Pronuncia 53/1992
Sentenza
Collegio
composta dai signori: Presidente: dott. Aldo CORASANITI; Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
Epigrafe
ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 11, terzo comma, del codice di procedura penale, promossi con n. 3 ordinanze emesse dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania, iscritte rispettivamente ai nn. 374, 452 e 490 del registro ordinanze 1991 e pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica nn. 22, 27 e 33, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 20 novembre 1991 il Giudice relatore Francesco Greco; Ritenuto che il G.I.P. presso il Tribunale di Catania, nei procedimenti penali a carico di Pellegriti Giuseppe e di Pellegriti Salvatore, con tre ordinanze emesse rispettivamente il 6 marzo 1991 (R.O. n. 374 del 1991), il 21 marzo 1991 (R.O. n. 452 del 1991) e il 21 aprile 1991 (R.O. n. 490 del 1991), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, terzo comma, del codice di procedura penale, il quale prevede una deroga al criterio di spostamento della competenza territoriale per i procedimenti penali aventi come parte offesa o danneggiata un magistrato, allorché il reato sia commesso in udienza; che, a parere del giudice remittente, sarebbero violati: l'art. 3 della Costituzione, per la disparità di trattamento che si determinerebbe tra cittadini imputati in procedimenti in cui assume la qualità di persona offesa un magistrato, a secondo che il reato è stato commesso o meno in udienza; gli artt. 101 e 104 della Costituzione, risultando lesi i principi della imparzialità del giudice e della sua soggezione esclusiva alla legge; gli artt. 24 e 25 della Costituzione, perché la disciplina diversa prevista per il reato commesso in udienza offrirebbe all'imputato minori garanzie di difesa; che nel giudizio è intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, la quale ha concluso per la inammissibilità o la infondatezza della questione; Considerato che i tre giudizi siccome riguardano identica questione vanno riuniti e decisi con un unico provvedimento per evidenti ragioni di connessione; che della disposizione ora di nuovo censurata è stata già dichiarata (sent. 320 del 1991) la illegittimità costituzionale e che quindi essa è stata espunta dall'ordinamento; che pertanto la questione va dichiarata manifestamente inammissibile; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
Dispositivo
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Riunisce i giudizi e dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, terzo comma, del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 101 e 104 della Costituzione, sollevata dal G.I.P. presso il Tribunale di Catania con le ordinanze in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 febbraio 1992. Il Presidente: CORASANITI Il redattore: GRECO Il cancelliere: FRUSCELLA Depositata in cancelleria il 18 febbraio 1992. Il cancelliere: FRUSCELLA
Relatore: Francesco Greco
Data deposito:
Tipologia: O
Presidente: CORASANITI