Pronuncia 366/1991

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: prof. Ettore GALLO; Giudici: dott. Aldo CORASANITI, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 270, comma primo, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 7 gennaio 1991 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Siena nel procedimento penale a carico di Cinotti Vinicio, iscritta al n. 218 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1991. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 5 giugno 1991 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 270, primo comma, c.p.p., sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 112 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Siena con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 1991. Il Presidente: GALLO Il redattore: BALDASSARRE Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 23 luglio 1991. Il direttore della cancelleria: MINELLI

Relatore: Antonio Baldassarre

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: GALLO

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Massime

SENT. 366/91 A. PROCESSO PENALE - INDAGINI PRELIMINARI - INTERCETTAZIONI TELEFONICHE - UTILIZZABILITA' IN PROCEDIMENTI DIVERSI - ESCLUSIONE, TRANNE I CASI DI NECESSITA' PER L'ACCERTAMENTO DI DELITTI PER I QUALI E' OBBLIGATORIO L'ARRESTO IN FLAGRANZA - DENUNCIATO CONTRASTO CON IL PRINCIPIO DEL "DIVIETO DI ILLOGICA DIFFERENZIAZIONE" - INADEGUATA MOTIVAZIONE DELL'ORDINANZA DI RINVIO - INAMMISSIBILITA' DELLA QUESTIONE.

Inammissibilita' della questione per non avere il giudice remittente motivato adeguatamente, in modo da rendere possibile l'individuazione in modo univoco del contenuto e del senso della censura proposta. ____________ N.B.: Massima redatta con riferimento al testo della decisione cosi' come modificata dalla ordinanza di correzione n. 400 del 1991.

Parametri costituzionali

SENT. 366/91 B. LIBERTA' E SEGRETEZZA DELLA CORRISPONDENZA E DI OGNI ALTRO MEZZO DI COMUNICAZIONE - QUALIFICAZIONE COME DIRITTO INVIOLABILE - PRINCIPI CHE NE CONSEGUONO - APPLICABILITA' ALLE INTERCETTAZIONI TELEFONICHE.

La liberta' e la segretezza della corrispondenza e di ogni altro mezzo di comunicazione costituiscono un diritto dell'individuo rientrante tra i valori supremi costituzionali, tanto da essere espressamente qualificato dall'art. 15 della Costituzione come diritto inviolabile. La stretta attinenza di tale diritto al nucleo essenziale dei valori di personalita' comporta una duplice caratterizzazione della sua inviolabilita'. In base all'art. 2 della Costituzione, il diritto a una comunicazione libera e segreta e' inviolabile, nel senso generale che il suo contenuto essenziale non puo' essere oggetto di revisione costituzionale. In base all'art. 15 della Costituzione, inoltre, lo stesso diritto e' inviolabile nel senso che il suo contenuto di valore non puo' subire restrizioni o limitazioni da alcuno dei poteri costituiti se non in ragione dell'inderogabile soddisfacimento di un interesse pubblico primario costituzionalmente rilevante, sempreche' l'intervento limitativo posto in essere sia strettamente necessario alla tutela di quell'interesse e sia rispettata la duplice garanzia che la disciplina prevista risponda ai requisiti propri della riserva assoluta di legge e la misura limitativa sia disposta con atto motivato dell'autorita' giudiziaria. Come gia' riconosciuto dalla Corte, tali principi sono pienamente validi anche per le intercettazioni telefoniche. - S. nn 34/1973, 120/1975, 98/1976 e 223/1987.

SENT. 366/91 C. PROCESSO PENALE - INDAGINI PRELIMINARI - INTERCETTAZIONI TELEFONICHE - DIVIETO DI UTILIZZAZIONE IN PROCEDIMENTI DIVERSI DA QUELLI PER CUI SONO STATE DISPOSTE - PIENA CONFORMITA' DELLA NORMA, SE INTESA COME DIVIETO DI UTILIZZAZIONE DELLE INTERCETTAZIONI COME PROVE, AI PRINCIPI COSTITUZIONALI APPLICABILI IN MATERIA.

Interpretato come divieto di utilizzabilita', quali fonti di prova in procedimenti diversi, dei risultati delle intercettazioni legittimamente disposte in un determinato giudizio, l'art. 270, primo comma, cod. proc. pen., appare nel suo complesso come l'immediata attuazione in via legislativa dei principi costituzionali (v. massima B). L'utilizzazione come prova in altro procedimento trasformerebbe infatti l'intervento del giudice richiesto dall'art. 15 Cost., vanificando l'esigenza piu' volte affermata dalla Corte (v. massima B) che esso sia puntualmente motivato, in una inammissibile "autorizzazione in bianco", con conseguente lesione della "sfera privata" legata alla garanzia della liberta' di comunicazione e al connesso diritto di riservatezza incombente su tutti coloro che ne siano venuti a conoscenza per motivi di ufficio.

SENT. 366/91 D. PROCESSO PENALE - INDAGINI PRELIMINARI - INTERCETTAZIONI TELEFONICHE - DIVIETO DI UTILIZZAZIONE IN PROCEDIMENTI DIVERSI DA QUELLI PER CUI SONO STATE DISPOSTE - POSSIBILITA' DI INTERPRETARLO ANCHE COME PRECLUSIONE ALL'UTILIZZAZIONE DELLE INTERCETTAZIONI QUALI FONTI DI NOTIZIA CRIMINIS - ESCLUSIONE - CONSEGUENZE - QUESTIONE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE, IN BASE A TALE INTERPRETAZIONE, IN RIFERIMENTO AL PRINCIPIO DI OBBLIGATORIETA' DELL'AZIONE PENALE - NON FONDATEZZA

Pur ammettendosi che l'ipotetica estensione del divieto di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni telefoniche in procedimenti diversi da quello per cui sono state disposte, al di la' del campo probatorio (v. massima C), rientri - nei limiti della non irragionevolezza e coerenza che esso incontra - nel discrezionale apprezzamento del legislatore, e' senz'altro da escludere - contro quanto sostenuto dal giudice 'a quo' (v. massima E) - che l'art. 270 , primo comma, cod. proc. pen. (cosi' com'e') possa essere inteso in un senso comportante la preclusione dell'utilizzazione delle informazioni raccolte attraverso intercettazioni legittimamente disposte in un determinato procedimento, oltre che come prove in altri procedimenti (v. massima C) come fonti da cui eventualmente desumere una 'notitia criminis'. La conoscenza di fatti astrattamente qualificabili come illeciti penali che venga acquisita attraverso intercettazioni legittimamente autorizzate o, all'interno del medesimo procedimento, per altri reati, non impone al P.M. l'inizio di un procedimento, ma consente tuttavia che egli proceda ad accertamenti volti ad acquisire nuovi elementi di prova sulla cui base soltanto potra' successivamente proporre l'azione penale. Vengono quindi meno, in radice, i dubbi di legittimita' costituzionale sollevati, nel caso, in riferimento al principio di obbligatorieta' dell'azione penale, sulla base della suddetta non corretta interpretazione della norma impugnata. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 270, primo comma, cod. proc. pen., in riferimento all'art. 112 Cost.). ______________ N.B.: Massima redatta con riferimento al testo della decisione cosi' come modificato dalla ordinanza di correzione n. 400 del 1991.

Parametri costituzionali

SENT. 366/91 E. LEGGI ED ATTI EQUIPARATI - INTERPRETAZIONE -ARGOMENTI LESSICALI - CORRISPONDENZA CON ARGOMENTI DI ORDINE SISTEMATICO - NECESSITA' - FATTISPECIE.

L'utilizzazione di argomenti lessicali dell'interpretazione delle norme puo' avere un significato solo nel caso in cui tali elementi risultino suffragati da sicuri argomenti di ordine sistematico o attinenti alla 'ratio' delle disposizioni considerate. (Principio affermato riguardo all'art. 270, primo comma, cod. proc. pen. - interpretato dal giudice remittente (v. massima D) in un senso comportante la preclusione della utilizzazione in altri processi delle informazioni raccolte attraverso intercettazioni legittimamente disposte in un determinato procedimento, oltre che come prove, come fonti da cui eventualmente desumere una 'notitia criminis' - in base alla sostituzione, nella rubrica dell'art. 270, alla dizione originaria "utilizzazione in altri processi", di quella "utilizzazione in altri procedimenti": argomento ritenuto dalla Corte del tutto inconsistente di fronte a quelli desumibili, fra gli altri, dalla lettura integrale dell'art. 270 - in particolare dei commi secondo e terzo - nonche' al rilievo che nel nuovo codice di procedura penale il termine "utilizzazione" e' normalmente riferito alle sole prove).