Articolo 395 - CODICE PROCEDURA CIVILE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 89/2021Depositata il 05/05/2021
Sono dichiarate non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Cosenza in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., del combinato disposto degli artt. 395, n. 4), cod. proc. civ. e 14 del d.lgs. n. 150 del 2011. Le norme censurate vanno intrepretate in modo costituzionalmente adeguato e coerente agli evocati parametri costituzionali, nel senso che la revocazione per errore di fatto può essere esperita contro ogni atto giurisdizionale riconducibile nel paradigma del provvedimento decisorio, e quindi anche, come nel caso in esame, contro l'ordinanza collegiale conclusiva del procedimento di liquidazione dei compensi del difensore viziata da errore di fatto, consistito nel ritenere non prodotto in giudizio un documento decisivo. Il mutato assetto ordinamentale, delineatosi in conseguenza delle riforme del processo civile dell'ultimo ventennio e dell'evoluzione del modo in cui la giurisprudenza ricostruisce il rapporto tra forma e funzione dei provvedimenti giurisdizionali, consente, infatti, di offrire, attraverso una lettura sistematica dell'art. 395 cod. proc. civ., un'interpretazione costituzionalmente orientata che postula l'individuazione di una nozione sostanziale di atto giurisdizionale decisorio, nella quale possano essere ricompresi tutti i provvedimenti che, pur non estrinsecandosi nella forma della sentenza, siano ad essa equiparabili sotto il profilo contenutistico ed effettuale. Nella direzione di siffatta interpretazione spinge, altresì, la elaborazione, da parte della giurisprudenza di legittimità, della nozione di sentenza "in senso sostanziale" ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111, settimo comma, Cost., i cui caratteri sono la decisorietà e la definitività, intese rispettivamente come idoneità del provvedimento a dirimere una lite tra parti contrapposte, decidendo su diritti o status , e come attitudine al giudicato. ( Precedenti citati: sentenze n. 121 del 2020, n. 34 del 2019, n. 192 del 1995, n. 51 del 1995, n. 36 del 1991, n. 558 del 1989 e n. 17 del 1986 ). La nozione di errore di fatto [ai fini dell'ipotesi di revocazione di cui all'art. 395, n. 4, cod. proc. civ.] va circoscritta all'errore meramente percettivo (svista, puro equivoco) e che in nessun modo coinvolga l'attività valutativa dell'organo giudicante. ( Precedente citato: sentenza n. 36 del 1991 ). La revocazione assurge a strumento di tutela primario del principio costituzionale del giusto processo tutte le volte che l'attendibilità dell'enunciazione giudiziale dei fatti dedotti a fondamento della domanda di tutela giurisdizionale sia deviata dall'errore di fatto, tale che derivino per la parte conseguenze pregiudizievoli sul piano dell'effettivo soddisfacimento di specifici bisogni di tutela. Il processo sommario, disciplinato dagli artt. 702- bis e seguenti cod. proc. civ., è un giudizio a cognizione piena, dovendo riferirsi la sua denominazione, piuttosto, alla destrutturazione formale del procedimento. Esso pertanto si conclude con un provvedimento che, sebbene rivesta la forma dell'ordinanza, è idoneo al giudicato sostanziale. ( Precedente citato: sentenze n. 253 del 2020 e n. 10 del 2013 ).
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 395 N. 4
- decreto legislativo-Art. 14
Parametri costituzionali
Pronuncia 93/2018Depositata il 27/04/2018
È non implausibile, e per ciò solo non sindacabile dalla Corte costituzionale, la valutazione del rimettente che, in punto di rilevanza, affermi di dover fare applicazione dei censurati artt. 395 e 396 cod. proc. civ., al fine di decidere, in sede rescindente, sull'ammissibilità della domanda di revocazione proposta per asserito contrasto della sentenza civile passata in giudicato con una sopravvenuta sentenza definitiva della Corte EDU. La soluzione della questione di costituzionalità influisce concretamente sulla prima valutazione che il rimettente è chiamato a operare circa la riconducibilità del caso di specie ad uno dei motivi revocatori previsti dalla legge; al contrario, non incidono sulla rilevanza gli aspetti estranei al giudizio di ammissibilità della fase rescindente, ivi compresa la verifica dell'effettiva esistenza di un contrasto con la sentenza della Corte EDU, dei suoi esatti termini e della possibilità attuale e delle eventuali modalità per rimuoverlo. ( Precedente citato: sentenza n. 123 del 2017 ).
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 395
- codice di procedura civile-Art. 396
Pronuncia 93/2018Depositata il 27/04/2018
È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata dalla Corte d'appello di Venezia, in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 46, par. 1, CEDU - degli artt. 395 e 396 cod. proc. civ., nella parte in cui non prevedono tra i casi di revocazione quello in cui essa "si renda necessaria per consentire il riesame del merito della sentenza impugnata per la necessità di uniformarsi alle statuizioni vincolanti rese dalla Corte europea dei diritti dell'uomo". La giurisprudenza convenzionale tuttora esclude che l'art. 46, par. 1, CEDU ponga un obbligo di riapertura dei processi civili e amministrativi a seguito di sentenze di accertamento della violazione di diritti garantiti dalla Convenzione, lasciando agli Stati contraenti la decisione di provvedere in tal senso, in considerazione della differenza tra processi penali e civili e della necessità, con riferimento a questi ultimi, di tutelare i soggetti, diversi dal ricorrente a Strasburgo e dallo Stato, che, pur avendo preso parte al giudizio interno, non sono parti necessarie del giudizio convenzionale. Data l'importanza del tema dell'esecuzione delle sentenze della Corte EDU anche al di fuori della materia penale, la Corte costituzionale ha auspicato sia un sistematico coinvolgimento dei terzi nel processo convenzionale, sia un intervento del legislatore che permetta di conciliare il diritto di azione delle parti vittoriose a Strasburgo con quello di difesa dei terzi. ( Precedenti citati: sentenze n. 123 del 2017 e n. 6 del 2018, con riguardo ai suddetti auspici ). Alla Corte EDU spetta la funzione di interprete "eminente" del diritto convenzionale. ( Precedenti citati: sentenze n. 49 del 2015 e n. 348 del 2007 ).
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 395
- codice di procedura civile-Art. 396
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 117
- Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 46
Pronuncia 19/2018Depositata il 02/02/2018
È dichiarata manifestamente inammissibile, per carente motivazione sulla non manifesta infondatezza, la questione di legittimità costituzionale - sollevata dal Consiglio di Stato in riferimento agli artt. 24, 111 e 117, primo comma, Cost. - degli artt. 106 del d. lgs. n. 104 del 2010, e 395 e 396 cod. proc. civ., che non prevedono la revocazione della sentenza quando ciò sia necessario per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte EDU. Il rimettente si limita ad affermare che tale obbligo discenderebbe dall'art. 46, par. 1, della CEDU, e a richiamare per relationem le considerazioni in diritto illustrate in altra ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato. Per la consolidata giurisprudenza costituzionale va escluso che, nei giudizi incidentali, sia ammessa la motivazione per relationem, perché il principio di autonomia di ciascun giudizio di costituzionalità incidentale, quanto ai requisiti necessari per la sua valida instaurazione, e il conseguente carattere autosufficiente della relativa ordinanza di rimessione, impongono al giudice a quo di rendere espliciti, facendoli propri, i motivi della non manifesta infondatezza, non potendo limitarsi ad un mero richiamo di quelli evidenziati dalle parti nel corso del processo principale, ovvero anche in altre ordinanze di rimessione emanate nello stesso o in altri giudizi ( Precedenti citati: sentenze n. 170 del 2015, n. 49 del 2015, n. 22 del 2015, n. 10 del 2015 e n. 103 del 2007; ordinanze n. 33 del 2014 n. 156 del 2012 e n. 33 del 2006 ).
Norme citate
- decreto legislativo-Art. 106
- codice di procedura civile-Art. 395
- codice di procedura civile-Art. 396
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 24
- Costituzione-Art. 111
- Costituzione-Art. 117
- Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 46
Pronuncia 123/2017Depositata il 26/05/2017
È dichiarata inammissibile, per difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 106 cod. proc. amm. e degli artt. 395 e 396 cod. proc. civ., censurati dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato - in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost. - nella parte in cui non prevedono un diverso caso di revocazione della sentenza [in specie, passata in giudicato] quando ciò sia necessario, ai sensi dell'art. 46, par. 1, della CEDU, per conformarsi a una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell'uomo. Il rimettente non spiega le ragioni dell'asserito contrasto con gli evocati parametri costituzionali, omettendo di esaminarli e limitandosi ad affermare in termini generici l'equivalenza tra la garanzia da essi apprestata e quella offerta dal sistema convenzionale. ( Precedenti citati: sentenze n. 276 del 2016 e n. 133 del 2016; ordinanze n. 93 del 2016, n. 261 del 2012, n. 181 del 2012, n. 174 del 2012, n. 236 del 2011 e n. 126 del 2011 ).
Norme citate
- decreto legislativo-Art. 106
- codice di procedura civile-Art. 395
- codice di procedura civile-Art. 396
Parametri costituzionali
Pronuncia 123/2017Depositata il 26/05/2017
Non appare assolutamente priva di fondamento - e per ciò non è sindacabile dalla Corte costituzionale - la valutazione del rimettente che, in punto di rilevanza, afferma di dover fare applicazione dei censurati artt. 106 cod. proc. amm. e 395 e 396 cod. proc. civ., per decidere, in sede rescindente, sull'ammissibilità della domanda di revocazione proposta per contrasto della sentenza amministrativa passata in giudicato con una sopravvenuta sentenza definitiva della Corte EDU. La soluzione della questione di costituzionalità influisce concretamente sulla verifica preliminare di ammissibilità che il rimettente è chiamato a operare circa la riconducibilità del caso di specie ad uno dei motivi revocatori previsti dalla legge, mentre non incidono su tale valutazione - e dunque non mettono in discussione la rilevanza - gli aspetti che attengono alla successiva ed eventuale fase rescissoria (quali, in specie, la legittimità costituzionale del termine decadenziale di cui all'art. 69, comma 7, del d.lgs. n. 165 del 2001 e la prescrizione dei diritti previdenziali azionati in giudizio). ( Precedenti citati: sentenze n. 20 del 2016, n. 294 del 2011 e n. 151 del 2009; ordinanza n. 147 del 2015, sulla "non implausibilità" come limite al controllo della Corte sulla rilevanza ). Il giudizio sulla rilevanza della questione incidentale è riservato al giudice rimettente, sì che l'intervento della Corte costituzionale deve limitarsi ad accertare l'esistenza di una motivazione sufficiente, non palesemente erronea o contraddittoria, senza spingersi fino ad un esame autonomo degli elementi che hanno portato il giudice a quo a determinate conclusioni. In altre parole, nel giudizio di costituzionalità, ai fini dell'apprezzamento della rilevanza, ciò che conta è la valutazione che il rimettente deve fare in ordine alla possibilità che il procedimento pendente possa o meno essere definito indipendentemente dalla soluzione della questione sollevata, potendo la Corte interferire su tale valutazione solo se essa, a prima vista, appaia assolutamente priva di fondamento. ( Precedenti citati: sentenze n. 228 del 2016, n. 71 del 2015, n. 91 del 2013, n. 41 del 2011 e n. 270 del 2010 ).
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 395
- codice di procedura civile-Art. 396
Pronuncia 123/2017Depositata il 26/05/2017
La circostanza che la sentenza della Corte EDU di accertamento della violazione di diritti convenzionali, non abbia affermato l'obbligo di riapertura del processo interno, quale forma dovuta di restitutio in integrum in favore dell'interessato, non incide sulla rilevanza della questione di costituzionalità dell'art. 106 cod. proc. amm. e degli artt. 395 e 396 cod. proc. civ., poiché nel giudizio a quo - proposto per la revocazione del giudicato contrastante con la sopravvenuta pronuncia sovranazionale - la parte ricorrente assume che il diritto a uno specifico rimedio processuale interno discenda, di per sé, dall'art. 46, par. 1, della CEDU, e lo stabilire se tale diritto sussista o meno pone un problema di interpretazione della norma convenzionale interposta, problema che, nella specie, coinvolge il merito della questione. ( Precedenti citati: sentenze n. 43 del 2017, n. 276 del 2016 e n. 193 del 2016 ).
Norme citate
- decreto legislativo-Art. 106
- codice di procedura civile-Art. 395
- codice di procedura civile-Art. 396
Parametri costituzionali
- Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 46
Pronuncia 123/2017Depositata il 26/05/2017
È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 106 cod. proc. amm., e degli artt. 395 e 396 cod. proc. civ., censurati dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato - in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost. - nella parte in cui non prevedono un diverso caso di revocazione della sentenza [in specie, passata in giudicato] quando ciò sia necessario, ai sensi dell'art. 46, par. 1, CEDU, per conformarsi a una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell'uomo. Nelle materie diverse da quella penale, dalla giurisprudenza convenzionale non emerge, allo stato, l'esistenza di un obbligo generale di adottare la misura ripristinatoria della riapertura del processo su richiesta dei soggetti che hanno adito vittoriosamente la Corte EDU, allorquando ciò sia necessario per conformarsi alla sentenza definitiva di quest'ultima. Infatti, per i processi diversi da quelli penali e, in particolare, per quelli amministrativi, la Corte di Strasburgo si è limitata a incoraggiare l'introduzione della predetta misura, rimettendo, tuttavia, la relativa decisione agli Stati contraenti, e ciò in considerazione dell'esigenza - che differenzia i processi civili e amministrativi da quelli penali (oltre al fatto che nei primi non è gioco la libertà personale) - di tutelare i soggetti, diversi dal ricorrente a Strasburgo e dallo Stato, che, pur avendo preso parte al giudizio interno, non sono parti necessarie del giudizio convenzionale, e di rispettare nei loro confronti la certezza del diritto garantita dalla res iudicata. La delicata ponderazione, alla luce dell'art. 24 Cost., fra il diritto di azione degli interessati e il diritto di difesa dei terzi - necessaria nel nostro ordinamento per consentire la riapertura del processo non penale, con il conseguente travolgimento del giudicato interno - spetta in via prioritaria al legislatore, la cui opera sarebbe certamente resa più agevole da una sistematica apertura del processo convenzionale ai terzi, per mutamento delle fonti convenzionali o in forza di una loro interpretazione adeguatrice da parte della stessa Corte EDU. ( Precedenti citato: sentenza n. 113 del 2011 che, riconoscendo l'esistenza dell'obbligo convenzionale di riapertura del processo penale su richiesta dei soggetti vittoriosi a Strasburgo, ha conseguentemente introdotto nell'art. 630 cod. proc. pen. una specifica ipotesi di revisione della sentenza passata in giudicato ). L'obbligo di riapertura del processo, posto dall'art. 46, par. 1, CEDU, nel significato attribuitogli dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, non concerne i casi, diversi da quello oggetto della pronuncia di quest'ultima, nei quali per l'ordinamento interno si è formato il giudicato, esistendo una radicale differenza tra coloro che, esauriti i ricorsi interni, si sono rivolti al sistema di giustizia della CEDU e coloro che, pur versando nella medesima situazione sostanziale, non si sono avvalsi di tale facoltà, con la conseguenza che la loro vicenda processuale, ormai definita con la formazione del giudicato, non è più suscettibile del rimedio convenzionale. ( Precedente citato: sentenza n. 210 del 2013 ).
Norme citate
- decreto legislativo-Art. 106
- codice di procedura civile-Art. 395
- codice di procedura civile-Art. 396
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 117
- Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 46
- Costituzione-Art. 24
Pronuncia 305/2001Depositata il 25/07/2001
Manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 391-bis e 395, numero 3, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non consentono la revocazione della sentenza di cassazione dichiarativa dell'inammissibilità del ricorso, quando successivamente sia stato rinvenuto un documento decisivo relativo agli atti interni del giudizio di legittimità, la cui mancata produzione abbia impedito la pronuncia sul merito dell'impugnativa, e che la parte interessata non abbia potuto tempestivamente depositare per causa che non le era in alcun modo imputabile. Infatti, il rimettente prefigura una pronuncia caratterizzata da un grado di manipolatività tanto elevato da investire non singole disposizioni o il congiunto operare di alcune di esse, ma un intero sistema di norme - quello relativo ai mezzi straordinari di impugnazione - coinvolgendo insieme il regime delle sentenze di cassazione e di quelle rese in grado di appello o in unico grado e investendo anche nozioni rilevanti nel giudizio di revocazione, quali quelle di forza maggiore e di decisività di un documento, imprimendo ad esse significati nuovi e più ampi. Ma un intervento di simili dimensioni, inteso a coinvolgere simultaneamente la disciplina di più fasi del giudizio e a rivedere istituti e nozioni che hanno trovato da lungo tempo il loro assetto stabile nella giurisprudenza, è riservato al legislatore, al quale soltanto competerebbe definire un equilibrio diverso da quello attuale tra rimedi interni alle singole fasi o gradi del giudizio, mezzi di impugnazione ordinari, mezzi straordinari e rimedi risarcitori. - In tema di ipotizzate violazioni del diritto di difesa conseguenti a inadempimento dell'ufficiale giudiziario nella notificazione di un atto, v. richiamata ordinanza n. 855/1988. M.F.
Parametri costituzionali
Pronuncia 51/1995Depositata il 20/02/1995
Sulla linea della 'ratio decidendi' della sentenza n. 558 del 1989 - con la quale fu dichiarata, fra l'altro, la illegittimita' costituzionale dell'art. 395, prima parte e n. 4, cod. proc. civ., la' dove non prevedeva la revocazione per errore di fatto per i provvedimenti di convalida di sfratto per morosita' emessi in assenza o per mancata comparizione dell'intimato, ed espresso conclusivamente l'auspicio che la materia delle impugnazioni dei provvedimenti di convalida, nell'assetto risultante dalle decisioni della Corte costituzionale e dall'esegesi della Cassazione, fosse oggetto di un organico intervento legislativo - lo stesso art. 395 cod. proc. civ., deve essere riconosciuto lesivo del diritto di agire e difendersi in giudizio sancito dall'art. 24 Cost., anche la' dove non prevede la revocazione dei suddetti provvedimenti quando siano effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra. Dato il contenuto decisorio del provvedimento di convalida, la sua efficacia esecutiva e l'attitudine a produrre effetto di cosa giudicata, non puo' ritenersi consentito - alla luce della intervenuta modifica, sotto l'aspetto processuale, oltre che sostanziale, del rapporto locatizio, rispetto a quello esistente all'epoca in cui fu dettato lo speciale procedimento per convalida e nonostante l'esigenza di celerita' che e' alla base dei procedimenti speciali - che in un caso, come quello in questione, in cui la mancata comparizione dell'intimato potrebbe essere determinata proprio dal venir meno di quell'inadempimento che la parte attrice ha poi falsamente attestato come persistente, il rimedio straordinario, ed estremamente circoscritto nei suoi contenuti, della revocazione, resti escluso. Pertanto - assorbita la censura riferita all'art. 3 Cost. - l'art. 395, prima parte e n. 1, cod. proc. civ. - deve essere dichiarato illegittimo 'in parte qua'. - In materia di impugnabilita' delle ordinanze di convalida di sfratto, con riferimento ai principi su enunciati, v., oltre S. n. 558/1989, gia' citata nel testo, S. n. 167/1984. red.: S.P.
Norme citate
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.