Processo penale - Incompatibilità del giudice - Fondamento costituzionale e condizioni - Impossibilità, per il giudice, di essere investito della medesima res iudicanda su cui si sia espresso in una precedente e distinta fase del procedimento (nel caso di specie: illegittimità costituzionale delle norme del codice di procedura penale nella parte in cui non prevedono che il giudice dell'esecuzione deve essere diverso da quello che ha pronunciato l'ordinanza sulla richiesta di rideterminazione della pena, a seguito di declaratoria di illegittimità costituzionale di una norma incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, annullata con rinvio dalla Corte di cassazione). (Classif. 199028)
Le norme sulla incompatibilità del giudice sono funzionali al principio di imparzialità-terzietà della giurisdizione e ciò ne chiarisce il rilievo costituzionale. Il "giusto processo" comprende infatti l'esigenza di imparzialità del giudice, la quale non è che un aspetto di quel carattere di "terzietà" che connota nell'essenziale tanto la funzione giurisdizionale quanto la posizione del giudice, distinguendola da quella di tutti gli altri soggetti pubblici, e condiziona l'effettività del diritto di azione e di difesa in giudizio. ( Precedente citato: S. 131/1996 - mass. 22334 ). La disciplina sulla incompatibilità del giudice è volta a evitare che la decisione sul merito della causa possa essere o apparire condizionata dalla "forza della prevenzione" - ovvero dalla naturale propensione a confermare una decisione già presa o a mantenere un atteggiamento già assunto - derivante da valutazioni che il giudice abbia precedentemente svolto in ordine alla medesima res iudicanda . ( Precedenti citati: S. 66/2019 - mass. 42113; S. 18/2017 - mass. 39495; S. 183/ 2013 - mass. 37211, mass. 37212; S. 153/2012 - mass. 36413; S. 177/2010 - mass. 34664; S. 224/2001 - mass. 26389; S. 283/2000 - mass. 25513; S. 241/1999 - mass. 24906, mass. 24907 ). Perché possa configurarsi una situazione di incompatibilità del giudice, nel senso della esigenza costituzionale della relativa previsione, è necessario che la valutazione «contenutistica» sulla medesima res iudicanda si collochi in una precedente e distinta fase del procedimento, rispetto a quella della quale il giudice è attualmente investito. È del tutto ragionevole, infatti, che, all'interno di ciascuna delle fasi - intese come sequenze ordinate di atti che possono implicare apprezzamenti incidentali, anche di merito, su quanto in esse risulti, prodromici alla decisione conclusiva - resti, in ogni caso, preservata l'esigenza di continuità e di globalità, venendosi altrimenti a determinare una assurda frammentazione del procedimento, che implicherebbe la necessità di disporre, per la medesima fase del giudizio, di tanti giudici diversi quanti sono gli atti da compiere. ( Precedenti citati: S. 66/2019 - mass. 42113; S. 18/2017 - mass. 39495; S. 153/2012 - mass. 36413; S. 177/1996 - mass. 22450; O. 76/2007 - mass. 31089; S. 123/2004 - mass. 28436; S. 90/2004 - mass. 28398; O. 370/2000; O. 232/1999 - mass. 24782 ). Non è sufficiente per determinare una situazione di incompatibilità del giudice la semplice conoscenza degli atti anteriormente compiuti riguardanti lo svolgimento del processo, ma occorre che il giudice sia stato chiamato a compiere una valutazione non formale, di contenuto di essi, strumentale alla decisione da assumere che riguardi il merito dell'accusa. ( Precedenti citati: S. 177/2010 - mass. 34664; S. 153/2012 - mass. 36413; S. 131/1996 - mass. 22334 ). Ai fini della incompatibilità la locuzione "giudizio" è di per sé tale da comprendere qualsiasi tipo di giudizio, cioè ogni processo che in base ad un esame delle prove pervenga ad una decisione di merito. ( Precedente citato: O. 151/2004 - mass. 28472 ). È un "giudizio" contenutisticamente inteso ogni sequenza procedimentale - anche diversa dal giudizio dibattimentale - la quale, collocandosi in una fase diversa da quella in cui si è svolta l'attività "pregiudicante", implichi una valutazione sul merito dell'accusa, e non determinazioni incidenti sul semplice svolgimento del processo, ancorché adottate sulla base di un apprezzamento delle risultanze processuali. ( Precedente citato: S. 224/2001- mass. 26389 ). (Nel caso di specie, sono dichiarati costituzionalmente illegittimi, per violazione degli artt. 3, primo comma, e 111, secondo comma, Cost., gli artt. 34, comma 1, e 623, comma 1, lett. a , cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono che il giudice dell'esecuzione deve essere diverso da quello che ha pronunciato l'ordinanza sulla richiesta di rideterminazione della pena, a seguito di declaratoria di illegittimità costituzionale di una norma incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, annullata con rinvio dalla Corte di cassazione. La valutazione complessiva del fatto illecito, che compete al giudice dell'esecuzione nell'attività di commisurazione della pena, a seguito di una pronuncia di illegittimità costituzionale - nella specie, la sentenza n. 40 del 2019, sostitutiva del minimo edittale del reato di traffico di stupefacenti - presenta tutte le caratteristiche del "giudizio" delineate dalla giurisprudenza costituzionale ai fini della incompatibilità. In tale evenienza, infatti, il giudice del rinvio, al pari del giudice dell'ordinanza impugnata, è investito della decisione sulla "misura" della responsabilità del condannato ed esercita incisivi poteri di merito, volti alla rivalutazione sanzionatoria del fatto alla stregua degli artt. 132 e 133 cod. pen., per adeguare, anche ai fini dell'art. 27 Cost., la risposta punitiva al diverso disvalore che esso ha assunto). ( Precedente citato: S. 183/ 2013 - mass. 37211, mass. 37212 ).