato che, stabilizzando i prezzi, preserva i produttori dai ribassi che altrimenti si produrrebbero a loro danno.

Norme citate

  • legge-Art. 1
  • legge-Art. 3
  • legge-Art. 1
  • legge-Art. 3
  • decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato-Art.
  • legge-Art. 1

Parametri costituzionali

SENT. 7/62 D. EGUAGLIANZA (PRINCIPIO DI) - PORTATA - EFFETTI - CONTRATTI AGRARI - AFFITTO - CANONI - CANONE DI FITTO IN GRANO (O RAGGUAGLIATO A GRANO) - TRATTAMENTO DIFFERENZIATO - D.L.C.P.S. 1 APRILE 1947, N. 277, E LEGGI N. 1140 DEL 1948, N. 479 DEL 1949, N. 505 DEL 1950, N. 435 DEL 1951, N. 765 DEL 1952, N. 4 DEL 1955 E N. 244 DEL 1957 - CONTRASTO CON L'ART. 3 COST. - ESCLUSIONE.

Il principio di eguaglianza comporta che situazioni obbiettivamente diverse vengano trattate in modo differenziato, per cui e' da escludere la illegittimita' costituzionale allorche' la diversita' di disciplina giuridica non sia arbitraria ma risponda ad una effettiva differenziazione delle situazioni di fatto. Non viola pertanto detto principio il trattamento diversificato disposto dal d.l.C.P.S. 1 aprile 1947, n. 277, e dalle leggi n. 1140 del 1948, n. 479 del 1949, n. 505 del 1950, n. 435 del 1951, n. 765 del 1952, n. 4 del 1955 e n. 244 del 1957, per i canoni in grano nei contratti di fitto di fondi rustici, deducendosi la sua non arbitrarieta' anche dagli interessi di carattere generale cui soddisfa la cultura granaria rivolta ad un prodotto di prima necessita' per la popolazione e tale da giustificare ogni intervento dello Stato idoneo ad incrementarla, o, per lo meno, a non scoraggiarla, e dalla struttura dei contratti agrari con canoni in grano (o ragguagliati in grano), che si presenta piu' uniforme nelle varie regioni, e tale da non fare apparire ingiusta una riduzione operata nella stessa misura per tutto il territorio dello Stato. Ne' rileva la circostanza che la riduzione operi sia sul canone in natura che su quello risultante dalla conversione in danaro, dato che il ragguaglio del canone va effettuato in relazione al prezzo corrente - che non coincide con quello di mercato - con correlativo onere dell'affittuario.

Norme citate

  • legge-Art. 1
  • legge-Art. 1
  • decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato-Art.
  • legge-Art. 1
  • legge-Art. 3
  • legge-Art. 3

Parametri costituzionali

SENT. 7/62 E. INIZIATIVA ECONOMICA PRIVATA - COSTITUZIONE, ARTT. 41 E 42 - INTERPRETAZIONE - LIMITI FINALITA' - CONTRATTI AGRARI - CANONE DI FITTO PATTUITO IN GRANO O RAGGUAGLIATO AL PREZZO DEL GRANO - RIDUZIONE OBBLIGATORIA - D.L.C.P.S. 1 APRILE 1947, N. 277, E LEGGI N. 1140 DEL 1948, N. 479 DEL 1949, N. 505 DEL 1950, N. 435 DEL 1951, N. 765 DEL 1952, N. 4 DEL 1955 E N. 244 DEL 1957 - ESIGENZA DI OVVIARE AL DANNO PER GLI AFFITTUARI DERIVANTE DAL MANTENIMENTO DEI CANONI PREBELLICI - CONTRASTO CON L'ART. 41 COST. - ESCLUSIONE - POTESTA' DEL LEGISLATORE ORDINARIO DI RICONDURRE AD EQUITA' I RAPPORTI CONTRATTUALI SPEREQUATI (SPECIE SE A DANNO DEL CONTRAENTE PIU' DEBOLE).

Gli artt. 41 e 42 della Costituzione, mentre affermano in linea di massima la liberta' dell'iniziativa economica privata ed il libero godimento della proprieta' privata, consentono tuttavia che all'una ed all'altro siano imposti dei limiti, al fine di farli armonizzare con l'utilita' sociale e rendere possibile quella funzione sociale che non puo' disgiungersi dal godimento dei beni di produzione o, piu' generalmente, dall'esercizio di ogni attivita' produttiva. L'esigenza del conseguimento di tali fini come giustifica l'imposizione di condizioni restrittive per lo svolgimento dell'autonomia contrattuale, cosi' puo' consentire la modifica o l'eliminazione di clausole di contratti in corso quando esse si rivelino contrastanti con l'utilita' sociale. Pertanto, la riduzione obbligatoria dei canoni in grano (o ragguagliati a grano) - disposta dal d.l.C.P.S. n. 277 del 1947 e dalle leggi n. 1140 del 1948, n. 479 del 1949, n. 505 del 1950, n. 435 del 1951, n. 765 del 1952, n. 4 del 1955 e n. 244 del 1957 -, corrispondendo all'esigenza di eliminare od attenuare il danno economico che ne sarebbe venuto agli affittuari dal mantenimento di quelli pattuiti in contratto in conseguenza del grave mutamento derivato dagli eventi bellici, non contrasta con l'art. 41 Cost. che conferisce al legislatore il potere di ricondurre ad equita' i rapporti contrattuali sperequati a danno di una delle parti, tanto piu' che si tratta di quella da ritenere piu' debole ai sensi dell'art. 3, comma secondo, Cost.

Norme citate

  • legge-Art. 1
  • legge-Art. 1
  • legge-Art. 1
  • legge-Art. 3
  • decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato-Art.
  • legge-Art. 3

SENT. 7/62 F. AZIONE (DIRITTO DI) - PRESUPPOSTO.

Il potere di esperimento dell'azione giudiziaria, qual e' garantito dall'art. 24 Cost., ha a suo presupposto il possesso in chi l'esercita della titolarita' di un diritto o di un interesse legittimo, cioe' di una situazione giuridica subiettiva di vantaggio, di carattere sostanziale, il cui riconoscimento, in caso di controversia sia posto ad oggetto della pretesa fatta valere in giudizio.

Parametri costituzionali

SENT. 7/62 G. CONTRATTI AGRARI - AFFITTO - CANONI - CANONE IN GRANO (O RAGGUAGLIATO A GRANO) - PEREQUAZIONE UNIFORME E DI CARATTERE GENERALE ANZICHE' DA EFFETTUARSI CASO PER CASO ATTESO IL MINOR RILIEVO DELLE PARTICOLARITA' DELLE SINGOLE SITUAZIONI - RAZIONALITA' DEL CRITERIO - GIUDIZI DI PEREQUAZIONE - ESCLUSIONE - INSINDACABILITA' DEI MOTIVI CHE HANNO INDOTTO IL LEGISLATORE AD EFFETTUARE UNA PEREQUAZIONE DI CARATTERE GENERALE ED UNIFORME PER TALUNE ANNATE AGRARIE.

Riconosciuta la razionalita' di una data disciplina giuridica ed esclusa la sussistenza di un trattamento differenziato arbitrario, sfuggono all'apprezzamento della Corte Costituzionale i motivi di opportunita' che hanno indotto il legislatore ad optare per una piuttosto che per un'altra soluzione. Pertanto non compete alla Corte sindacare le ragioni per le quali, mentre per la generalita' dei contratti agrari, con il D.L.C.P.S. n. 277 del 1947 e con le leggi n. 1140 del 1948, n. 321 del 1949, n. 479 del 1949, n. 505 del 1950, n. 435 del 1951, n. 765 del 1952, n. 4 del 1955 e n. 244 del 1957, si e' ritenuto necessario consentire la riduzione ad equita' delle clausole con riferimento alle situazioni specifiche dei singoli rapporti, per quelli i cui canoni erano stati stipulati in grano (o ragguagliati a grano), e' parso opportuno effettuare una perequazione di carattere generale ed uniforme per talune annate agrarie, nella considerazione che per essi le particolarita' delle singole situazioni avessero valore secondario e marginale.

Norme citate

  • legge-Art. 2
  • legge-Art. 1, comma 4
  • legge-Art. 4
  • legge-Art. 1
  • legge-Art. 3
  • legge-Art. 3
  • legge-Art. 1
  • legge-Art. 1
  • decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato-Art. 5
  • legge-Art. 1
  • legge-Art. 1, comma 3

Parametri costituzionali

SENT. 7/62 H. CONTRATTI AGRARI - AFFITTO - CANONI - CANONE IN GRANO (O RAGGUAGLIATO A GRANO) - RIDUZIONE ED ESCLUSIONE DELLA PEREQUAZIONE - D.L.C.P.S. 1 APRILE 1947, N. 277, ART. 5, ULTIMO COMMA, E LEGGE 18 AGOSTO 1948, N. 1140, ART. 3, ULTIMO COMMA - AZIONE GENERALE DI RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER ECCESSIVA ONEROSITA' SOPRAVVENUTA, EX ART. 1467 COD. CIV. - AMMISSIBILITA' - LIMITE - DIVIETO DI INVOCARE LA SVALUTAZIONE MONETARIA PER OTTENERE LA MODIFICA DELLE CLAUSOLE RELATIVE ALLA PRESTAZIONE DEL CANONE.

Rispetto ai contratti agrari per i quali gli artt. 5, ultimo comma, del D.L.C.P.S. n. 277 del 1947 e 3, ultimo comma, della legge n. 1140 del 1948 hanno stabilito la riduzione del canone ed escluso il giudizio di perequazione, sussiste la possibilita' di avvalersi della norma generale sull'eccessiva onerosita' sopravvenuta di cui all'art. 1467 cod. civ., allorche' ne ricorrano le condizioni e sempreche' siano osservate le modalita' ivi previste; ma non puo' essere invocata come causa di eccessiva onerosita' sopravvenuta la svalutazione monetaria al solo scopo di ottenere non gia' la risoluzione del contratto, bensi' la modifica delle clausole relative alla prestazione del canone.

Norme citate