Articolo 339 - CODICE PROCEDURA CIVILE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 304/2012Depositata il 19/12/2012
Dichiarazione di manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 339, terzo comma, del codice di procedura civile, come modificato dall'art. 1 del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 (Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell'articolo 1, comma 2, della L. 14 maggio 2005, n. 80), sollevata - in riferimento agli articoli 3, primo comma, 24, primo comma, 101, secondo comma, 111, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione («quest'ultimo in quanto in relazione di interposizione rispetto all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, cui l'Italia aderisce, ed al diritto vivente derivatone») - dal Tribunale ordinario di Napoli, in composizione monocratica. Risulta fondata l'eccezione preliminare dell'Avvocatura generale dello Stato sul difetto di rilevanza (ovvero la carente motivazione sulla rilevanza) della questione, per non avere il rimettente analizzato la possibilità di ritenere ammissibile la doglianza proposta nel giudizio a quo come motivo di appello sotto il profilo della violazione dei principi regolatori della materia. In ragione dello specifico contenuto del formulato petitum (diretto, in ultima analisi, ad estendere il numero dei motivi di appellabilità limitata delle sentenze pronunciate secondo equità dal giudice di pace, aggiungendo espressamente a quelli già previsti anche quei casi che altrimenti renderebbero ammissibile la revocazione in base all'art. 395 cod. proc. civ.), il rimettente avrebbe dovuto farsi carico di tentare (non già di ottenere, in modo improprio, un avallo interpretativo da parte di questa Corte, bensì) di individuare una diversa possibile interpretazione della norma censurata idonea a superare i dubbi di costituzionalità. Al contrario, il rimettente ha omesso di verificare in positivo se il vizio della sentenza di primo grado (che egli ritiene configurare un errore di fatto revocatorio) possa essere esaminato (anche eventualmente attraverso un adattamento dei motivi di ricorso) nell'ámbito dei motivi che consentono l'appello delle sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità, che, pur limitato al controllo di vizi specifici, è comunque caratterizzato dalla sua essenza di mezzo a critica libera derivante dall'effetto devolutivo pieno della materia esaminata in primo grado. La carente utilizzazione dei poteri interpretativi che la legge riconosce al giudice rimettente e la mancata esplorazione di diverse soluzioni ermeneutiche, al fine di far fronte al dubbio di costituzionalità ipotizzato (che ridonda anche in termini di insufficiente motivazione in ordine alla rilevanza della questione: ordinanze n. 240 e n. 126 del 2012), integrano omissioni tali da rendere manifestamente inammissibile la sollevata questione di legittimità costituzionale (ordinanze 102 del 2012 e n. 212 del 2011). Ulteriore profilo di inammissibilità deriva dal fatto che l'intervento richiesto a questa Corte sarebbe caratterizzato da un corposo tasso di manipolatività e creatività (sentenza n. 36 del 2012 e ordinanza n. 240 del 2012), tanto più in un contesto, quale quello della conformazione degli istituti processuali, riservato alla ampia discrezionalità del legislatore col solo limite della manifesta irragionevolezza (ordinanze n. 194 e n. 240 del 2012). Infatti, il rimettente invoca (come detto) una pronuncia che, incidendo sulla portata applicativa della norma censurata, introduca (oltre quelle previste dalla norma medesima: violazione delle norme sul procedimento, di norma costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia) un'ulteriore ipotesi di appellabilità delle sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità. Si tratta, come è evidente, di un intervento di ampia portata, capace di coinvolgere simultaneamente la disciplina dell'appello e dei casi di revocazione, con la necessità di rivederne istituti e nozioni ovvero anche di regolarne il coordinamento, che come tale è riservato al legislatore, al quale soltanto compete di definire un equilibrio diverso da quello attuale tra rimedi interni alle singole fasi o gradi del giudizio, nonché tra mezzi di impugnazione ordinari e straordinari (ordinanza n. 305 del 2001).
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 339, comma 3
- decreto legislativo-Art. 1
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 24
- Costituzione-Art. 101
- Costituzione-Art. 111
- Costituzione-Art. 117
- convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 6
Pronuncia 303/2012Depositata il 19/12/2012
Dichiarazione di manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, commi 2, 21 e 22, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sollevate, in riferimento agli articoli 2, 3, 24, 36, 53, 97, 101, 104, 108 e 111 della Costituzione, dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento, e dai Tribunali amministrativi regionali per il Piemonte, per l'Abruzzo e per la Puglia, sezione staccata di Lecce. Questa Corte, con la sentenza n. 223 del 2012, successiva alla pubblicazione delle ordinanze di rimessione, ha già dichiarato: l'illegittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 22, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nella parte in cui dispone che, per il personale di cui alla legge 19 febbraio 1981, n. 27 non sono erogati, senza possibilità di recupero, gli acconti degli anni 2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del triennio 2010-2012 e che per tale personale, per il triennio 2013-2015 l'acconto spettante per l'anno 2014 è pari alla misura già prevista per l'anno 2010 e il conguaglio per l'anno 2015 viene determinato con riferimento agli anni 2009, 2010 e 2014; nonché nella parte in cui non esclude che a detto personale sia applicato il primo periodo del comma 21; l'illegittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 22, del d.l. n. 78 del 2010, nella parte in cui dispone che l'indennità speciale di cui all'articolo 3 della legge n. 27 del 1981, spettante al personale indicato in tale legge, negli anni 2011, 2012 e 2013, sia ridotta del 15% per l'anno 2011, del 25% per l'anno 2012 e del 32% per l'anno 2013; l'illegittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 2, del d.l. n. 78 del 2010, nella parte in cui dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi del comma 3 dell'art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), superiori a 90.000 euro lordi annui siano ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del 10% per la parte eccedente 150.000 euro. Pertanto, le attuali questioni vanno dichiarate manifestamente inammissibili, essendo divenute prive di oggetto, riguardando l'illegittimità costituzionale del citato comma 22, anche la parte in cui non esclude l'applicabilità del primo periodo del comma 21.
Norme citate
- decreto-legge-Art. 9, comma 21
- decreto-legge-Art. 9, comma 2
- decreto-legge-Art. 9, comma 22
- legge-Art.
- codice di procedura civile-Art. 339, comma 3
- codice di procedura civile-Art. 339, comma 3
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.