Pronuncia 78/2002

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Cesare RUPERTO; Giudici: Massimo VARI, Riccardo CHIEPPA, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale: (a) degli artt. 53, primo e secondo comma, 54, terzo comma, e 30-bis del codice di procedura civile; e (b) dell'art. 53, primo e secondo comma, del codice di procedura civile, promossi, rispettivamente, con ordinanza emessa il 6 ottobre 2000 dalla Corte di appello di Perugia e con ordinanza emessa il 12 marzo 2001 dalla Corte di appello di Roma, iscritte al n. 793 del registro ordinanze 2000 ed al n. 519 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, 1ª serie speciale, dell'anno 2000 e n. 27, 1ª serie speciale, dell'anno 2001. Visti gli atti di costituzione di Wilfredo Vitalone; Udito nell'udienza pubblica del 29 gennaio 2002 il giudice relatore Valerio Onida; Udito, per sé medesimo, l'avvocato Wilfredo Vitalone.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi, a) Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 54, terzo comma, del codice di procedura civile (Ordinanza sulla ricusazione), nella parte in cui prevede che l'ordinanza, che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, "condanna" la parte o il difensore che l'ha proposta ad una pena pecuniaria, anziché prevedere che "può condannare" la parte o il difensore medesimi ad una pena pecuniaria; b) Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 53, primo comma, del codice di procedura civile (giudice competente), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24, 104 e 111 della Costituzione, dalla Corte di appello di Perugia con l'ordinanza in epigrafe (reg. ord. n. 793 del 2000); c) Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 53, primo e secondo comma, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 104 della Costituzione e all'articolo 6 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva in Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848, dalla Corte di appello di Roma con l'ordinanza in epigrafe (reg. ord. n. 519 del 2001); d) Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 53, secondo comma, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24, 104 e 111 della Costituzione, dalla Corte di appello di Perugia con l'ordinanza in epigrafe (reg. ord. n. 793 del 2000); e) Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 30-bis del codice di procedura civile (Foro per le cause in cui sono parti magistrati), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 104 della Costituzione e all'art. 6 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, dalla Corte di appello di Perugia con l'ordinanza in epigrafe (reg. ord. n. 793 del 2000). Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1 marzo 2002. Il Presidente: Ruperto Il redattore: Onida Il cancelliere:Di Paola Depositata in cancelleria il 21 marzo 2002. Il direttore della cancelleria:Di Paola

Relatore: Valerio Onida

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: RUPERTO

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Massime

Astensione e ricusazione del giudice - Magistrato del tribunale o della corte d?appello in sede civile - Competenza a decidere del collegio cui appartiene il ricusato - Lamentata lesione del diritto ad un giudizio equo ed imparziale - Possibilità di interpretazione conforme a costituzione - Esclusione dal collegio ai fini della decisione del componente ricusato - Assicurata salvaguardia delle garanzie minime di imparzialità - Non fondatezza della questione.

L'attribuzione della competenza a decidere sulla ricusazione di un giudice del tribunale o della corte d'appello civili al medesimo collegio cui appartiene il ricusato, deve essere intesa, secondo un'interpretazione conforme a Costituzione, come attribuzione ad un collegio di cui continuano a far parte solo i componenti diversi da quello ricusato: in tal modo il legislatore - al quale, solo, è demandata la scelta del sistema più o meno idoneo a garantire l'imparzialità del giudizio - assicura quel "minimo" di garanzie costituzionali che consente di superare le prospettate censure. Non è pertanto fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 53, primo comma, del codice di procedura civile, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 104 e 111 della Costituzione e all'art. 6, primo comma, della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

Parametri costituzionali

Astensione e ricusazione del giudice - Ricusazione di magistrato del tribunale o della corte d?appello in sede civile - Competenza a decidere del collegio cui appartiene il ricusato - Paventata possibilità di ?scambio? tra ricusazioni diverse - Circostanza di mero fatto inidonea a fondare la censura di costituzionalità - Non fondatezza della questione.

La disciplina che attribuisce la competenza a decidere sulla ricusazione di un giudice del tribunale o della corte d'appello civili al medesimo collegio cui appartiene il ricusato, non è censurabile sotto il profilo che i giudici chiamati a decidere sulla ricusazione di un collega si possano trovare a loro volta a vedere decisa da questo stesso collega una ricusazione promossa, in altra occasione, nei propri confronti, poiché si tratta di doglianza che investe circostanze di mero fatto e che non considera la portata eccezionale e non fisiologica dell'istituto e la sua natura di mera verifica incidentale sulla sussistenza delle condizioni di imparzialità. Non è pertanto fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 53, primo e secondo comma, del codice di procedura civile, sollevata in riferimento all'art. 104 della Costituzione e all'art. 6, primo comma, della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 104
  • convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 6

Astensione e ricusazione del giudice - Ricusazione di magistrato del tribunale o della corte d?appello in sede civile - Competenza a decidere del collegio cui appartiene il ricusato - Lamentata violazione dei principî di eguaglianza e ragionevolezza in riferimento alle discipline della ricusazione nel processo penale e nelle cause civili in cui siano parti magistrati - Ammissibilità di scelte diverse per la realizzazione dei principî costituzionali - Non fondatezza della questione.

La disciplina che attribuisce la competenza a decidere sulla ricusazione di un giudice del tribunale o della corte d'appello civili al medesimo collegio cui appartiene il ricusato, non è censurabile sotto il profilo della differenza fra la disciplina censurata e quella riservata dal legislatore alla ricusazione nel processo penale, in cui la decisione, quando sia il ricusato un giudice della corte d'appello, è rimessa ad un'altra sezione della stessa corte. Infatti a diversi processi possono corrispondere, in base a scelte discrezionali del legislatore, discipline differenziate anche degli stessi istituti, purché non siano lesi principi costituzionali, come quello di imparzialità, che debbono reggere tutti i giudizi. Non è pertanto fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 53, primo e secondo comma, del codice di procedura civile, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione e all'art. 6, primo comma, della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. - In tema, cfr. sentenza n. 31/1998 e ordinanze n. 326/1999 e n. 465/2000, nonché sentenza n. 387/1999, sentenza n. 326/1997 e sentenza n. 51/1998 (tutte citate).

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 3
  • convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 6

Astensione e ricusazione del giudice - Ricusazione di magistrato del tribunale o della corte d?appello in sede civile - Lamentata non impugnabilità della ordinanza che decide sulla ricusazione - Dubbio di costituzionalità destinato ad incidere solo nell?eventuale giudizio di impugnazione - Difetto del requisito della rilevanza - Inammissibilità della questione.

È inammissibile, in quanto priva del requisito della rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 53, secondo comma, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 104 e 111 della Costituzione, nella parte in cui il collegio chiamato a decidere sulla ricusazione di un magistrato, decide con ordinanza non impugnabile. Infatti la soluzione del dubbio avanzato non è in alcun modo necessaria ai fini del giudizio 'a quo', ma assumerebbe rilevanza solo nell'eventuale giudizio di impugnazione che venisse promosso. - Cfr. citate sentenza n. 336/1995 e ordinanze n. 13/1990 e n. 337/1994.

Astensione e ricusazione del giudice - Ricusazione di magistrato del tribunale o della corte d?appello in sede civile - Decisione di inammissibilità o rigetto della ricusazione - Automatica condanna della parte o del difensore proponente a pena pecuniaria - Impossibilità di apprezzare le circostanze del caso concreto e di escludere la sanzione - Irragionevole compressione del diritto ad un giudizio imparziale con lesione del principio di eguaglianza - Illegittimità costituzionale 'in parte qua'.

È costituzionalmente illegittimo l'art. 54, terzo comma, del codice di procedura civile, nella parte in cui prevede che l'ordinanza, che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, "condanna" la parte o il difensore che l'ha proposta ad una pena pecuniaria, anziché prevedere che "può condannare" la parte o il difensore medesimi ad una pena pecuniaria. Infatti il rigido automatismo sanzionatorio non derogabile, in base all'apprezzamento delle circostanze del caso concreto, nemmeno nell'ipotesi in cui la ragione della inammissibilità o della infondatezza della ricusazione non fosse percepibile dal ricusante all'atto della presentazione del ricorso, comporta una irragionevole compressione del diritto alla tutela giudiziaria, in contrasto con il principio di eguaglianza. - Cfr. citata sentenza n. 186/2000, che applica la stessa 'ratio decidendi'. - In tema di sanzioni pecuniarie cfr. citata sentenza n. 69/1964.

Astensione e ricusazione del giudice - Ricusazione di giudice della sezione civile della corte d?appello - Mancata devoluzione del giudizio sulla ricusazione a ?sezione diversa? o, in mancanza, a giudice di diverso distretto di corte d?appello - Questione sollevata sul presupposto della applicabilità della norma censurata per effetto dell?accoglimento di altra questione - Presupposto non verificatosi - Palese carenza di rilevanza della censura ulteriore - Inammissibilità della questione.

È inammissibile, per carenza di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 30-bis del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 104 della Costituzione, e all'art. 6, primo comma, della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nella parte in cui prevede che il giudizio incidentale sulla ricusazione di un giudice della sezione civile della corte d'appello venga devoluto alla cognizione di un giudice, ugualmente competente per materia, che ha sede nel capoluogo di un diverso distretto di corte d'appello, determinato ai sensi dell'art. 11 del codice di procedura penale, allorquando nella sede del distretto non vi sia altra "sezione diversa" da quella cui appartiene il magistrato ricusato. Infatti la questione - che concerne, per espressa ammissione del rimettente, una norma non applicabile nel giudizio sulla ricusazione - è stata sollevata nel presupposto implicito, non verificatosi, che fosse accolta la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 53 e 54 del codice di procedura civile.

Parametri costituzionali