Articolo 96 - CODICE PROCEDURA CIVILE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 139/2019Depositata il 06/06/2019
Non è accolta l'eccezione di inammissibilità, per non aver illustrato i motivi di contrasto della disposizione censurata rispetto ai parametri costituzionali evocati, formulata nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. Il rimettente ha puntualmente descritto l'oggetto della controversia e motivato in ordine alla ritenuta applicabilità della disposizione censurata nel giudizio a quo, ha sufficientemente argomentato il dubbio di non manifesta infondatezza delle questioni, escludendo, infine, con motivazione altrettanto plausibile, la possibilità di un'interpretazione adeguatrice.
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 96, comma 3
Pronuncia 139/2019Depositata il 06/06/2019
È dichiarata inammissibile, per impropria evocazione del parametro, la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Tribunale di Verona in riferimento all'art. 25, secondo comma, Cost., dell'art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. nella parte in cui prevede che il giudice possa condannare la parte soccombente, che ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, al pagamento di una somma equitativamente determinata, a favore della controparte. L'obbligazione di corrispondere la somma prevista dalla disposizione censurata non identifica una sanzione in senso stretto, ma un'attribuzione patrimoniale, istituita per legge, in favore della parte vittoriosa nella controversia civile e a carico della parte soccombente. ( Precedenti citati: sentenze n. 269 del 2017, n. 69 del 2017, n. 152 del 2016 e n. 83 del 2015 ). Il principio di legalità di cui all'art. 25, secondo comma, Cost., recante la più stringente prescrizione della riserva di legge, che è assoluta, è parametro che riguarda le sanzioni penali, nonché quelle amministrative di natura sostanzialmente punitiva e non già prestazioni personali e patrimoniali imposte per legge, alle quali fa invece riferimento l'art. 23 Cost. ( Precedenti citati: sentenze n. 223 del 2018 e n. 180 del 2018 ).
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 96, comma 3
Parametri costituzionali
Pronuncia 139/2019Depositata il 06/06/2019
È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale, promossa dal Tribunale di Verona, in riferimento all'art. 23 Cost., dell'art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., nella parte in cui prevede che il giudice possa condannare la parte soccombente, che ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, al pagamento di una somma equitativamente determinata, a favore della controparte. La riserva di legge relativa in materia di prestazioni patrimoniali imposte non è violata, in quanto la somma equitativamente determinata ha sufficiente base legale, avendo il legislatore - che ha esercitato la sua discrezionalità particolarmente ampia nella conformazione degli istituti processuali, facendo affidamento sulla giurisprudenza per la specificazione del precetto legale - assegnato al giudice, nell'esercizio della sua funzione giurisdizionale, il compito di quantificarla. La Cassazione, nell'attività maieutica di formazione del diritto vivente, ha infatti ricavato, in via interpretativa, il criterio per cui l'equità - che, lungi dall'essere criterio di misurazione di una grandezza predata ovvero parametro di giudizio alternativo alle regole di diritto o astreinte processuale, costituisce criterio integrativo di una fattispecie legale consistente in una prestazione patrimoniale imposta in base alla legge - richiama il criterio di proporzionalità secondo le tariffe forensi, e quindi la somma va rapportata alla misura dei compensi liquidabili in relazione al valore della causa. ( Precedenti citati: sentenze n. 102 del 2019 e n. 225 del 2018 ). L'obbligazione prevista dall'art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., che si affianca al regime del risarcimento del danno da lite temeraria, ha natura sanzionatoria dell'abuso del processo, commesso dalla parte soccombente, non disgiunta da una funzione indennitaria a favore della parte vittoriosa, in ragione del fatto che l'attribuzione patrimoniale è riconosciuta in favore della controparte, realizzando un assetto non irragionevole. ( Precedente citato: sentenza n. 152 del 2016 ). La riserva di legge, di carattere relativo, prevista dall'art. 23 Cost. non consente di lasciare la determinazione della prestazione imposta all'arbitrio dell'ente impositore, ma solo di accordargli consistenti margini di regolazione delle fattispecie. La fonte primaria non può quindi limitarsi a prevedere una prescrizione normativa "in bianco", genericamente orientata ad un principio-valore, senza una precisazione, anche non dettagliata, dei contenuti e modi dell'azione amministrativa limitativa della sfera generale di libertà dei cittadini, ma deve stabilire sufficienti criteri direttivi e linee generali di disciplina, idonei a delimitare la discrezionalità dell'ente impositore nell'esercizio del potere attribuitogli, richiedendosi in particolare che la concreta entità della prestazione imposta sia desumibile chiaramente dai pertinenti precetti legislativi. ( Precedenti citati: sentenze n. 174 del 2017, n. 69 del 2017, n. 83 del 2015, n. 33 del 2012, n. 32 del 2012, n. 22 del 2012 e n. 115 del 2011 ).
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 96, comma 3
Parametri costituzionali
Pronuncia 152/2016Depositata il 23/06/2016
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., impugnato, in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Cost., in quanto stabilisce che, in ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'art. 91, il giudice, anche d'ufficio, può condannare il soccombente al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte, anziché dell'Erario. Introducendo tale disposizione, la legge n. 69 del 2009 ha constatato che l'istituto della responsabilità aggravata (regolato nei primi due commi dell'art. 96), pur rappresentando in astratto un serio deterrente nei confronti delle liti temerarie e, quindi, uno strumento efficace di deflazione del contenzioso, nella prassi applicativa risultava scarsamente utilizzato a causa dell'oggettiva difficoltà della parte vittoriosa di provare il danno derivante dall'illecito processuale. La previsione de qua ha natura non tanto risarcitoria del danno cagionato alla controparte dalla proposizione di una lite temeraria, quanto più propriamente sanzionatoria delle condotte di quanti, abusando del diritto di azione e di difesa, si servano dello strumento processuale a fini dilatori, aggravando il volume del contenzioso. Sul piano testuale, ciò è, tra l'altro, confermato dal riferimento al "pagamento di una somma", che segna una netta differenza terminologica rispetto al "risarcimento dei danni" di cui ai precedenti commi del medesimo articolo, e dall'adottabilità della condanna "anche d'ufficio", che la sottrae all'impulso di parte e ne attesta la finalizzazione alla tutela di un interesse trascendente quello della parte stessa e colorato di connotati pubblicistici. La ragionevolezza della soluzione auspicata dal rimettente - secondo cui tale condanna sanzionatoria e officiosa per l'offesa arrecata alla giurisdizione dovrebbe essere disposta a favore dello Stato - non comporta, tuttavia, l'irragionevolezza della diversa soluzione normativa. Infatti, la motivazione che ha indotto il legislatore a porre a favore della controparte la condanna del soccombente é plausibilmente ricollegabile all'obiettivo di assicurare una maggiore effettività ed una più incisiva efficacia deterrente allo strumento deflattivo, sul verosimile presupposto che la parte vittoriosa possa provvedere alla riscossione in tempi e con oneri inferiori a quelli gravanti su un soggetto pubblico. L'istituto così modulato è suscettibile di rispondere anche ad una concorrente finalità indennitaria nei confronti della parte vittoriosa (pregiudicata da un'ingiustificata chiamata in giudizio) nelle non infrequenti ipotesi in cui sia per essa difficile provare, ai fini del risarcimento per lite temeraria, l' an o il quantum del danno subito. La novella del 2009, nell'estendere a tutti i gradi di giudizio lo strumento deflattivo delineato dall'abrogato art. 385, quarto comma, cod. proc. civ. per la sola fase di legittimità, non presenta connotati di irragionevolezza, ma riflette una delle possibili scelte del legislatore, non costituzionalmente vincolato nella sua discrezionalità, nell'individuare il beneficiario di una misura che sanziona un comportamento processuale abusivo e che funga da deterrente al ripetersi di una siffatta condotta. Sui limiti del sindacato di legittimità costituzionale in ordine all'esercizio della discrezionalità legislativa in tema di disciplina di istituti processuali, censurabile solo in casi di manifesta irragionevolezza od arbitrarietà, v., ex plurimis , le citate ordinanze nn. 138/2012 e 141/2011.
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 96, comma 3
Parametri costituzionali
Pronuncia 204/2013Depositata il 18/07/2013
È inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 96, terzo comma, cod. proc. civ., e 133 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia - Testo A), impugnati, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost. ed all'art. 6 della CEDU, nella parte in cui escludono pro quota lo Stato, ove gravato dell'onere del patrocinio gratuito in favore della parte vittoriosa, dal novero dei beneficiari delle somme oggetto di condanna irrogata ai sensi del suddetto art. 96, terzo comma, in ipotesi di responsabilità aggravata. Il giudice rimettente, infatti, ha compiuto una ricostruzione incompleta e imprecisa del quadro normativo di riferimento, con conseguente difetto di rilevanza della questione.
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 96, comma 3
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 133
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 24
- Costituzione-Art. 111
- convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 6
Pronuncia 138/2012Depositata il 31/05/2012
Va dichiarata la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 96, primo comma, del codice di procedura civile, in quanto la questione sollevata presenta una pluralità di soluzioni in ordine al possibile contenuto della richiesta pronuncia additiva, nessuna delle quali costituzionalmente vincolata e la cui scelta è, quindi, rimessa alla discrezionalità del legislatore, nelle specie ancor più ampia vertendosi in tema di disciplina degli istituti processuali, modulabili dal legislatore con il solo limite di un intervento non manifestamente irragionevole o arbitrario.
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 96, comma 1
Parametri costituzionali
Pronuncia 435/2008Depositata il 23/12/2008
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 96, primo comma, cod. proc. civ., censurato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui stabilisce che la condanna per lite temeraria necessita della istanza di parte. Infatti, non sussiste violazione dell'art. 3 Cost., sotto il profilo della diversità di trattamento rispetto alla disciplina delle spese processuali, poiché trattasi di ipotesi ontologicamente differenziate, mentre appare inconferente il richiamo degli artt. 24 e 111 Cost.
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 96, comma 1
Parametri costituzionali
Pronuncia 388/1990Depositata il 31/07/1990
Ogni regime pensionistico ha le proprie peculiarita' e caratteristiche, derivanti dalla specialita' delle norme regolatrici, in relazione all'ente che eroga la prestazione ed al regime contributivo che la determina; tali peculiarita', in caso di contestazione e di controversie sul diritto a pensione si riflettono anche sui giudizi ed in ispecie sui giudici competenti a decidere e sulle norme processuali applicabili.Non possono quindi porsi a confronto, perche' affatto disomogenee, le situazioni delle parti private nei giudizi pensionistici innanzi alla Corte dei conti e quelle delle parti di consimili procedimenti dinanzi al giudice ordinario o a quello amministrativo. (Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 72 r.d. 12 luglio 1934, n.1214 in relazione agli artt. 81, 91, 96, 174 e segg. c.p.c.; 2909 c.c., al r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 e alla legge 6 dicembre 1971, n. 1034).
Norme citate
- legge-Art.
- codice di procedura civile-Art. 96
- codice di procedura civile-Art. 81
- codice di procedura civile-Art. 174 SS.
- regio decreto-Art.
- codice di procedura civile-Art. 91
- codice civile-Art. 2909
- regio decreto-Art. 72
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.