Pronuncia 272/2017

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Paolo GROSSI; Giudici : Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 263 del codice civile, promosso dalla Corte d'appello di Milano nel procedimento civile vertente tra A.L. C. ed il curatore speciale di L.F. Z., con ordinanza del 25 luglio 2016, iscritta al n. 273 del registro ordinanze del 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 2017. Visti gli atti di costituzione di A.L. C. e del curatore speciale di L.F. Z., nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella udienza pubblica del 21 novembre 2017 il Giudice relatore Giuliano Amato; uditi gli avvocati Grazia Ofelia Cesaro, nella qualità di curatore speciale di L.F. Z., e Francesca Maria Zanasi per A.L. C. e l'avvocato dello Stato Chiarina Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 263 del codice civile, sollevata dalla Corte d'appello di Milano, in riferimento agli artt. 2, 3, 30, 31 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2017. F.to: Paolo GROSSI, Presidente Giuliano AMATO, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 18 dicembre 2017. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Giuliano Amato

Data deposito: Mon Dec 18 2017 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: GROSSI

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Massime

Prospettazione della questione incidentale - Petitum additivo sostanziantesi nella richiesta di valutare la compatibilità costituzionale di un automatismo decisorio - Insussistenza di interferenze con scelte discrezionali rimesse al legislatore - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Non è accolta l'eccezione di inammissibilità - per richiesta di pronuncia additiva implicante scelte discrezionali spettanti al legislatore - della questione di legittimità costituzionale dell'art. 263 cod. civ., nella parte in cui non prevede che l'impugnazione del riconoscimento del figlio minore per difetto di veridicità possa essere accolta solo quando sia rispondente all'interesse dello stesso. Il petitum del rimettente mira a consentire di valutare l'interesse del minore ai fini della decisione sull'impugnazione, evitando un automatismo decisorio, ritenuto irragionevole, che condizionerebbe l'accoglimento della domanda solo all'accertamento della non veridicità del riconoscimento. Il sindacato così devoluto alla Corte costituzionale è dunque limitato alla verifica del fondamento costituzionale di tale automatismo, senza alcuna interferenza sul contenuto di scelte discrezionali rimesse al legislatore.

Thema decidendum - Limitazione della questione alla disciplina censurata dal rimettente - Non riferibilità ad altre norme pertinenti alla fattispecie oggetto del giudizio a quo.

Benché sollevata nel corso di un giudizio avente ad oggetto l'accertamento dell'inesistenza del rapporto di filiazione di un minore nato attraverso surrogazione di maternità realizzata all'estero, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 263 cod. civ. non pone in discussione il divieto assoluto di tale pratica, previsto dall'art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004, né riguarda i limiti alla trascrivibilità in Italia di atti di nascita formati all'estero, bensì ha per oggetto la disciplina dell'azione di impugnazione volta a rimuovere lo stato di figlio, già attribuito al minore per effetto del riconoscimento, in considerazione del suo difetto di veridicità.

Filiazione - Azioni volte alla rimozione dello status filiationis - Bilanciamento tra esigenze di accertamento della verità biologica e genetica dell'individuo e interesse concreto del minore - Necessità alla stregua dell'evoluzione ordinamentale interna e internazionale.

Pur dovendosi riconoscere un accentuato favore dell'ordinamento per la conformità dello status alla realtà della procreazione, l'accertamento della verità biologica e genetica dell'individuo non costituisce un valore di rilevanza costituzionale assoluta, tale da sottrarsi a qualsiasi bilanciamento, né l'attuale quadro normativo e ordinamentale, sia interno che internazionale, impone, nelle azioni volte alla rimozione dello status filiationis, l'assoluta prevalenza di detto accertamento su tutti gli altri interessi coinvolti, risultando invece trasparente la necessità del bilanciamento tra esigenze di accertamento della verità e interesse concreto del minore (incluso quello alla stabilità dello status acquisito) in tutti i casi di possibile divergenza tra identità genetica e identità legale. Vi sono casi nei quali la valutazione comparativa tra l'esigenza di verità della filiazione e l'interesse del minore è fatta direttamente dal legislatore, talvolta privilegiando l'interesse del minore alla conservazione dello status filiationis già acquisito (come accade con il divieto di disconoscimento a seguito di fecondazione eterologa), talaltra imponendo, all'opposto, l'imprescindibile presa d'atto della verità con divieti come quello della maternità surrogata. Ma l'interesse del minore non è per questo cancellato. ( Precedenti citati: sentenze n. 162 del 2014 e n. 347 del 1998 ).

Filiazione - Impugnazione del riconoscimento del figlio per difetto di veridicità - Possibilità di accoglimento solo se rispondente all'interesse del minore - Omessa previsione - Denunciato contrasto con i principi costituzionali e sovranazionali a tutela dei minori, lesione di diritti inviolabili connessi alla conservazione dello status filiationis già acquisito, contrasto con il diritto alla "genitorialità sociale" e con la protezione della famiglia e dell'infanzia, irragionevolezza sotto più profili - Insussistenza della denunciata prevalenza automatica della verità biologica e immanenza dell'interesse del minore nelle azioni demolitorie dello stato di figlio - Necessario bilanciamento di tutti gli interessi in gioco mediante valutazione comparativa da parte del giudice - Non fondatezza della questione.

È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 263 cod. civ. (nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche apportate dall'art. 28 del d.lgs. n. 154 del 2013), censurato dalla Corte d'appello di Milano - in riferimento agli artt. 2, 3, 30, 31 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 8 CEDU - nella parte in cui non prevede che l'impugnazione del riconoscimento del figlio minore per difetto di veridicità possa essere accolta solo quando sia rispondente all'interesse dello stesso. Alla stregua dell'ordinamento sia interno che internazionale, della giurisprudenza costituzionale e di quella di legittimità, va riconosciuta l'immanenza dell'interesse del minore nell'ambito delle azioni volte alla rimozione del suo status filiationis, dovendo quindi escludersi che in esse l'esigenza di verità della filiazione prevalga in modo automatico e impedisca di valutare l'interesse concreto del minore (incluso quello alla stabilità dello status acquisito). Anche quando, come nel caso oggetto del giudizio a quo, la procreazione sia avvenuta mediante surrogazione di maternità realizzata all'estero, non v'è ragione perché il giudice chiamato a pronunciarsi sull'impugnazione del riconoscimento del figlio - fatta salva quella proposta da quest'ultimo - non debba valutare se l'interesse a far valere la verità biologica prevalga sull'interesse del minore; se detta azione sia davvero idonea a realizzarlo; e se l'interesse alla verità abbia anche natura pubblica e imponga di tutelare l'interesse del minore nei limiti consentiti da tale verità. Il bilanciamento dell'esigenza di verità della filiazione con l'interesse del minore, non comportando la cancellazione automatica né dell'una né dell'altro, richiede un giudizio comparativo tra variabili molto più complesse della rigida alternativa vero o falso, dovendo il giudice considerare - oltre alla durata del rapporto con il minore e alla condizione identitaria già da lui acquisita - da un lato, le modalità del concepimento e della gestazione e, d'altro lato, la possibilità, mediante l'adozione in casi particolari, di costituire con il genitore contestato un legame giuridico che garantisca al minore un'adeguata tutela. Di tale valutazione comparativa, nel silenzio della legge, fa necessariamente parte l'elevato disvalore che l'ordinamento italiano riconnette a pratiche vietate dalla legge penale, quale è la surrogazione di maternità, che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane. ( Precedenti citati: sentenze n. 322 del 2011, n. 170 del 1999, n. 112 del 1997, ordinanza n. 7 del 2012, sull'interesse del minore nelle azioni volte alla rimozione del suo status filiationis; sentenze n. 7 del 2013, n. 31 del 2012, n. 283 del 1999, n. 303 del 1996, n. 148 del 1992 e n. 11 del 1981, sulla necessità di considerare il concreto interesse del minore in tutte le decisioni che lo riguardano; sentenza n. 216 del 1997, sulla previgente disciplina dell'azione di disconoscimento della paternità, di cui agli artt. 273 e 274 cod. civ. ). La verità biologica della procreazione costituisce una componente essenziale dell'identità personale, che concorre a definire la complessiva identità del minore insieme ad altri elementi, tra cui anche quello, potenzialmente confliggente, alla conservazione dello status filiationis già acquisito. ( Precedenti citati: sentenza n. 162 del 2014, ivi riconoscimento che "il dato della provenienza genetica non costituisce un imprescindibile requisito della famiglia", sentenze n. 216 del 1997, n. 112 del 1997, n. 170 del 1999 e n. 322 del 2011, ordinanza n. 7 del 2012 ).

Parametri costituzionali