Pronuncia 368/2010

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Ugo DE SIERVO; Giudici : Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo 546, primo comma, del codice di procedura civile, modificato dall'articolo 2, comma 3, lettera e), del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), convertito, con modificazioni, nella legge 14 maggio 2005, n. 80, promosso dal Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli, nel procedimento vertente tra R. B. e il Comune di Pozzuoli ed altro, con ordinanza del 25 settembre 2009, iscritta al n. 17 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 2010. Visti l'atto di costituzione di R. B., nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 30 novembre 2010 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo; uditi l'avvocato R. B. per se medesimo e l'avvocato dello Stato Antonio Grumetto per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 546, primo comma, del codice di procedura civile, sollevata dal Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli, in funzione di giudice dell'esecuzione, in riferimento agli articoli 3, 24, 97 e 111 della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2010. F.to: Ugo DE SIERVO, Presidente Alessandro CRISCUOLO, Redattore Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 22 dicembre 2010. Il Cancelliere F.to: FRUSCELLA

Relatore: Alessandro Criscuolo

Data deposito: Wed Dec 22 2010 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: DE SIERVO

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Massime

Oggetto del giudizio - Identificazione in base alla sola ordinanza di rimessione - Possibilità per le parti di evocare nel giudizio di legittimità costituzionale parametri diversi da quelli individuati dal giudice a quo - Preclusione.

Nel giudizio di legittimità costituzionale non possono essere invocati parametri diversi da quelli individuati dal giudice a quo nell'ordinanza di rimessione; ne consegue che l'ulteriore questione formulata dalla parte privata, in relazione alla medesima norma ma in riferimento ad un ulteriore parametro costituzionale, non può trovare ingresso nel giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. In senso conforme v., da ultimo, la sentenza n. 50 del 2010.

Norme citate

Procedimento civile - Esecuzione forzata - Espropriazione mobiliare presso terzi - Soggezione del terzo pignorato agli obblighi che la legge impone al custode, relativamente alle cose e alle somme da lui dovute e nei limiti dell'importo del credito precettato aumentato della metà, con conseguente contenimento del vincolo esecutivo entro tali limiti - Necessità, secondo la parte privata, di verificare l'utilità della censurata disposizione alla luce della disciplina delle procedure esecutive in danno degli enti locali - Irrilevanza delle argomentazioni svolte al riguardo, in considerazione della non applicabilità nella fattispecie dell'art. 159 del d.lgs. n. 267 del 2000.

In relazione alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 546, primo comma, cod. proc. civ., come modificato dall'art. 2, comma 3, lettera e ), del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, nella legge 14 maggio 2005, n. 80, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 97, e 111 Cost., sono irrilevanti le argomentazioni svolte dalla parte privata circa la necessità di valutare la legittimità di tale disposizione alla luce dell'art. 159 del decreto legislativo n. 267 del 2000, in tema di esecuzione forzata nei confronti degli enti locali, poiché il giudice a quo , nell'ordinanza di rimessione, ha precisato che nella fattispecie in esame l'impossibilità di soddisfare il creditore deriva solo ed esclusivamente dall'art. 546, primo comma, cod. proc. civ., sicché il citato art. 159 non deve essere applicato.

Norme citate

Procedimento civile - Esecuzione forzata - Espropriazione mobiliare presso terzi - Soggezione del terzo pignorato agli obblighi che la legge impone al custode, relativamente alle cose e alle somme da lui dovute e nei limiti dell'importo del credito precettato aumentato della metà, con conseguente contenimento del vincolo esecutivo entro tali limiti - Ritenuto pregiudizio al soddisfacimento della pretesa creditoria - Denunciata violazione dei principi di uguaglianza, di ragionevolezza, di buon andamento della pubblica amministrazione e del giusto processo, nonché asserita lesione del diritto di difesa - Esclusione, attesa la scelta non irragionevole del legislatore di bilanciare i contrastanti interessi del creditore procedente e del debitore esecutato - Non fondatezza della questione.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 546, primo comma, cod. proc. civ., come modificato dall'art. 2, comma 3, lettera e ), del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, nella legge 14 maggio 2005, n. 80, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 97, e 111 della Costituzione. Il legislatore, infatti, nell'esercizio della sua discrezionalità, ha effettuato un bilanciamento tra interessi contrastanti e meritevoli entrambi di tutela: da un lato, quello del creditore procedente alla piena realizzazione della propria pretesa; dall'altro, quello del debitore esecutato a non subire il blocco totale, e di regola per un tempo non breve, di somme ingenti, pure in presenza di un credito azionato di ammontare esiguo. Il legislatore ha ritenuto d'identificare il punto di equilibrio nella previsione di un limite al vincolo esecutivo, costituito dall'importo del credito precettato, aumentato della metà. Tale scelta non può definirsi incongrua e, tanto meno, manifestamente irragionevole o arbitraria: il creditore rimasto parzialmente insoddisfatto potrà, infatti, promuovere un nuovo pignoramento presso terzi per la somma rimasta incapiente, senza subire alcuna menomazione del suo diritto alla tutela giurisdizionale; né sussiste violazione dell'art. 3 Cost. per il fatto che tale limite sia previsto nella sola esecuzione forzata presso terzi, poiché i diversi mezzi di espropriazione forzata sono tra loro differenti e il legislatore può regolare diversamente i singoli istituti. Sulla discrezionalità del legislatore nel regolare gli istituti processuali v., tra le ultime, le sentenze n. 50 e n. 229 del 2010 e l'ordinanza n. 43 del 2010. Sui rapporti tra pignoramento presso terzi e intervento dei creditori nella medesima procedura v. sentenza n. 343 del 2006.

Norme citate