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Pronuncia 303/1991

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: prof. Ettore GALLO; Giudici: dott. Aldo CORASANITI, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 421, primo (recte secondo) comma, e 422, primo e secondo comma, del codice di procedura penale, promossi con n. 3 ordinanze emesse dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona, iscritte rispettivamente ai nn. 145, 149 e 159 del registro ordinanze 1991 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 22 maggio 1991 il Giudice relatore Mauro Ferri; Ritenuto che nel corso di un'udienza preliminare, nella quale il pubblico ministero aveva chiesto il differimento dell'udienza stessa ad altra data per consentire la citazione di un verbalizzante "a chiarimenti", il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona ha sollevato, con ordinanza del 6 dicembre 1990 (r.o. n. 145/91), questione di legittimità costituzionale: a) dell'art. 421, secondo comma (e non primo comma come, per un evidente errore materiale, è detto nel dispositivo dell'ordinanza), del codice di procedura penale "nella parte relativa a quello che sembra un obbligo per il pubblico ministero di richiedere il rinvio a giudizio, in difetto di coordinamento con il terzo comma della citata norma, stante la disparità di trattamento con la figura del p.m. quale inquadrata dagli artt. 326 e 358 c.p.p.", in riferimento agli artt. 2, 3 e 112 della Costituzione (quest'ultimo sarebbe violato in quanto in tal modo il pubblico ministero verrebbe a perdere la titolarità autentica dell'azione penale, non finalizzata alla condanna del cittadino, bensì tendente all'accertamento della verità materiale); b) dell'art. 422, primo e secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui, da un lato, "non sembra consentire alle stesse parti la prospettazione al giudice della necessità di non dichiarare chiusa la discussione onde consentire l'acquisizione di ulteriori informazioni ai fini della decisione, subordinando detto meccanismo all'esclusivo impulso del giudice", e, dall'altro, "non consente allo stesso p.m. la citazione autonoma, previa richiesta, del singolo verbalizzante della polizia giudiziaria a chiarimenti, in modo autonomo rispetto alla formulazione di prova per testi": il tutto in riferimento agli artt. 2, 3, 97 (per violazione del principio del buon andamento dell'amministrazione della giustizia, non conseguendosi l'intento della deflazione dibattimentale) e 101, secondo comma, della Costituzione; che nel corso di udienze preliminari, nelle quali la difesa degli imputati aveva richiesto prova per testi e consulenza tecnica d'ufficio, nonché di produrre documentazione bancaria, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona ha sollevato, con due ordinanze analoghe del 13 novembre e 14 dicembre 1990 (r.o. nn. 149 e 159 del 1991), questione di legittimità costituzionale dell'art. 422, primo e secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non sembra consentire alle parti di prospettare al giudice per le indagini preliminari temi nuovi o incompleti sui quali si rende necessario acquisire ulteriori informazioni ai fini della decisione, vincolando l'attivazione di tale meccanismo alla propulsione da parte del giudice stesso, e nella parte in cui non comprende nella dizione "consulenti tecnici" la nomina di c.t.u. da parte del giudice: il tutto in violazione degli artt. 2, 3, 24 (per violazione del principio dell'accertamento della verità materiale), 97 (per i motivi indicati sopra sub b) e 101, secondo comma, della Costituzione ("precludendosi al giudice ogni valutazione in astratto sull'ammissibilità e rilevanza dei mezzi di prova ai fini decisori"); che è intervenuto nei giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per l'infondatezza delle questioni; Considerato che i giudizi, concernendo questioni identiche o, comunque, strettamente connesse, vanno riuniti e decisi congiuntamente; che, in ordine alla questione relativa all'art. 421, secondo comma, del codice di procedura penale, il giudice a quo sembra muovere da una interpretazione chiaramente erronea della disciplina concernente la discussione nell'udienza preliminare, in quanto, mentre è perfettamente logico e razionale che il pubblico ministero, nell'esposizione introduttiva, indichi gli elementi a sostegno della propria richiesta di rinvio a giudizio (anche perché la "motivazione" di detta richiesta non è compresa tra i requisiti formali della stessa indicati nell'art. 417 del codice di procedura penale), non è affatto vero, come esattamente osserva l'Avvocatura dello Stato, che lo stesso pubblico ministero sia poi obbligato a concludere, all'esito dell'udienza, per il rinvio a giudizio, ben potendo, invece, a seguito dell'eventuale interrogatorio dell'imputato, degli interventi dei difensori, o, ancor più, dell'eventuale "supplemento istruttorio" di cui all'art. 422 del codice di procedura penale, richiedere al giudice la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere; che, pertanto, la questione, basata su un presupposto erroneo, va dichiarata manifestamente infondata in riferimento a tutti i parametri invocati (artt. 2, 3 - la cui violazione, peraltro, non è sorretta da alcuna motivazione - e 112 della Costituzione); che, quanto alla questione relativa all'art. 422, primo e secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non consente alle parti di prospettare al giudice la necessità di non dichiarare chiusa la discussione allo scopo di consentire l'acquisizione di ulteriori informazioni ai fini della decisione, la stessa è stata già esaminata da questa Corte e dichiarata non fondata con sentenza n. 64 del 1991 e manifestamente infondata con ordinanza n. 252 del 1991, osservandosi, in sintesi, che l'udienza preliminare è stata concepita come un procedimento allo stato degli atti e non come strumento di accertamento della verità materiale, con la coerente conseguenza che spetta al giudice, al solo fine di evitare situazioni di stallo decisorio, individuare i "temi nuovi o incompleti" sui quali promuovere il "supplemento istruttorio", ma fermo restando che sollecitazioni in tal senso ben possono provenire dalle parti nel corso della discussione; che dette argomentazioni valgono ad escludere in radice non solo la violazione dei parametri (artt. 2, 3, 24 e 97 della Costituzione) già esaminati nei giudizi decisi con le anzidette pronunce, ma anche quella (peraltro non motivata) dell'art. 101, secondo comma, della Costituzione; che, quanto, poi, alla ulteriore questione concernente l'art. 422, primo e secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non consente al pubblico ministero "la citazione autonoma, previa richiesta, del singolo verbalizzante della polizia giudiziaria a chiarimenti, in modo autonomo rispetto alla formulazione di prova per testi", e nella parte in cui non comprende nella dizione "consulenti tecnici" la "nomina di c.t.u. da parte del giudice", questa Corte ha già affermato - in relazione specificamente a quest'ultimo profilo, ma con argomentazioni valide anche in ordine al primo (per il quale, peraltro, non si riesce a comprendere in cosa il giudice a quo individui la differenza tra audizione di un soggetto "a chiarimenti" e prova per testi) - che la natura e la funzione dell'udienza preliminare hanno indotto il legislatore delegato a limitare l'eventuale "supplemento istruttorio", con scelta che non può ritenersi irragionevole, soltanto ad alcuni mezzi di prova, con esclusione di altri (ord. n. 252 del 1991); che, pertanto, anche quest'ultima questione va dichiarata manifestamente infondata non soltanto in riferimento ai parametri già invocati nei giudizi decisi con la citata ord. n. 252 del 1991 (artt. 24 e 97 della Costituzione), ma anche agli ulteriori di cui ora si è denunciata la violazione (artt. 2, 3 - la cui lesione peraltro anche in questo caso non risulta sorretta da alcuna motivazione - e 101, secondo comma, della Costituzione); Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi: dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 421, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 112 della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona con ordinanza del 6 dicembre 1990 di cui in epigrafe; dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 422, primo e secondo comma, del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 97 e 101, secondo comma, della Costituzione, dal medesimo giudice con tutte le ordinanze di cui in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 giugno 1991. Il Presidente: GALLO Il redattore: FERRI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 26 giugno 1991. Il direttore della cancelleria: MINELLI

Relatore: Mauro Ferri

Data deposito:

Tipologia: O

Presidente: GALLO

Massime

ORD. 303/91 A. PROCESSO PENALE - UDIENZA PRELIMINARE - RICHIESTA DI RINVIO A GIUDIZIO DEL P.M. - RITENUTA OBBLIGATORIETA' - LAMENTATA DISPARITA' DI TRATTAMENTO RISPETTO AI COMPITI DEL P.M. COME PREVISTI DAGLI ARTT. 326 E 358 C.P.P. - PROSPETTATA PERDITA PER LO STESSO DELLA TITOLARITA' DELL'AZIONE PENALE - INSUSSISTENZA - MANIFESTA INFONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

Manifesta infondatezza, in riferimento a tutti i parametri invocati, trattandosi di questione basata su presupposto erroneo - atteso che, mentre e' perfettamente logico e razionale che il pubblico ministero, nell'esposizione introduttiva, indichi gli elementi a sostegno della propria richiesta di rinvio a giudizio (anche perche' la "motivazione" di detta richiesta non e' compresa tra i requisiti formali della stessa indicati nell'art. 417 del codice di procedura penale), non e' affatto vero (come sembra ritenere il giudice remittente) che lo stesso pubblico ministero sia poi obbligato a concludere, all'esito dell'udienza, per il rinvio a giudizio, ben potendo, invece, a seguito dell'eventuale interrogatorio dell'imputato, degli interventi dei difensori, o, ancor piu', dell'eventuale "supplemento istruttorio" di cui all'art. 422 del codice di procedura penale, richiedere al giudice la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere. (Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 421, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 112 della Costituzione).

ORD. 303/91 B. PROCESSO PENALE - UDIENZA PRELIMINARE - RICHIESTE ISTRUTTORIE DELLE PARTI - AUTONOMIA - OMESSA PREVISIONE - POSSIBILITA' DI PROPORLE SOLO SU IMPULSO DEL G.I.P. - PRETESA VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI DIFESA E DEL PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - QUESTIONE GIA' DECISA - MANIFESTA INFONDATEZZA.

Questione gia' dichiarata non fondata e successivamente manifestamente infondata. - S. n. 64/1991 e O. n. 252/1991.

ORD. 303/91 C. PROCESSO PENALE - UDIENZA PRELIMINARE - CITAZIONE AUTONOMA DA PARTE DEL P.M. PER "AUDIZIONE DEL VERBALIZZANTE" E NOMINA DEL CONSULENTE TECNICO DA PARTE DEL G.I.P. - OMESSA PREVISIONE - PRETESA VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI DIFESA E DEL PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - INSUSSISTENZA - NATURA DI PROCEDIMENTO "ALLO STATO DEGLI ATTI" - MANIFESTA INFONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

La natura e la funzione dell'udienza preliminare (procedimento "allo stato degli atti") hanno indotto il legislatore delegato a limitare l'eventuale "supplemento istruttorio", con scelta che non puo' ritenersi irragionevole, soltanto ad alcuni mezzi di prova, con esclusione di altri. (Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 97 e 101, secondo comma, Cost, dell'art. 422, primo e secondo comma, c.p.p.). - Sulla questione della nomina del C.T.U., l'ord. n. 252/1991 (massima B).