Articolo 546 - CODICE PROCEDURA CIVILE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 368/2010Depositata il 22/12/2010
Nel giudizio di legittimità costituzionale non possono essere invocati parametri diversi da quelli individuati dal giudice a quo nell'ordinanza di rimessione; ne consegue che l'ulteriore questione formulata dalla parte privata, in relazione alla medesima norma ma in riferimento ad un ulteriore parametro costituzionale, non può trovare ingresso nel giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. In senso conforme v., da ultimo, la sentenza n. 50 del 2010.
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 546, comma 1
- decreto-legge-Art. 2, comma 3
- legge-Art.
Parametri costituzionali
Pronuncia 368/2010Depositata il 22/12/2010
In relazione alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 546, primo comma, cod. proc. civ., come modificato dall'art. 2, comma 3, lettera e ), del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, nella legge 14 maggio 2005, n. 80, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 97, e 111 Cost., sono irrilevanti le argomentazioni svolte dalla parte privata circa la necessità di valutare la legittimità di tale disposizione alla luce dell'art. 159 del decreto legislativo n. 267 del 2000, in tema di esecuzione forzata nei confronti degli enti locali, poiché il giudice a quo , nell'ordinanza di rimessione, ha precisato che nella fattispecie in esame l'impossibilità di soddisfare il creditore deriva solo ed esclusivamente dall'art. 546, primo comma, cod. proc. civ., sicché il citato art. 159 non deve essere applicato.
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 546, comma 1
- decreto-legge-Art. 2, comma 3
- legge-Art.
Parametri costituzionali
Pronuncia 368/2010Depositata il 22/12/2010
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 546, primo comma, cod. proc. civ., come modificato dall'art. 2, comma 3, lettera e ), del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, nella legge 14 maggio 2005, n. 80, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 97, e 111 della Costituzione. Il legislatore, infatti, nell'esercizio della sua discrezionalità, ha effettuato un bilanciamento tra interessi contrastanti e meritevoli entrambi di tutela: da un lato, quello del creditore procedente alla piena realizzazione della propria pretesa; dall'altro, quello del debitore esecutato a non subire il blocco totale, e di regola per un tempo non breve, di somme ingenti, pure in presenza di un credito azionato di ammontare esiguo. Il legislatore ha ritenuto d'identificare il punto di equilibrio nella previsione di un limite al vincolo esecutivo, costituito dall'importo del credito precettato, aumentato della metà. Tale scelta non può definirsi incongrua e, tanto meno, manifestamente irragionevole o arbitraria: il creditore rimasto parzialmente insoddisfatto potrà, infatti, promuovere un nuovo pignoramento presso terzi per la somma rimasta incapiente, senza subire alcuna menomazione del suo diritto alla tutela giurisdizionale; né sussiste violazione dell'art. 3 Cost. per il fatto che tale limite sia previsto nella sola esecuzione forzata presso terzi, poiché i diversi mezzi di espropriazione forzata sono tra loro differenti e il legislatore può regolare diversamente i singoli istituti. Sulla discrezionalità del legislatore nel regolare gli istituti processuali v., tra le ultime, le sentenze n. 50 e n. 229 del 2010 e l'ordinanza n. 43 del 2010. Sui rapporti tra pignoramento presso terzi e intervento dei creditori nella medesima procedura v. sentenza n. 343 del 2006.
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 546, comma 1
- decreto-legge-Art. 2, comma 3
- legge-Art.
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.