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Pronuncia 251/1991

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: dott. Aldo CORASANITI; Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 447, 448 e 563 del codice di procedura penale, in relazione al combinato disposto degli artt. 2, comma primo, prima parte e n. 45, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale), e 6, primo comma, della legge 4 agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali), promosso con ordinanza emessa il 13 dicembre 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Roma nel procedimento penale a carico di Fagotti Giuseppe ed altro iscritta al n. 98 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 22 aprile 1991 il Giudice relatore Enzo Cheli;

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, con l'ordinanza di cui in epigrafe, dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Roma nei confronti degli artt. 447, 448 e 563 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono che, nella fase delle indagini preliminari, la sentenza di applicazione della pena su richiesta dalle parti, ai sensi dell'art. 444 dello stesso codice, sia emessa in pubblica udienza, per violazione degli artt. 3 e 76 della Costituzione, in relazione al combinato disposto dell'art. 2, comma primo, prima parte e n. 45, della legge 16 febbraio 1987, n. 81, e dell'art. 6, comma primo, della legge 4 agosto 1955, n. 848. Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta il 22 maggio 1991. Il Presidente: CORASANITI Il redattore: CHELI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 6 giugno 1991. Il direttore della cancelleria: MINELLI

Relatore: Enzo Cheli

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: CORASANITI

Massime

SENT. 251/91 A. PROCESSO PENALE - PUBBLICITA' - DIRITTO PER IL CITTADINO - DEROGHE - POSSIBILITA' - CONDIZIONI.

Ogni persona ha diritto "ad un'equa e pubblica udienza", quando si tratti di determinare la "fondatezza di un'accusa penale", con la conseguenza che la sentenza penale "deve essere resa pubblicamente", salvo eccezioni particolari disposte, di volta in volta, dall'organo giudicante ai fini della tutela di interessi specificamente indicati dalla stessa norma.

Norme citate

  • Convenzione europea dei diritti dell'uomo-Art. 6, comma 1

SENT. 251/91 B. PROCESSO PENALE - PROCEDIMENTI SPECIALI - APPLICAZIONE DELLA PENA SU RICHIESTA DELLE PARTI - PRONUNCIA DELLA SENTENZA - PUBBLICITA' - OMESSA PREVISIONE - PROSPETTATA LESIONE DEL PRINCIPIO DI PUBBLICITA' DEL PROCESSO PENALE - EFFICACIA PREVALENTE DELLA VOLONTA' DELL'IMPUTATO - GIUSTIFICAZIONE DELLA DEROGA - PRONUNCIA NON IDENTIFICABILE CON LA SENTENZA DI CONDANNA - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

L'istituto dell'applicazione della pena su richiesta, anziche' comportare un accertamento pieno di responsabilita', basato sul contraddittorio tra le parti, trova il suo fondamento primario nell'accordo tra pubblico ministero ed imputato sul merito dell'imputazione, dal momento che chi chiede la pena pattuita rinuncia ad avvalersi della facolta' di contestare l'accusa. Tale caratteristica di "negozialita'" spiega il fatto che l'indagine del giudice in ordine alla responsabilita' dell'imputato possa essere limitata a profili determinati, senza investire quell'accertamento pieno e incondizionato sui fatti e sulle prove che rappresenta, nel rito ordinario, la premessa necessaria per l'applicazione della sanzione penale ed attenua quell'esigenza a favore della persona perseguita da un'accusa penale cui risulta collegato, nell'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, il requisito della pubblicita' dei processi e che proprio l'assenza della pubblicita' puo' talvolta rappresentare uno degli elementi incentivanti e premiali, atti a favorire tale la scelta dell'applicazione della pena non vengono collegati alcuni degli effetti tipici della condanna, quali il pagamento delle spese processuali o l'applicazione delle pene accessorie e delle misure di sicurezza. (Non fondatezza delle questione di legittimita' costituzionale, sollevata in riferimento all'art. 76 Cost. in relazione all'art. 2, primo comma, parte prima, e n. 45 legge 16 febbraio 1986, n. 81 e legge 4 agosto 1955, n. 848, degli artt. 447, 448 e 563 cod. proc. pen.). - V., in relazione al fondamento sull'accordo tra P.M. e imputato, la sent. n. 66/1990 e sulla rinuncia della facolta' a contestare l'accusa, la sent. n. 313/1991. - V., sul pagamento delle spese processuali della parte civile, la sent. n. 443/1990.

Parametri costituzionali

SENT. 251/91 C. PROCESSO PENALE - PROCEDIMENTI SPECIALI - APPLICAZIONE DELLA PENA SU RICHIESTA DELLE PARTI - PRONUNCIA DELLA SENTENZA - PUBBLICITA' - OMESSA PREVISIONE - LAMENTATA DISPARITA' DI TRATTAMENTO RISPETTO ALL'IMPUTATO GIUDICATO CON IL RITO ORDINARIO - INSUSSISTENZA - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

Il fatto che una stessa pena per uno stesso reato possa scaturire da processi dove l'elemento della pubblicita' risulti diversamente regolato rappresenta una mera eventualita' connessa alla diversificazione dei riti, ma in nessun caso puo' configurare una disparita' di trattamento imputabile agli enunciati della legge e suscettibile di riflettersi significativamente all'interno di una stessa categoria di giudicabili.

Parametri costituzionali