Pronuncia 230/2012

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo 673 del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale di Torino nel procedimento di esecuzione nei confronti di D.M. con ordinanza depositata il 21 luglio 2011, iscritta al n. 3 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 2012. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 23 maggio 2012 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 673 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 13, 25, secondo comma, 27, terzo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 ottobre 2012. F.to: Alfonso QUARANTA, Presidente Giuseppe FRIGO, Redattore Gabriella MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 12 ottobre 2012. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella MELATTI

Relatore: Giuseppe Frigo

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: QUARANTA

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Massime

Processo penale - Ipotesi di revoca della sentenza di condanna per abolizione del reato - Mancata inclusione del mutamento giurisprudenziale determinato da una decisione delle Sezioni unite della Corte di cassazione, in base al quale il fatto giudicato non è previsto dalla legge come reato - Eccepita irrilevanza della questione, che configurerebbe una abolitio criminis dipendente da successioni di leggi nel tempo, già rientrante nell'ambito di operatività della disposizione censurata - Reiezione.

In relazione alla questione di legittimità costituzionale relativa all'art. 673 c.p.p. - censurato nella parte in cui non include tra le ipotesi di revoca della sentenza di condanna anche il mutamento giurisprudenziale determinato da una decisione delle Sezioni unite della Corte di cassazione in base al quale il fatto giudicato non è previsto dalla legge come reato - deve essere rigettata l'eccezione di inammissibilità per difetto di rilevanza. Premesso che il rimettente è investito dell'istanza di revoca parziale di una sentenza formulata in base al principio affermato dalle Sezioni unite della Cassazione secondo cui la legge n. 94 del 2009 ha determinato l'abolizione della contravvenzione di omessa esibizione dei documenti con riguardo agli stranieri irregolarmente soggiornanti, e tenuto conto della circostanza che il fatto oggetto della sentenza è stato commesso dopo l'entrata in vigore di detta legge, non è implausibile l'assunto da cui muove il giudice a quo secondo cui la richiesta di revoca si basa sulla successione nel tempo non già di leggi, bensì di diverse interpretazioni giurisprudenziali della stessa norma di legge.

Parametri costituzionali

Processo penale - Ipotesi di revoca della sentenza di condanna per abolizione del reato - Mancata inclusione del mutamento giurisprudenziale determinato da una decisione delle Sezioni unite della Corte di cassazione, in base al quale il fatto giudicato non è previsto dalla legge come reato - Eccepita inammissibilità per l'omessa verifica, da parte del rimettente, che la condotta possa integrare altra fattispecie criminosa - Reiezione.

In relazione alla questione di legittimità costituzionale relativa all'art. 673 c.p.p. - censurato nella parte in cui non include tra le ipotesi di revoca della sentenza di condanna anche il mutamento giurisprudenziale determinato da una decisione delle sezioni unite della Corte di cassazione in base al quale il fatto giudicato non è previsto dalla legge come reato - deve essere rigettata l'eccezione di inammissibilità prospettata in relazione alla mancata verifica da parte del rimettente che la condotta di omessa esibizione dei documenti da parte dello straniero irregolarmente soggiornante nel territorio nazionale integri una diversa e più generale fattispecie penale atteso che la Suprema Corte, a Sezioni unite, ha affermato in termini inequivoci che al riguardo è intervenuta una abolitio criminis .

Parametri costituzionali

Processo penale - Ipotesi di revoca della sentenza di condanna per abolizione del reato - Mancata inclusione del "mutamento giurisprudenziale" determinato da una decisione delle Sezioni unite della Corte di cassazione, in base al quale il fatto giudicato non è previsto dalla legge come reato - Asserita violazione del vincolo di osservanza degli obblighi internazionali, per contrasto con la Cedu - Asserita lesione del principio di eguaglianza e irragionevolezza - Asserita lesione del principio di retroattività della norma penale più favorevole - Insussistenza - Non fondatezza della questione.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 673 c.p.p. censurato nella parte in cui non include tra le ipotesi di revoca della sentenza di condanna anche il mutamento giurisprudenziale determinato da una decisione delle sezioni unite della Corte di cassazione in base al quale il fatto giudicato non è previsto dalla legge come reato, non sussistendo la violazione dell'art. 117, primo comma Cost. per contrasto con l'art. 7 CEDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo atteso che questa, pur affermando che la norma convenzionale sancisce implicitamente il principio di retroattività della lex mitior , non hai mai riferito tale principio ai mutamenti di giurisprudenza ed ha escluso che esso possa operare oltre il limite del giudicato. Inconferente è il richiamo all'art. 5 CEDU come interpretato dalla Corte europea mancando ogni analogia tra il caso da essa esaminato e quello oggetto del giudizio interno, nonché il richiamo all'art. 6 CEDU e alla potenziale lesione del diritto all'equo processo che può conseguire a divergenze profonde e persistenti nella giurisprudenza di una corte suprema circa l'interpretazione di una data norma, riguardando tale ipotesi la diversa fattispecie di contrasti "sincronici" di giurisprudenza, e non quella avuta di mira dal rimettente di contrasti "diacronici" legati alla successione di un orientamento interpretativo ad un altro, a processo concluso. Non sussiste la violazione del principio di uguaglianza e di ragionevolezza non essendo manifestamente irragionevole, in relazione alle esigenze di certezza dei rapporti giuridici esauriti, il mancato riconoscimento all' overruling giurisprudenziale favorevole della capacità di travolgere il principio di intangibilità del giudicato stante l'efficacia non cogente ma solo "persuasiva" delle decisioni delle Sezioni unite e comportando il diverso intervento auspicato dal rimettente una sovversione dei sistema in quanto creerebbe un rapporto di gerarchia tra le Sezioni unite e il giudice dell'esecuzione al di fuori del giudizio del rinvio. Non sussiste la violazione del principio di (tendenziale) retroattività della normativa penale più favorevole il quale, attenendo alla sola successione di leggi, non può essere esteso ai mutamenti giurisprudenziali, essendo questi ultimi privi di vincolatività e sussistendo nel nostro ordinamento i principi di riserva di legge in materia penale e di separazione dei poteri in forza dei quali la abrogazione delle norme penali, al pari della loro creazione, può discendere solo da un atto di volontà del legislatore.

Parametri costituzionali