Articolo 7 - CODICE PROCEDURA CIVILE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
E manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 4, lettera a ), del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 e 74 del codice di procedura penale, in relazione all'art. 7 codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, relativamente alla parte in cui le norme censurate permettono la proposizione dell'azione civile in un giudizio penale di competenza del giudice di pace oltre i limiti di competenza per valore dell'omologo giudice civile. Premesso che in materia di individuazione del giudice competente, il legislatore gode di ampia discrezionalità con l'unico limite della ragionevolezza, che non assume rilievo la presunta maggiore o minore idoneità o qualificazione, che possa essere rivendicata o riconosciuta all'uno o all'altro organo della giurisdizione e che la garanzia del giudice naturale corrisponde a quella di giudice precostituito per legge ed è rispettata quando la regola di competenza sia prefissata rispetto all'insorgere della controversia ( come è evidente nel caso delle norme oggetto di censura) e non è invece utilizzabile per sindacare la scelta del legislatore che si esprime nella fissazione di quella regola. La disciplina della costituzione di parte civile nel processo penale, anche in quello di competenza del giudice di pace, risponde a precise esigenze di economia processuale e, pertanto, l'attribuzione in tali casi al giudice di pace di controversie che superano il valore stabilito dall'art. 7 cod. proc. civ. non può essere ritenuta irragionevole. - Sulla discrezionalità del legislatore nell'individuazione del giudice competente, v., citate, sentenza n. 460/1994 e ordinanza n. 481/2002. - Sulla garanzia del giudice naturale, v., citata, ordinanza n. 193/2003.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, secondo comma, e 7, primo comma, del codice di procedura civile, con la quale il giudice 'a quo' censura , in riferimento agli artt. 3, 24, 111 e 113 della Costituzione, la scelta di affidare le controversie in materia di imposte e tasse esclusivamente alla competenza del tribunale, anziché ripartirle in ragione del valore tra giudice di pace e tribunale. La scelta di privilegiare il criterio della competenza per materia, anziché quello basato sul valore, è stata operata non irragionevolmente dal legislatore, nell?ambito dell?ampia discrezionalità spettategli in materia di ripartizione di competenza e si fonda sulla valutazione della particolare natura rivestita dalle controversie in esame, con riguardo alla pretesa impositiva dello Stato e all?interesse pubblico coinvolto. Non risulta peraltro configurabile né il pregiudizio al diritto di difesa, restando esso integro e garantito in tutte le sue esplicazioni né la disparità di trattamento, in relazione alla maggiore durata del processo dinanzi al tribunale, essendo detta circostanza una ipotetica conseguenza di mero fatto, e, come tale, irrilevante nel giudizio costituzionale.
Sono manifestamente inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimita' costituzionale proposte, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 53, 97 e 113 Cost., nei confronti dell'art. 7 cod. proc. civ. - nella parte in cui non prevede, ovvero esclude, la competenza del giudice di pace in ordine alle controversie in materia di contributi di bonifica - e dell'art. 9 stesso codice - nella parte in cui estende alle medesime controversie la competenza del tribunale in materia di imposte e tasse - nonche', in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 97 e 113 Cost., nei confronti dell'art. 21 del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215 (Nuove norme per la bonifica integrale), nella parte in cui rende applicabili alla riscossione dei suddetti contributi le norme che regolano la esazione delle imposte dirette. Le avanzate censure si fondano infatti sul comune assunto - da cui deriverebbe automaticamente la incostituzionalita' delle disposizioni impugnate - che i contributi di bonifica, rappresentino solo il corrispettivo dovuto dal proprietario del fondo onerato per il vantaggio diretto e specifico derivante dall'esecuzione delle opere di bonifica, non abbiano natura tributaria. Senonche' - a parte che l'art. 21 del r.d. n. 215 del 1933, come riconosce al riguardo lo stesso giudice che lo ha sottoposto all'esame della Corte, "non si occupa della qualificazione del rapporto, bensi' del grado di imperativita' di esecutivita' del provvedimento amministrativo adottato dal consorzio di bonifica", con conseguente impossibilita' di individuare in esso l'oggetto della sollevata questione - va considerato che, per quanto riguarda gli artt. 7 e 9 cod. proc. civ. i giudici di pace rimettenti hanno precisato di essere stati indotti a promuovere gli incidenti dall'indirizzo adottato in proposito dalle sezioni unite della Corte di cassazione, con la sentenza 23 settembre 1998, n. 9493, secondo il quale, invece, del carattere tributario dei contributi di bonifica non potrebbe dubitarsi. Onde e' evidente che nelle ordinanze di rinvio - come appare anche dal loro contenuto letterale - piu' che le disposizioni impugnate si censura il principio giurisprudenziale enunciato in tale sentenza, con la chiara finalita' - sicuramente estranea alla logica del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale - non gia' di risolvere un dubbio di costituzionalita' - che i giudici rimettenti hanno dimostrato di non nutrire affatto e di poter risolvere in via interpretativa - ma solo di proteggere le emanate pronunce dell'alea di una impugnazione e di un eventuale annullamento. -Cfr. O. nn. 54/1999 e 70/1999, nonche' S. n. 110/1995. red.: S. Pomodoro
Sono manifestamente inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimita' costituzionale sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 53, 97 e 113 Cost., nei confronti degli artt. 9 e 7 cod. proc. civ., in quanto, riguardo alle controversie sui contributi di bonifica, con l'estendere ad esse, sul presupposto della natura tributaria di tali contributi affermata dalla Corte di cassazione, la competenza del tribunale per imposte e tasse, le sottraggono, anche quando per valore vi rientrerebbero, alla competenza del giudice di pace. Come si precisa nelle ordinenze di rinvio, infatti, i giudici 'a quibus', nelle controversie in materia di cui sono investiti, hanno gia' affermato, con sentenze non definitive, prima di promuovere gli incidenti di costituzionalita', la propria competenza, escludendo quella del tribunale, e con cio' il loro potere decisorio, 'in parte qua', deve ritenersi esaurito. - Cfr. O. nn. 144/1999 e 94/1999
E' inammissibile, per carenza del requisito soggettivo, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Giudice di pace di Scandiano, quale coordinatore dell'ufficio, nei confronti del Governo - in relazione all'art. 1 del d.l. 18 ottobre 1995, n. 432 (Interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo), nella parte in cui ha soppresso il terzo comma e l'ultimo comma, numero 2), dell'art. 7 cod. proc. civ., nel testo sostituito dall'art. 17 della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzioni del giudice di pace), per violazione degli artt. 24, 77, 101, 102 e 108 Cost. - con il quale il ricorrente lamenta che il Governo, con la modifica della competenza del giudice di pace introdotta nella forma del decreto-legge, avrebbe violato una <
Manifesta inammissibilita' della questione per difetto di motivazione sulla rilevanza e per omissione di indicazione, altresi', degli elementi idonei ad individuare la fattispecie oggetto della controversia sottoposta all'esame del giudice rimettente. - V. O. n. 507/1987, citata dall'Avvocatura erariale. red.: G. Leo