Articolo 300 - CODICE PROCEDURA CIVILE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 276/2009Depositata il 29/10/2009
Non è fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 300, quarto comma, del codice di procedura civile, censurato, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui, richiamando l'art. 292 cod. proc. civ. (che contiene una elencazione di atti ritenuta tassativa dalla giurisprudenza) e non anche l'art. 789 cod. proc. civ., non prevede che la dichiarazione d'interruzione del processo nel caso di morte del contumace possa essere certificata dall'ufficiale giudiziario anche nella relazione di notifica del decreto di fissazione dell'udienza di discussione del progetto di divisione ereditaria. Invero, tra le varie interpretazioni della norma censurata, deve essere prescelta - perché idonea a determinare il superamento dei prospettati dubbi di legittimità costituzionale - quella secondo cui la ratio sottesa alla necessità di notificare personalmente al contumace gli atti previsti dall'art. 292 cod. proc. civ. (che trova fondamento nell'esigenza di rispettare il diritto al contraddittorio e il diritto di difesa) è identificabile anche con riferimento al decreto di cui all'art. 789, secondo comma, cod. proc. civ.. Pertanto, il dettato dell'art. 789, secondo comma, ha funzione integrativa dell'art. 292 cod. proc. civ., sicché nel novero dei casi (tassativi) da questo previsti, richiamati nell'art. 300, quarto comma, cod. proc. civ., rientra anche la comunicazione a tutte le parti del decreto che fissa l'udienza di discussione del progetto di divisione ereditaria. Sulla notificazione al contumace di atti non previsti dall'art. 292 cod.proc.civ., v., citate, sentenze n. 250 del 1986 e n. 317 del 1989, entrambe di illegittimità costituzionale in parte qua . Sulla impossibilità di dichiarare l'illegittimità di una disposizione allorquando della stessa è possibile darne una interpretazione conforme a Costituzione, v., citate, ex plurimis , sentenze n. 165 del 2008 e n. 379 del 2007; ordinanze nn. 341, 268 e 165 del 2008; n. 115 del 2005.
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 300, comma 4
Parametri costituzionali
Pronuncia 91/2006Depositata il 10/03/2006
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 300 del codice di procedura civile, censurato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, «nella parte in cui non prevede che, in caso di morte della parte costituita, la cui conoscenza sia acquisita nel processo indipendentemente dalla dichiarazione dell'evento interruttivo da parte del suo procuratore, il giudice debba disporre l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei suoi eredi». La questione, infatti, risulta proposta sulla base di un presupposto interpretativo errato, in quanto, posto che nel caso in cui il difensore della parte costituita non dichiari l'evento interruttivo il processo resta pendente fra le parti originarie (e, quindi, nei confronti del de cuius ), salva l'efficacia della sentenza contro i successori, determinandosi per la difesa del procuratore la c.d. ultrattività del mandato, non si può comparare l'ipotesi in cui il litisconsorzio manchi, perché il processo è incardinato nei confronti di una parte singola (il de cuius ), con quella che ricorre quando uno fra i coeredi del defunto si costituisca in prosecuzione volontaria (o anche quando il processo venga riassunto nei confronti di uno o di alcuni fra i coeredi), giacché solo in questa seconda situazione, se vi sono più successori, la prosecuzione deve avvenire nei confronti di tutti, mentre se nessuno dei coeredi è ancora in causa non si può configurare una situazione di litisconsorzio necessario e, quindi, non si può porre un problema di integrazione del contraddittorio, che suppone la presenza nel giudizio di almeno uno dei litisconsorzi. > >- Circa gli effetti della mancata dichiarazione dell'evento interruttivo da parte del procuratore, v. la citata sentenza n. 136/1992.
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 300
Parametri costituzionali
Pronuncia 252/2005Depositata il 01/07/2005
E? manifestamente inammissibile, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 300, secondo comma, del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede che il processo è interrotto dal momento della decisione del giudice circa l'esistenza o l'idoneità dell'evento dichiarato, nei casi in cui sorga contestazione al riguardo, anziché - nei medesimi casi - da quello della dichiarazione del procuratore; e dell'art. 305 del medesimo codice, nella parte in cui non prevede che il termine per la riassunzione decorre dalla comunicazione del provvedimento del giudice anziché dalla dichiarazione dell'evento in udienza. Infatti, il dubbio di legittimità costituzionale degli artt. 300, secondo comma, e 305 del codice di procedura civile è prospettato dal rimettente in relazione all'orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità. Tuttavia, nella giurisprudenza di legittimità, sia anteriore sia successiva all'ordinanza di rimessione, si rilevano anche pronunce che si discostano dall'indicato orientamento e che, ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione del processo, conferiscono rilievo al momento della comunicazione alle parti dell'ordinanza del giudice che abbia dichiarato l'interruzione, quando non ne sia stata data lettura in udienza, anziché al momento della dichiarazione in udienza dell'evento interruttivo. Ne deriva che il rimettente, avendo solo la facoltà, non già l'obbligo, di uniformarsi al prevalente orientamento giurisprudenziale, ben poteva interpretare la norma nel senso da lui ritenuto conforme a Costituzione. - V. sentenze n. 91/2004 e n. 233/2003.
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 300, comma 2
- codice di procedura civile-Art. 305
Parametri costituzionali
Pronuncia 349/2003Depositata il 28/11/2003
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 300 del codice di procedura civile, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione in quanto subordina l'interruzione del processo, in caso di fallimento della parte, alla dichiarazione del procuratore di quest'ultima. La disciplina dell'interruzione del processo, infatti, in quanto esclusivamente finalizzata alla tutela della parte colpita dall'evento ? la quale, anche se costituita, potrebbe essere pregiudicata nel suo diritto di azione o di difesa dalla prosecuzione del processo ? logicamente rimette al procuratore di detta parte il potere di decidere se provocare o meno l'interruzione, dovendosi, invece, escludere dalle finalità della norma impugnata quella di tutelare le controparti dal "pregiudizio" della mancata interruzione; la quale ultima, pertanto, non costituisce una lesione del diritto di difesa del contraddittore del fallito che rivesta la qualità di debitore, ma soltanto, eventualmente, un inconveniente di mero fatto, privo, come tale, di rilievo nel giudizio di legittimità costituzionale.
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 300
Parametri costituzionali
Pronuncia 118/2003Depositata il 10/04/2003
Manifesta inammissibilità, per carenza di autonoma motivazione dell?ordinanza di rimessione, della questione di legittimità costituzionale degli articoli 300, secondo comma, e 305 del codice di procedura civile, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione. Nel porre la questione, il giudice rimettente si è, infatti, limitato a richiamare l?eccezione svolta dalla parte attrice del giudizio 'a quo' ritenendola non manifestamente infondata, senza minimamente esprimersi sulle ragioni del proprio dubbio di legittimità costituzionale. ? Sull?obbligo di rendere espliciti i motivi che inducono a dubitare della legittimità costituzionale della norma impugnata, citata, tra le tante, l?ordinanza n. 243/2002.
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 300, comma 2
- codice di procedura civile-Art. 305
Parametri costituzionali
Pronuncia 102/2002Depositata il 10/04/2002
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 300 e 305 del codice di procedura civile, nella parte in cui prevedono l'estinzione del processo in corso per mancata riassunzione nel termine perentorio di sei mesi dall'interruzione, anche nel caso che sia intervenuta l'estinzione di un ente pubblico, parte originariamente costituita; questione sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione, per disparità di trattamento dell'ente pubblico successore rispetto agli altri soggetti di diritto e violazione del diritto alla sua difesa. Vale infatti ad assicurare adeguata tutela ai soggetti privati come a quelli pubblici, l'obbligo - rilevante sia in sede civile che disciplinare -, posto a carico del procuratore della parte già costituita venuta meno o che abbia perso la capacità processuale, di informare dell'evento interruttivo il successore al fine di concordare se e quando dichiarare in giudizio l'evento stesso; mentre difficoltà applicative delle norme sono inidonee di per sé a configurare un 'vulnus' al diritto di difesa e, dunque, un vizio di costituzionalità. - Sulla dichiarazione del procuratore della parte costituita ai fini dell'interruzione del giudizio, v. sentenza n. 136/1992 e ordinanza n. 151/2000 (qui richiamate). - Sulle difficoltà di fatto riferibili alla concreta applicazione delle norme, v. sentenza n. 309/1995 e ordinanze n. 356/1999 e n. 434/1998 (qui richiamate).
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 300
- codice di procedura civile-Art. 305
Parametri costituzionali
Pronuncia 151/2000Depositata il 24/05/2000
E' manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 305 e 300 del codice di procedura civile, censurato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui prevede che, in caso di morte della parte costituita, il termine perentorio di sei mesi per la prosecuzione del processo decorre, per i soggetti destinati a subentrare nel rapporto processuale, dalla data dell'interruzione e non dalla data della loro effettiva conoscenza dell'interruzione medesima. Infatti, il procuratore della parte costituita, alla cui iniziativa e' rimessa la produzione dell'effetto interruttivo, e' tenuto, in dipendenza del mandato conferitogli con la procura "ad litem", ad adempiere le obbligazioni derivanti da tale contratto con la diligenza imposta dall'art. 1710 del codice civile, obbligazioni tra le quali rientra, come attesta la necessaria correlazione tra le norme sostanziali in tema di mandato e quelle processuali, relative alla disciplina dell'interruzione, l'obbligo di rendere noto agli eredi del mandante il verificarsi dell'evento che abbia colpito quest'ultimo e di concordare con essi la eventuale prescritta dichiarazione. Pertanto, non costituisce violazione del diritto di difesa di tali soggetti l'ipotetica incuria del procuratore che abbia omesso di informarli della pendenza del processo e della sua interruzione, in quanto l'obbligo alla osservanza delle norme in esame e' di per se' idoneo a garantire l'invocata tutela. Non e' infine ravvisabile disparita' di trattamento rispetto alle parti non colpite da evento interruttivo, esposte anch'esse al pericolo della consumazione parziale del termine, nell'analoga ipotesi in cui il proprio procuratore abbia loro tardivamente comunicato l'avvenuta interruzione del processo, in violazione degli obblighi di mandato. A.M.M. - v. la sentenza n. 136/1992.
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 305
- codice di procedura civile-Art. 300
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Pronuncia 118/1999Depositata il 02/04/1999
E' manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 300 cod. proc. civ., nella parte in cui subordina l'interruzione del processo, in caso di fallimento di una delle parti, alla dichiarazione (o notificazione) dell'evento ad opera del suo procuratore, in quanto identica questione e' gia' stata dichiarata manifestamente infondata con ord. n. 96/1998. - O. n. 96/1998.
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 300
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Pronuncia 96/1998Depositata il 01/04/1998
Manifesta infondatezza della questione, in quanto il giudice 'a quo' denuncia l'art. 300 cod. proc. civ. -che regola in modo unitario il fenomeno dell'interruzione del processo causata dalla perdita della capacita' processuale - per lesione del diritto delle controparti del soggetto fallito, senza riferire tale lesione all'applicazione della predetta norma, bensi' ad eventualita' estranee ad essa, indicate dal rimettente nel mancato intervento del curatore fallimentare, nella pronunzia di una successiva sentenza favorevole alle controparti e, ancora, nella proposizione - da parte del curatore stesso - di una eccezione di inopponibilita' al fallimento ove detta sentenza venga posta in esecuzione prima che il fallito riacquisti la capacita' patrimoniale. - V. S. n. 136/1992. red.: G. Leo
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 300
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Pronuncia 418/1997Depositata il 17/12/1997
E' manifestamente inammissibile, per intrinseca incertezza della prospettazione, la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 300 e 330 cod. proc. civ., sollevata con riferimento all'art. 24 Cost. - O. n. 222/1995. red.: S. Di Palma
Norme citate
- codice di procedura civile-Art. 300
- codice di procedura civile-Art. 330
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.