Pronuncia 313/1995

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE; Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale: a) dell'art. 342 del codice penale promosso con ordinanze emesse il 9 novembre 1994 dal Pretore di Cremona e il 14 febbraio 1995 dal Pretore di Trieste, rispettivamente iscritte ai nn. 3 e 232 del registro ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 4 e 18, prima serie speciale, dell'anno 1995; b) dell'art. 343 del codice penale promosso con ordinanze emesse il 27 ottobre 1994 dalla Corte di appello di Reggio Calabria, il 1 dicembre 1994 dal Pretore di Potenza e il 30 novembre 1994 dal Pretore di Trieste, rispettivamente iscritte ai nn. 10, 69 e 187 del registro ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 4, 7 e 15, prima serie speciale, dell'anno 1995; Udito nella camera di consiglio del 14 giugno 1995 il Giudice relatore Giuliano Vassalli;

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi, dichiara non fondate: a) la questione di legittimità costituzionale dell'art. 342 del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 27, terzo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, dal Pretore di Cremona e dal Pretore di Trieste con le ordinanze indicate in epigrafe; b) la questione di legittimità costituzionale dell'art. 343 del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 27, terzo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, dalla Corte di appello di Reggio Calabria, dal Pretore di Potenza e dal Pretore di Trieste con le ordinanze indicate in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1995. Il Presidente: BALDASSARRE Il redattore: VASSALLI Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 12 luglio 1995. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA

Relatore: Giuliano Vassalli

Data deposito: Wed Jul 12 1995 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: BALDASSARRE

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Massime

SENT. 313/95 A. REATO IN GENERE - DETERMINAZIONE DEL TRATTAMENTO SANZIONATORIO - DISCREZIONALITA' DEL LEGISLATORE - CARATTERI E LIMITI DEL SUO CORRETTO ESERCIZIO - SINDACATO DI RAGIONEVOLEZZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE - AMBITO DI ESERCIZIO DELLO SCRUTINIO DEL MERITO DELLE SCELTE SANZIONATORIE DEL LEGISLATORE.

Sul piano della ragionevolezza costituzionalmente rilevante, non ogni mutamento del costume o della coscienza collettiva puo' indurre nuove gerarchie di valori idonee a compromettere la ponderazione dei beni coinvolti operata dal legislatore attraverso l'individuazione delle condotte penalmente rilevanti e la determinazione del conseguente trattamento sanzionatorio - perche' in quel caso, al giudizio di valore legislativo, relativo, si sovrapporrebbe un controllo di ragionevolezza, anch'esso relativo, espressione di una funzione "creativa" di sicuro non appartenente alla Corte -: per operare lo scrutinio che direttamente investa il merito delle scelte sanzionatorie del legislatore, occorre che l'opzione normativa contrasti in modo manifesto con il canone della ragionevolezza, appalesandosi in concreto come frutto di un uso distorto della discrezionalita' che attinga una soglia di evidenza tale da atteggiarsi come figura sintomatica di "eccesso di potere", e dunque di sviamento rispetto alle attribuzioni che l'ordinamento assegna alla funzione legislativa. L'apprezzamento della manifesta irragionevolezza della quantita' o qualita' della pena comminata per una fattispecie incriminatrice si salda intimamente alla verifica dell'uso effettivo del potere discrezionale: ove uno o piu' fra i valori coinvolti dalla norma appaiano sviliti al punto da risultare compromessi ad esclusivo vantaggio degli altri, sara' la stessa discrezionalita' a non potersi dire correttamente esercitata, perche' carente di alcuni dei termini sui quali la stessa poteva e doveva fondarsi. red.: A. Greco

Parametri costituzionali

SENT. 313/95 B. OLTRAGGIO O VIOLENZA, RESISTENZA A PUBBLICO UFFICIALE O AUTORITA' - OLTRAGGIO A UN CORPO POLITICO, AMMINISTRATIVO O GIUDIZIARIO - OLTRAGGIO A UN MAGISTRATO IN UDIENZA - ASSERITA INADEGUATEZZA IN ECCESSO DEL MINIMO EDITTALE - LAMENTATA VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI RAGIONEVOLEZZA, DI EGUAGLIANZA, E CONSEGUENTEMENTE DI RIEDUCATIVITA' DELLA PENA - ETEROGENEITA' DELL'OLTRAGGIO A PUBBLICO UFFICIALE RISPETTO ALLE DUE IPOTESI DELITTUOSE 'DE QUIBUS' - CARATTERI DIFFERENZIALI - CONSEGUENTE NON UTILIZZABILITA' DEI PRINCIPI AFFERMATI NELLA SENT. N. 341 DEL 1994 E NON TRASFERIBILITA' DEL RELATIVO 'DECISUM' - NON FONDATEZZA DELLE QUESTIONI.

La struttura delle norme che prevedono l'oltraggio ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario e l'oltraggio a un magistrato in udienza, che si distinguono non poco dalla figura dell'oltraggio a pubblico ufficiale, e le connotazioni fortemente storicizzate che caratterizzano quest'ultima ipotesi delittuosa, impediscono una qualsiasi estensione dei principi enunciati nella sentenza n. 341 del 1994, ed a maggior ragione un automatico trasferimento di quel 'decisum' alle ipotesi previste dagli artt. 342 e 343 c.p.. Nel primo caso e' infatti la specifica qualita' dell'organo e delle attribuzioni espresse che rappresenta la connotazione tipizzante e dunque il valore da tutelare adeguatamente anche sotto il profilo dell'onore e del prestigio, per i riverberi negativi che l'offesa puo' determinare sul corretto e sereno svolgimento delle funzioni che il corpo o collegio e' chiamato ad esercitare; nel secondo caso, il primario risalto che nell'ordinamento assume la natura delle funzioni che il magistrato svolge in udienza ancor piu' renderebbe impropria qualsiasi assimilazione alla figura di "genere" rappresentata dall'oltraggio a qualsiasi pubblico ufficiale. Il rilievo, contenuto nella sent. n. 341 del 1994, che in altri paesi di democrazia matura l'oltraggio a pubblico ufficiale sia punito meno severamente o risulti addirittura ignorato, non puo' ovviamente valere per l'oltraggio ad un magistrato in udienza, atteso che nei paesi di antica tradizione liberale il prestigio degli organi di giustizia e' assicurato da norme assai rigorose. Del pari va esclusa la violazione del principio di rieducativita' della pena, invocato dai giudici 'a quibus' per i medesimi profili dedotti a sostegno dell'asserito contrasto con l'art. 3 Cost.. (Non fondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., degli artt. 342 e 343 c.p.). - v. S. n. 341/1994, richiamata nel testo. red.: A. Greco

SENT. 313/95 C. OLTRAGGIO O VIOLENZA, RESISTENZA A PUBBLICO UFFICIALE O AUTORITA' - OLTRAGGIO A UN CORPO POLITICO AMMINISTRATIVO O GIUDIZIARIO - DIFFICOLTA' DI ACCESSO AI RITI ALTERNATIVI PER LA ASSERITA INADEGUATEZZA PER ECCESSO DEL MINIMO EDITTALE - LAMENTATA VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI DIFESA - NATURA DI MERO FATTO DELA RELAZIONE FRA EDITTO E SCELTE PROCESSUALI - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

Lamentare la violazione dell'art. 24 Cost. sul presupposto che la previsione di un minimo edittale inadeguato per eccesso renderebbe meno agevole l'accesso ai riti alternativi, e' del tutto improprio, sia perche' tra editto e scelte processuali possono intravedersi esclusivamente relazioni di mero fatto, sia perche' si invocano profili del tutto ipotetici ed eventuali, quali la difficolta' "teorica" di riuscire ad ottenere pene pecuniarie sostitutive di pene detentive. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 24 Cost., dell'art. 342 cod. pen.). red.: A. Greco

Parametri costituzionali

SENT. 313/95 D. OLTRAGGIO O VIOLENZA, RESISTENZA A PUBBLICO UFFICIALE O AUTORITA' - OLTRAGGIO A UN CORPO POLITICO, AMMINISTRATIVO O GIUDIZIARIO - OLTRAGGIO A UN MAGISTRATO IN UDIENZA - ASSERITA INADEGUATEZZA IN ECCESSO DEL MINIMO EDITTALE - ASSERITA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO DELLA P.A. PER I RILEVANTI COSTI PROCESSUALI E PER LA MINOR PROPENSIONE AI RITI ALTERNATIVI CHE NE CONSEGUIREBBERO - AMBITO D'APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO ALL'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

Il principio del buon andamento e della imparzialita' dell'amministrazione, alla cui realizzazione l'art. 97, primo comma, Cost. vincola la disciplina dell'organizzazione dei pubblici uffici, pur potendosi riferire anche agli organi dell'amministrazione della giustizia, attiene esclusivamente alle leggi concernenti l'ordinamento degli uffici giudiziari e il loro funzionamento sotto l'aspetto amministrativo, mentre e' del tutto estraneo al tema dell'esercizio della funzione giurisdizionale nel suo complesso e in relazione ai diversi provvedimenti che costituiscono espressione di tale esercizio. (Non fondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 97, primo comma, Cost., degli artt. 342 e 343 c.p.). - Sul circoscritto ambito di applicazione del principio del buon andamento e dell'imparzialita' della p.a. agli organi dell'amministrazione della giustizia, giurisprudenza costante. V. S. nn. 18/1989 e 86/1982; S. n. 376/1993 e O. n. 275/1994. red.: A. Greco

Parametri costituzionali