Pronuncia 7/2013

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo 569 del codice penale promosso dalla Corte di cassazione nel procedimento penale a carico di C.F. e D.M.C., con ordinanza del 12 giugno 2012, iscritta al n. 181 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 2012. Udito nella camera di consiglio del 5 dicembre 2012 il Giudice relatore Paolo Grossi.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 569 del codice penale, nella parte in cui stabilisce che, in caso di condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di soppressione di stato, previsto dall'articolo 566, secondo comma, del codice penale, consegua di diritto la perdita della potestà genitoriale, così precludendo al giudice ogni possibilità di valutazione dell'interesse del minore nel caso concreto. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 2013. F.to: Alfonso QUARANTA, Presidente Paolo GROSSI, Redattore Gabriella MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 23 gennaio 2013. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella MELATTI

Relatore: Paolo Grossi

Data deposito: Wed Jan 23 2013 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: QUARANTA

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Massime

Reati e pene - Delitto di soppressione di stato - Pena accessoria della perdita della potestà genitoriale - Automatismo legale preclusivo della possibilità di valutazione dell'interesse del minore nel caso concreto da parte del giudice - Violazione del principio di ragionevolezza - Violazione dell'obbligo di osservanza degli impegni internazionali assunti dall'Italia per la protezione dei minori - Illegittimità costituzionale in parte qua .

E' costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 569 cod. pen., nella parte in cui stabilisce che, in caso di condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di soppressione di stato, previsto dall'art. 566, secondo comma, cod. pen., consegua di diritto la perdita della potestà genitoriale, così precludendo al giudice ogni possibilità di valutazione dell'interesse del minore nel caso concreto. Nella fattispecie in questione, la pena accessoria incide su una potestà che coinvolge non soltanto il suo titolare ma anche, necessariamente, il figlio minore, di modo che può ritenersi giustificabile l'interruzione di quella relatio (sul piano giuridico se non naturalistico) solo in quanto essa si giustifichi proprio in funzione degli interessi del minore a vivere e a crescere nell'ambito della propria famiglia, mantenendo un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, dai quali ha diritto di ricevere cura, educazione ed istruzione. Pertanto, non è conforme al principio di ragionevolezza, e contrasta quindi con il dettato dell'art. 3 Cost, il disposto della norma censurata che, ignorando l'interesse del minore, statuisca la decadenza dalla potestà genitoriale sulla base di un mero automatismo, che preclude al giudice ogni possibilità di valutazione e di bilanciamento, nel caso concreto, tra l'interesse stesso e la necessità di applicare comunque la pena accessoria in ragione della natura e delle caratteristiche dell'episodio criminoso. All'irragionevole automatismo legale occorre dunque sostituire - quale soluzione costituzionalmente più congrua - una valutazione concreta del giudice, così da assegnare all'accertamento giurisdizionale sul reato null'altro che il valore di "indice" per misurare la idoneità o meno del genitore ad esercitare le proprie potestà. La violazione del principio di ragionevolezza, che consegue all'automatismo previsto dalla norma censurata, deve essere affermata anche alla luce dei caratteri propri del delitto di cui all'art. 566, secondo comma, cod. pen., perché la natura del reato in questione - non diversamente da quanto affermato dalla sentenza n. 31 del 2012 in relazione al delitto di alterazione di stato previsto dall'art. 567, secondo comma, cod. pen. - non implica un giudizio di necessaria "indegnità" del genitore. L'illegittimità costituzionale deve essere altresì affermata in relazione all'art. 117, primo comma, Cost., ossia sul versante della necessaria conformazione del quadro normativo agli impegni internazionali assunti dal nostro Paese sul versante specifico della protezione dei minori. Vengono qui in rilievo, quali norme interposte rispetto al principio sancito dall'art. 117, primo comma, Cost., una serie di importanti e del tutto univoci strumenti di carattere pattizio, con i quali la disciplina oggetto di impugnativa viene a porsi in evidente ed insanabile contrasto: la Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176 (art. 3); la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, adottata dal Consiglio d'Europa a Strasburgo il 25 gennaio 1996, ratificata e resa esecutiva con legge 20 marzo 2003, n. 77 (art. 6). In tale contesto non sembrano neppure trascurabili le specifiche indicazioni enunciate dalle Linee guida del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa su una "giustizia a misura di minore", adottate il 17 novembre 2010, nella 1098^ riunione dei delegati dei ministri, posto che, fra gli altri importanti principi, il documento espressamente afferma che "Gli Stati membri dovrebbero garantire l'effettiva attuazione del diritto dei minori a che il loro interesse superiore sia al primo posto, davanti ad ogni altra considerazione, in tutte le questioni che li vedono coinvolti o che li riguardano". - Sulla violazione del principio di ragionevolezza nel caso in cui una norma, ignorando l'interesse del minore, statuisca la perdita della potestà sulla base di un mero automatismo, che preclude al giudice ogni possibilità di valutazione e di bilanciamento, nel caso concreto, tra l'interesse stesso e la necessità di applicare comunque la pena accessoria in ragione della natura e delle caratteristiche dell'episodio criminoso, v. la menzionata sent. n. 31 del 2012.

Parametri costituzionali