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Pronuncia 305/1993

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA; Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI prof. Fernando SANTOSUOSSO;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 438, 439 e 440 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 10 maggio 1993 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Teramo nel procedimento penale a carico di D'Elpidio Vincenzo, iscritta al n. 254 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 1993; Visto l'atto di costituzione di D'Elpidio Vincenzo; Udito nell'udienza pubblica del 22 giugno 1993 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello; Uditi gli avvocati Guglielmo Marconi ed Antonio Fiorella per D'Elpidio Vincenzo;

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 438, 439 e 440 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24, secondo comma, 25 e 101, secondo comma, della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Teramo con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 1993. Il Presidente: CASAVOLA Il redattore: CAIANIELLO Il cancelliere: FRUSCELLA Depositata in cancelleria il 7 luglio 1993. Il cancelliere: FRUSCELLA

Relatore: Vincenzo Caianello

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: CASAVOLA

Massime

SENT. 305/93 A. PROCESSO PENALE - PROCEDIMENTI SPECIALI - RICHIESTA DI GIUDIZIO ABBREVIATO - DELIMITAZIONE, DEI POTERI DEL G.I.P. IN ORDINE AD ESSA, AGLI ASPETTI FORMALI - COMPRENSIONE NEI PIU' AMPI POTERI SPETTANTI AL RIGUARDO AL GIUDICE DEL DIBATTIMENTO, DELLA FACOLTA' DI DISATTENDERE, IN BASE A DIVERSA QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL FATTO, LA CONTESTAZIONE DI REATO PUNIBILE IN ASTRATTO CON L'ERGASTOLO, PRECLUSIVA DELL'AMMISSIBILITA' DEL GIUDIZIO ABBREVIATO, E DELLA CONNESSA RIDUZIONE DELLA PENA, NELL'UDIENZA PRELIMINARE.

Come la Corte costituzionale, nella sua giurisprudenza, ha chiarito, il codice di procedura penale circoscrive i poteri del giudice dell'udienza preliminare in ordine alla richiesta di giudizio abbreviato solo agli aspetti formali, precisando in particolare che e' suo compito soltanto di verificare la decidibilita' allo stato degli atti e la sussistenza dei presupposti, vale a dire che non si tratti di reato punibile in astratto con l'ergastolo e che vi sia la richiesta dell'imputato e il consenso del pubblico ministero. Tuttavia, essendosi individuata nel dibattimento la sede processuale del controllo di ogni altra determinazione che comporti valutazioni di merito, come appunto la diversa valutazione del fatto contestato, la delimitazione dei poteri del G.I.P. non preclude all'imputato di recuperare, in prosieguo, il beneficio della riduzione di pena connessa al giudizio abbreviato. La valutazione definitiva in ordine ad essa spetta infatti al giudice del dibattimento, e cio' comporta ovviamente anche il potere di controllo su tutti i presupposti che condizionano tale beneficio tra cui quello della punibilita' o meno del fatto con la pena dell'ergastolo.

SENT. 305/93 B. PROCESSO PENALE - PROCEDIMENTI SPECIALI - RICHIESTA DI RITO ABBREVIATO - IMPOSSIBILITA' PER IL G.I.P. DI DISATTENDERE, ANCHE SE GLI APPAIA MANIFESTAMENTE INFONDATA, LA CONTESTAZIONE DA PARTE DEL P.M., DI REATO PUNIBILE IN ASTRATTO CON L'ERGASTOLO (NELLA SPECIE: OMICIDIO AGGRAVATO) CHE ANCHE IN PRESENZA DEGLI ALTRI PRESUPPOSTI RICHIESTI PRECLUDE IN QUELLA SEDE IL RITO ABBREVIATO - ASSERITA VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI DIFESA E DEL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA - ESCLUSIONE - SALVEZZA, ATTRAVERSO IL PREVISTO RECUPERO DIBATTIMENTALE DELLA RICHIESTA DI RITO ABBREVIATO, DEGLI EFFETTI SOSTANZIALI DELLA STESSA - LIMITI ALLE GARANZIE DELLA FACOLTA' DELL'IMPUTATO DI ESAURIRE IL GIUDIZIO NELL'UDIENZA PRELIMINARE - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

Non e' in contrasto con il diritto di difesa e con il principio di eguaglianza la disciplina secondo la quale al giudice dell'udienza preliminare non e' consentito di dare al fatto contestato come reato punibile in astratto con l'ergastolo (nella specie: omicidio aggravato) - che impedisce di dar corso in quella sede al giudizio abbreviato richiesto dall'imputato e quindi al beneficio della riduzione della pena - una diversa qualificazione, neppure quando l'assunto del pubblico ministero gli appaia manifestamente infondato: il previsto recupero dibattimentale della richiesta di giudizio abbreviato ne salva gli effetti sostanziali. Ne' dal punto di vista della legittimita' costituzionale rileva l'impossibilita' per l'imputato - che da tale preclusione anche discende - di avvalersi di alcune strategie processuali e di avvantaggiarsi di alcune limitazioni quanto alla facolta' di appello da parte del pubblico ministero. La possibilita' di esaurire il giudizio nell'udienza preliminare senza affrontare l'udienza pubblica, pur costituendo uno dei motivi su cui fa leva il legislatore, ai fini di deflazione dei dibattimenti, per indurre l'imputato alla richiesta del rito alternativo, non puo' infatti ritenersi connaturata al diritto di difesa, mentre sul piano endoprocessuale, nel quale tale possibilita' esaurisce i suoi effetti, essa puo' essere configurata come pretesa invocabile in quanto prevista per la generalita' degli imputati solo se ricorrano i presupposti cui, in base alla disciplina concreta, il suo accoglimento e' subordinato e, fra questi, la contestazione di un fatto-reato non punibile in astratto con l'ergastolo. (Non fondatezza, in riferimento all'art. 24, secondo comma, e - sotto l'anzidetto profilo - all'art. 3 Cost., della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 438, 439 e 440 cod. proc. pen., 'in parte qua'). - V. massima precedente.

SENT. 305/93 C. PROCESSO PENALE - PROCEDIMENTI SPECIALI - RICHIESTA DI RITO ABBREVIATO - IMPOSSIBILITA' PER IL G.I.P. DI DISATTENDERE, ANCHE SE GLI APPAIA MANIFESTAMENTE INFONDATA, LA CONTESTAZIONE DA PARTE DEL P.M., DI REATO PUNIBILE IN ASTRATTO CON L'ERGASTOLO (NELLA SPECIE: OMICIDIO AGGRAVATO) CHE ANCHE IN PRESENZA DEGLI ALTRI PRESUPPOSTI RICHIESTI PRECLUDE IN QUELLA SEDE IL RITO ABBREVIATO - VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA PER INGIUSTIFICATA DIVERSITA' DI DISCIPLINA RISPETTO AD ALTRE DISPOSIZIONI CHE AD ALTRI FINI (DECLARATORIA DI INCOMPETENZA, PROSCIOGLIMENTO PER CAUSE ESTINTIVE O DI IMPROCEDIBILITA', ORDINE DI FORMULARE L'IMPUTAZIONE) ABILITANO IL G.I.P. A VALUTARE L'ESATTEZZA DELLA CONTESTAZIONE - ESCLUSIONE - INIDONEITA' DI TALI DISPOSIZIONI A VENIRE ASSUNTE COME 'TERTIUM COMPARATIONIS' - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

La preclusione per il G.I.P. a sindacare il titolo del reato contestato dal P.M. all'imputato (nella specie: omicidio aggravato), quando questo comporta in astratto l'applicabilita' della pena dell'ergastolo e quindi l'inammissibilita', in quella sede, del rito abbreviato, anche se ritualmente richiesto dall'imputato, e' in armonia con l'attuale configurazione, a norma del codice, del giudice per le indagini preliminari quale organo preposto, in via ordinaria, alla verifica della regolarita' del procedimento nonche' della sufficienza degli elementi di fatto addotti ai fini della contestazione. Le deroghe a tale configurazione, previste dal legislatore per il raggiungimento di determinate finalita' proprie del processo (art. 22: dichiarazione d'incompetenza; art. 409: ordine di formulare l'imputazione e art. 425: proscioglimento) non sono in se' irragionevoli e comunque non sono idonee ad essere invocate come 'tertium comparationis' per inferire l'illegittimita' costituzionale della norma 'de qua'. (Non fondatezza, in riferimento all'art. 3 Cost., sotto l'anzidetto profilo, della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 438, 439 e 440 del codice di procedura penale, 'in parte qua'). - V., sentt. nn. 46/1983, 769/1988, 286/1990, 283/1992 e 335/1992.

SENT. 305/93 D. GIUDICE NATURALE - CONFIGURAZIONE DEL GIUDICE PRECOSTITUITO PER LEGGE NELLA MATERIA PENALE - PRINCIPI AFFERMATI DALLA CORTE COSTITUZIONALE.

Cosi' come configurato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, il principio della precostituzione del giudice nella materia penale tende ad evitare che l'imputato possa essere sottratto al giudice che sarebbe stato ordinariamente competente in relazione alla fattispecie e in rapporto al momento della commissione del fatto reato, privandolo cosi' delle garanzie di imparzialita' che egli avrebbe dinanzi a detto giudice. - In questo senso, 'ex plurimis', sent. n. 446/1990.

Parametri costituzionali

SENT. 305/93 E. PEOCESSO PENALE - PROCEDIMENTI SPECIALI - RICHIESTA DI RITO ABBREVIATO - SPOSTAMENTO DELLA COMPETENZA A DECIDERE SU DI ESSA DAL G.I.P. AL GIUDICE DEL DIBATTIMENTO IN CASO DI CONTESTAZIONE, SINDACABILE SOLO DAL SECONDO, DI REATO PUNIBILE IN ASTRATTO CON L'ERGASTOLO (NELLA SPECIE: OMICIDIO AGGRAVATO) - ASSERITA VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DEL GIUDICE NATURALE PRECOSTITUITO E DELLA SOGGEZIONE DEI GIUDICI SOLTANTO ALLA LEGGE - ESLUSIONE - FONDAMENTO NORMATIVO DELLA DELIMITAZIONE DELLA COMPETENZA DEL G.I.P. - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

Lo spostamento della competenza a decidere sulla richiesta di giudizio abbreviato, dal G.I.P. al giudice del dibattimento, che si determina in caso di contestazione di reato punibile in astratto con l'ergastolo (nella specie: omicidio aggravato) per essere tale contestazione - che il giudizio abbreviato in definitiva preclude solo se risulti fondata - sindacabile solo dal secondo e non anche dal primo, avviene - anche se in conseguenza di un atto del P.M. - in base a precise norme di legge. E' pertanto da escludere, alla luce della giurisprudenza della Corte sulla loro effettiva portata, che i principi del giudice naturale precostituito per legge e della soggezione dei giudici soltanto alla legge possano riconoscersi violati. L'esigenza costituzionale, infatti, anche se e' proprio di ogni disciplina processuale subordinare la condotta del giudice all'impulso delle parti ed alle posizioni da esse assunte in concreto, puo' dirsi assolta con la previsione del controllo da parte del giudice circa la rispondenza di tali posizioni al dettato normativo. (Non fondatezza, in riferimento agli artt. 25, primo comma, e 101, secondo comma, Cost., della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 438, 439 e 440 cod. proc. pen., 'in parte qua'). - V. massima precedente, nonche', nel senso che la sede dibattimentale offre garanzie non inferiori a quelle dell'udienza preliminare, sent. n. 64/1991, e da ultimo, in tema di giudizio del non imputabile per vizio di mente, sent. n. 41/1993.