Pronuncia 265/1994

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: prof. Gabriele PESCATORE; Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 446, primo comma, 516, 517, 519 e 520 del codice di procedura penale, promossi con ordinanze emesse il 23 ottobre 1992 dal Pretore di Paola, sezione distaccata di Scalea, il 17 novembre 1992 dal Pretore di Venezia, sezione distaccata di Chioggia, il 18 maggio 1993 dal Pretore di Napoli, sezione distaccata di Sorrento, l'11 giugno 1993 dal Pretore di Caltanissetta ed il 23 settembre 1993 dal Pretore di Urbino, rispettivamente iscritte ai nn. 37, 81, 435, 576 e 719 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 7, 10, 35, 41 e 50, prima serie speciale, dell'anno 1993; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Uditi nella camera di consiglio dell'8 giugno 1994 i Giudici relatori Ugo Spagnoli per le cause di cui ai nn. 81, 576 e 719 del registro ordinanze 1993 e Mauro Ferri per le cause di cui ai nn. 37 e 435 del registro ordinanze 1993;

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi: dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 516 e 517 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevedono la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione di pena a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, relativamente al fatto diverso o al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale ovvero quando l'imputato ha tempestivamente e ritualmente proposto la richiesta di applicazione di pena in ordine alle originarie imputazioni; dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 520 e 516 del codice di procedura penale, relativamente alla preclusione al giudizio abbreviato in ordine alle nuove contestazioni dibattimentali, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Pretore di Venezia - sezione distaccata di Chioggia - con l'ordinanza in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 giugno 1994. Il Presidente: PESCATORE I redattori: SPAGNOLI - FERRI Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 30 giugno 1994. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA

Relatore:

Data deposito: Thu Jun 30 1994 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: PESCATORE

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Massime

SENT. 265/94 A. GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE - IMPUGNAZIONE CONGIUNTA DI DUE DISPOSIZIONI DI LEGGE DI CUI SOLO UNA PUO' RICONOSCERSI COME OGGETTO EFFETTIVO DELLA QUESTIONE - AMMISSIBILITA' DELLA QUESTIONE ANCHE NEI CONFRONTI DELL'ALTRA - CONDIZIONI - FATTISPECIE.

Nel giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale va ritenuta ammissibile la impugnativa di una disposizione di legge che, anche se ad essa non sono direttamente riferibili i motivi della dedotta incostituzionalita', si coordina tuttavia con quella che e' oggetto diretto della censura. (Fattispecie in cui il giudice 'a quo', nel censurare la preclusione, ex art. 516 cod. proc. pen., in caso di "tardiva" contestazione, nel dibattimento, di "fatto diverso", sia del patteggiamento sia del giudizio abbreviato, ha coinvolto nell'impugnativa anche l'art. 520 cod. proc. pen., trattandosi di un procedimento in contumacia dell'imputato). red.: F.S. rev.: S.P.

SENT. 265/94 B. PROCESSO PENALE - DIBATTIMENTO - NUOVE CONTESTAZIONI - FACOLTA' DELL'IMPUTATO DI AVANZARE RICHIESTA DI GIUDIZIO ABBREVIATO O DI APPLICAZIONE DELLA PENA - LIMITI - FONDAMENTO.

La Corte ha gia' affermato, in materia di nuove contestazioni dibattimentali nel processo penale in rapporto all'aspettativa dell'imputato di accedere ai riti speciali, l'interesse dell'imputato a beneficiare di detti riti speciali puo' trovare tutela solo in quanto la sua condotta consenta l'effettiva adozione di una sequenza procedimentale, che, evitando il dibattimento e contraendo la possibilita' di appello, permette di raggiungere quell'obiettivo di rapida definizione del processo che il legislatore ha inteso perseguire con l'introduzione del giudizio abbreviato e piu' in generale dei riti speciali. D'altra parte la evenienza della modificazione dell'imputazione a seguito dell'istruttoria dibattimentale, non infrequente nell'attuale sistema processuale penale, il quale riserva al dibattimento la formazione della prova (mentre nella fase preliminare si raccolgono solo gli elementi sufficienti per la formulazione dell'accusa e del rinvio a giudizio), rientra nelle valutazioni che lo stesso imputato deve compiere ai fini della determinazione della scelta del rito, assumendo su di se', pertanto, il rischio delle conseguenze della propria scelta. - V. S. n. 593/1990; 316/1992 e 129/1993, nonche' O. nn. 213/1992 e 107/1993. red.: F.S. rev.: S.P.

SENT. 265/94 C. PROCESSO PENALE - DIBATTIMENTO - NUOVE CONTESTAZIONI PER FATTO DIVERSO O PER REATO CONCORRENTE - RICHIESTA, DA PARTE DELL'IMPUTATO, DI APPLICAZIONE DELLA PENA ('PATTEGGIAMENTO') - INAMMISSIBILITA' ANCHE NELL'IPOTESI DI ERRONEITA' DELL'IMPUTAZIONE DA PARTE DEL PUBBLICO MINISTERO OVVERO NEL CASO IN CUI L'IMPUTATO ABBIA, PRIMA DEL DIBATTIMENTO, AVANZATO TALE RICHIESTA, NON ACCOLTA PER DISSENSO DEL PUBBLICO MINISTERO - VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA E DEL DIRITTO DI DIFESA - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE PARZIALE.

Poiche' le valutazioni dell'imputato circa la convenienza del rito speciale - giudizio abbreviato e di applicazione della pena ("patteggiamento") - vengono indissolubilmente a dipendere anzitutto dalla concreta impostazione data al processo dal pubblico ministero e cioe' dalla natura dell'addebito, quando non possa rinvenirsi alcun profilo di inerzia dell'imputato e quindi di addebitabilita' al medesimo delle conseguenze della mancata instaurazione del rito differenziato come nel caso di errore, sulla individuazione del fatto e del titolo del reato, in cui e' incorso il pubblico ministero, risulta lesivo del diritto di difesa precludere all'imputato l'accesso ai riti speciali a seguito di nuove contestazioni per fatto diverso o per reato concorrente nel corso del dibattimento, cosi' subendo l'imputazione una variazione sostanziale; e cio' anche nel caso in cui il procedimento richiesto dall'imputato sia stato ingiustificatamente o erroneamente negato, con la conseguente inapplicabilita', relativamente al 'patteggiamento', del primo comma dell'art. 448 cod. proc. pen. con riguardo alla nuova contestazione, risultando inevitabimente incongrua la pena richiesta in quanto formulata con riferimento ad imputazione modificata nel corso dibattimento. Tale preclusione risulta inoltre censurabile in riferimento all'art. 3 Cost., venendo l'imputato irragionevolmente discriminato, ai fini dell'accesso ai procedimenti speciali, in dipendenza della maggiore o minore esattezza o completezza della discrezionale valutazione delle risultanze delle indagini preliminari operata dal pubblico ministero. Conseguentemente, con riguardo al procedimento di applicazione della pena su richiesta, avendo la Corte gia' affermato che e' possibile fare applicazione dell'istituto della restituzione nel termine, e quindi non sussistendo ostacoli di carattere logico-sistematico, devono dichiararsi incostituzionali, per violazione degli artt. 3 e 24 Cost. - restando assorbita la censura formulata in riferimento all'art. 111 Cost. -, gli artt. 516 e 517 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono la facolta' dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione della pena a norma dell'art. 444 cod. proc. pen., relativamente al fatto diverso o al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che gia' risultava dagli atti di indagine preliminare al momento dell'esercizio dell'azione penale ovvero quando l'imputato ha tempestivamente e ritualmente proposto la richiesta di applicazione di pena in ordine alle originarie imputazioni. - Sull'accesso ai riti speciali quale espressione del diritto di difesa: S. nn. 76/1993, 214/1993, 313/1990, 101/1993; O. n. 116/1992; sull'art. 448, primo comma, cod. proc. pen.: S. nn. 66/1990, 183/1990, 81/1991, 23/1992; sull'applicabilita' dell'istituto della restituzione nel termine nel procedimento di applicazione della pena su richiesta: S. n. 101/1993. red.: F.S. rev.: S.P.

SENT. 265/94 D. PROCESSO PENALE - DIBATTIMENTO - NUOVE CONTESTAZIONI PER FATTO DIVERSO O PER REATO CONCORRENTE - RICHIESTA, DA PARTE DELL'IMPUTATO, DI GIUDIZIO ABBREVIATO - INAMMISSIBILITA' ANCHE NELL'IPOTESI DI ERRORE DEL PUBBLICO MINISTERO OVVERO NEL CASO IN CUI L'IMPUTATO ABBIA, PRIMA DEL DIBATTIMENTO, AVANZATO TALE RICHIESTA, NON ACCOLTA PER DISSENSO DEL PUBBLICO MINISTERO - LAMENTATA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA E DEL DIRITTO DI DIFESA - PLURALITA' DI POSSIBILI SOLUZIONI - INAMMISSIBILITA' DELLA QUESTIONE.

Pur essendo censurabile, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la preclusione per l'imputato all'accesso ai riti speciali a seguito di nuove contestazioni per fatto diverso o per reato concorrente nel corso del dibattimento nel caso di errore sulla individuazione del fatto e del titolo del reato in cui e' incorso il pubblico ministero, con riferimento al giudizio abbreviato la questione va tuttavia dichiarata inammissibile poiche' -come gia' rilevato dalla Corte in giudizio su analoga questione- la scelta di un meccanismo di trasformazione del rito, come auspicato dal giudice rimettente, oltre che opinabile da un punto di vista tecnico-sistematico data l'inconciliabilita' di tale procedura del giudizio abbreviato con quella dibattimentale, non puo' ritenersi scelta costituzionalmente obbligata, ponendosi in termini alternativi ad altre possibili opzioni attinenti alla sfera della discrezionalita' legislativa (quali la possibilita' di applicazione della riduzione della pena di un terzo da parte del giudice all'esito del dibattimento verificati i presupposti suddetti ovvero la preclusione, in tali casi, della nuova contestazione, con conseguente trasmissione degli atti al pubblico ministero relativamente ad essa). (Inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale in riferimento agli artt. 3, 24, 111 Cost., degli artt. 520 e 516 cod. proc. pen.). - S. n. 129/1993. V. anche la precedente massima C. red.: F.S. rev.: S.P.