Pronuncia 178/2015

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Alessandro CRISCUOLO; Giudici : Paolo Maria NAPOLITANO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 9, commi 1, 2-bis, 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122 e dell'art. 16, comma 1, lettere b) e c) del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, promossi dal Tribunale ordinario di Roma con ordinanza del 27 novembre 2013 e dal Tribunale ordinario di Ravenna con ordinanza del 1° marzo 2014, rispettivamente iscritte ai nn. 76 e 125 del registro ordinanze 2014 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 22 e 35, prima serie speciale, dell'anno 2014. Visti gli atti di costituzione di FLP - Federazione lavoratori pubblici e funzioni pubbliche ed altra, di Nardini Graziella ed altri, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e della Federazione GILDA-UNAMS, della CONFEDIR - Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della pubblica amministrazione e della CSE - Confederazione indipendente sindacati europei; udito nell'udienza pubblica del 23 giugno 2015 il Giudice relatore Silvana Sciarra; uditi gli avvocati Tommaso De Grandis per la Federazione GILDA-UNAMS, Sergio Galleano per la CONFEDIR - Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della pubblica amministrazione, Michele Lioi per la CSE - Confederazione indipendente sindacati europei, Michele Lioi, Stefano Viti e Michele Mirenghi per la FLP - Federazione lavoratori pubblici e funzioni pubbliche ed altra, Pasquale Lattari per Nardini Graziella ed altri e l'avvocato dello Stato Vincenzo Rago per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, 1) dichiara l'illegittimità costituzionale sopravvenuta, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione di questa sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nei termini indicati in motivazione, del regime di sospensione della contrattazione collettiva, risultante da: art. 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, come specificato dall'art. 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del d.P.R. 4 settembre 2013, n. 122 (Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell'articolo 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111); art. 1, comma 453, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2014) e art. 1, comma 254, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2015); 2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 1, lettera c), del d.l. n. 98 del 2011, come specificato dall'art. 1, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 122 del 2013, e dall'art. 1, comma 452, della legge n. 147 del 2013, promosse, in riferimento all'art. 36, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, e dal Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, con le ordinanze di rimessione indicate in epigrafe; 3) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9, commi 1 e 17, primo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, e dell'art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, come specificato dall'art. 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, e dall'art. 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013 e dall'art. 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il periodo 2013-2014, sollevate, in riferimento agli artt. 35, primo comma, e 53, primo e secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con l'ordinanza di rimessione indicata in epigrafe; 4) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9, commi 1, 2-bis, 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, del d.l. n. 78 del 2010, e 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, come specificato dall'art. 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, del trattamento accessorio, degli effetti economici delle progressioni di carriera, dall'art. 1, comma 456, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti accessori, dall'art. 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013 e dall'art. 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il periodo 2013-2014, promosse, in riferimento all'art. 35, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, con l'ordinanza di rimessione indicata in epigrafe; 5) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9, commi 1 e 17, primo periodo, del d.l. n. 78 del 2010, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 36, primo comma, e 39, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con l'ordinanza di rimessione indicata in epigrafe; 6) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, come specificato dall'art. 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, dall'art. 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, e dall'art. 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il periodo 2013-2014, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con l'ordinanza di rimessione indicata in epigrafe; 7) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9, commi 1, 2-bis, 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, del d.l. n. 78 del 2010, promosse, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 36, primo comma, 39, primo comma, e 53, primo e secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, con l'ordinanza di rimessione indicata in epigrafe; 8) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, come specificato dall'art. 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, del trattamento accessorio, degli effetti economici delle progressioni di carriera, dall'art. 1, comma 456, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti accessori, dall'art. 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, e dall'art. 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il periodo 2013-2014, promosse, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 36, primo comma, e 53, primo e secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, con l'ordinanza di rimessione indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2015. F.to: Alessandro CRISCUOLO, Presidente Silvana SCIARRA, Redattore Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2015. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella Paola MELATTI Allegato:Ordinanza letta all'udienza del 23 giugno 2015ORDINANZAVisti gli atti relativi al giudizio di legittimità costituzionale introdotto con ordinanza del Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, depositata il 27 novembre 2013 (n. 76 del Registro ordinanze 2014);rilevato che, in tale giudizio, sono intervenute, con atto d'intervento depositato il 6 giugno 2014, la Federazione GILDA-UNAMS e, con atto d'intervento depositato il 10 giugno 2014, la Confederazione indipendente sindacati europei (CSE) e la Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della Pubblica amministrazione (CONFEDIR);che i soggetti sopra indicati non sono stati parti nel giudizio a quo;che la costante giurisprudenza di questa Corte (tra le tante, si vedano le ordinanze allegate alle sentenze n. 37 del 2015, n. 162 del 2014, n. 231 del 2013, n. 272 del 2012 e n. 349 del 2007) è nel senso che la partecipazione al giudizio di legittimità costituzionale è circoscritta, di norma, alle parti del giudizio a quo, oltre che al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale (artt. 3 e 4 delle Norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale);che a tale disciplina è possibile derogare - senza venire in contrasto con il carattere incidentale del giudizio di costituzionalità - soltanto a favore di soggetti terzi, che siano portatori di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura;che, pertanto, l'incidenza sulla posizione soggettiva dell'interveniente non deve derivare, come per tutte le altre situazioni sostanziali disciplinate dalla legge denunciata, dalla pronuncia della Corte sulla legittimità costituzionale della legge stessa, ma dall'immediato effetto che la pronuncia della Corte produce sul rapporto sostanziale dedotto nel giudizio a quo;che, nel giudizio da cui traggono origine le questioni di legittimità costituzionale oggi in discussione, GILDA-UNAMS e CONFEDIR non rivestono la posizione di terzo, legittimato a partecipare al giudizio dinanzi a questa Corte;che, infatti, GILDA-UNAMS e CONFEDIR sarebbero soltanto investite dagli effetti riflessi della pronuncia di questa Corte, al pari degli altri soggetti sindacali che si trovino in posizione analoga a quella degli organismi (Federazione lavoratori pubblici-FLP e Federazione italiana lavoratori pubblici-FIALP), che hanno promosso il giudizio a quo;che, inoltre, si tratta di soggetti sindacali che mancano di qualsiasi collegamento con il rapporto sostanziale dedotto nel giudizio a quo, concernente la stipulazione dei contratti applicati al personale della Presidenza del Consiglio dei ministri e del comparto ministeri e al personale degli enti pubblici non economici;che, difatti, GILDA-UNAMS allega di essere organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa del diverso comparto della scuola e CONFEDIR non ha dimostrato di aver partecipato alle stesse procedure negoziali che hanno coinvolto i sindacati ricorrenti nel giudizio principale (FLP e FIALP), avendo documentato di avere sottoscritto il contratto collettivo nazionale del personale dirigente per i diversi comparti delle Regioni e delle autonomie locali (area II) e del servizio sanitario nazionale;che deve ritenersi, per contro, ammissibile l'intervento di CSE, organizzazione sindacale intercategoriale senza fini di lucro, alla quale aderiscono FLP e FIALP, parti ricorrenti nel giudizio principale;che l'interveniente CSE ha sottoscritto, unitamente a FLP, sindacato ricorrente nel giudizio principale, il contratto nazionale di lavoro relativo al personale della Presidenza del Consiglio dei ministri per il quadriennio 2006-2009 (biennio economico 2006-2007) e il contratto collettivo relativo al medesimo comparto per il biennio economico 2008-2009;che, pertanto, CSE, in quanto organizzazione rappresentativa, ai sensi dell'art. 43 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), e firmataria della contrattazione rilevante nel giudizio a quo, vanta un interesse qualificato, che si differenzia rispetto all'interesse generale della più vasta platea delle organizzazioni sindacali;che si configura, nella specie, un interesse direttamente connesso con la posizione soggettiva dedotta in giudizio da FLP, in considerazione dell'unitarietà della situazione sostanziale dei sindacati ammessi alla medesima procedura di contrattazione collettiva e firmatari del medesimo contratto.per questi motiviLA CORTE COSTITUZIONALE1) dichiara inammissibili gli interventi spiegati da GILDA-UNAMS e CONFEDIR (Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della Pubblica amministrazione) nel giudizio di legittimità costituzionale di cui al numero 76 del Registro ordinanze 2014;2) dichiara ammissibile, nel presente giudizio di costituzionalità, l'intervento di CSE (Confederazione indipendente sindacati europei).F.to: Alessandro Criscuolo, Presidente

Relatore: Silvana Sciarra

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: CRISCUOLO

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Massime

Intervento in giudizio - Atto di intervento della Federazione GILDA-UNAMS e della Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della pubblica amministrazione (CONFEDIR) - Soggetti che non sono parti del giudizio a quo e non sono titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio - Inammissibilità.

Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 9, commi 1, 2- bis , 17, primo periodo e 21, ultimo periodo, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122) e 16, comma 1, lett. b ) e c ), del d.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111), concernenti misure di contenimento della spesa nel settore del pubblico impiego, sono inammissibili gli interventi della Federazione GILDA-UNAMS e della Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della Pubblica Amministrazione (CONFEDIR), in quanto non sono parti del giudizio a quo e non sono titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto dedotto in giudizio. - Sulla necessaria non sovrapponibilità del petitum del giudizio a quo rispetto all'oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, v. la citata sentenza n. 84/2006. - Sulla legittimazione a partecipare al giudizio incidentale di legittimità costituzionale, v., ex plurimis, le citate ordinanze allegate alle sentenze nn. 37/2015, 162/2014, 231/2013, 272/2012 e 349/2007.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 9, comma 1
  • decreto-legge-Art. 9, comma 2
  • decreto-legge-Art. 17 PRIMO PERIODO
  • decreto-legge-Art. 21 ULTIMO PERIODO
  • legge-Art.
  • decreto-legge-Art. 16, comma 1
  • decreto-legge-Art. 16, comma 1
  • legge-Art.

Intervento in giudizio - Atto di intervento della Confederazione indipendente sindacati europei (CSE) - Soggetto che è firmatario, unitamente al sindacato ricorrente nel giudizio principale (FLP), della contrattazione rilevante nel giudizio a quo ed è pertanto titolare di un interesse qualificato - Ammissibilità.

Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 9, commi 1, 2- bis , 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122) e 16, comma 1, lett. b ) e c ), del d.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111), concernenti misure di contenimento della spesa nel settore del pubblico impiego, è ammissibile l'intervento della Confederazione indipendente sindacati europei (CSE), in quanto è soggetto firmatario, unitamente al sindacato ricorrente nel giudizio principale (FLP), della contrattazione rilevante nel giudizio a quo ed è, pertanto, titolare di un interesse qualificato. - Sulla necessaria non sovrapponibilità del petitum del giudizio a quo rispetto all'oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, v. la citata sentenza n. 84/2006. - Sulla legittimazione a partecipare al giudizio incidentale di legittimità costituzionale, v., ex plurimis, le citate ordinanze allegate alle sentenze nn. 37/2015, 162/2014, 231/2013, 272/2012 e 349/2007.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 9, comma 1
  • decreto-legge-Art. 9, comma 2
  • decreto-legge-Art. 17 PRIMO PERIODO
  • decreto-legge-Art. 21 ULTIMO PERIODO
  • legge-Art. 1, comma 1
  • decreto-legge-Art. 16, comma 1
  • decreto-legge-Art. 16, comma 1
  • legge-Art. 1, comma 1

Impiego pubblico - Misure di contenimento della spesa - Disciplina delle modalità di calcolo relative all'erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale per gli anni 2015-2017 - Difetto di motivazione in ordine alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza - Inammissibilità delle questioni.

Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 36, primo comma, Cost., dell'art. 16, comma 1, lett. c ), del d.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111), che disciplina le modalità di calcolo relative all'erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale per il pubblico impiego per gli anni 2015-2017. I giudici rimettenti non spiegano per quale ragione sia rilevante ratione temporis , alla luce delle domande proposte dalle parti sindacali e dai lavoratori, una normativa che riguarda specificatamente il suddetto triennio né enunciano le ragioni del contrasto della normativa con il canone della proporzionalità della retribuzione. - Sulla necessaria non sovrapponibilità del petitum del giudizio a quo rispetto all'oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, v. la citata sentenza n. 84/2006. - Per l'affermazione che la conformità ai requisiti di proporzionalità e sufficienza indicati dall'art. 36, primo comma, Cost. deve essere valutata in relazione alla retribuzione nel suo complesso, non già alle singole componenti di essa, v., ex plurimis , le citate sentenze nn. 366/2006 e 164/1994.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 16, comma 1
  • legge-Art.

Parametri costituzionali

Impiego pubblico - Misure di contenimento della spesa - Limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti - Sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il periodo 2013-2014 - Difetto di motivazione in ordine alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza - Inammissibilità delle questioni.

Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9, commi 1 e 17, primo periodo, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122) e 16, comma 1, lett. b ), del d.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111), che prevedono la limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti pubblici e la sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il periodo 2013-2014. Con riguardo alla dedotta violazione dell'art. 35, primo comma, Cost., le ordinanze di rimessione non offrono, a sostegno dei dubbi di costituzionalità, argomentazioni autonome, che valgano ad affrancare il richiamo al precetto costituzionale dalla sua funzione ancillare rispetto alle censure fondate sugli artt. 36, primo comma, e 39, primo comma Cost. Inoltre, con riguardo alla dedotta violazione dell'art. 53 Cost., una delle due ordinanze di rimessione è parca di riferimenti circostanziati e si limita a menzionare nel dispositivo il parametro, omettendo di fornire un'argomentazione esaustiva sulle ragioni del contrasto con le norme invocate. - Sulla necessaria non sovrapponibilità del petitum del giudizio a quo rispetto all'oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, v. la citata sentenza n. 84/2006.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 9, comma 1
  • legge-Art.
  • decreto-legge-Art. 16, comma 1
  • legge-Art.
  • decreto-legge-Art. 9 PRIMO PERIODO, comma 17

Impiego pubblico - Misure di contenimento della spesa - Preclusione di ogni incremento dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti per gli anni 2011, 2012, 2013, di ogni efficacia economica delle progressioni di carriera, nonché di ogni incremento dell'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale - Sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per il triennio 2010-2012 - Misure asseritamente tributarie lesive dei principi di progressività dell'imposizione, della capacità contributiva e del generale dovere di solidarietà - Asserita ingiustificata disparità di trattamento tra il lavoro pubblico e il lavoro privato - Insussistenza - Erroneo presupposto interpretativo - Eterogeneità dei termini posti a raffronto - Non fondatezza delle questioni.

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, e 53 Cost., degli artt. 9, commi 1, 2- bis , 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122) e 16, comma 1, lett. b ) e c ), del d.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111), che prevedono la preclusione di ogni incremento dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti pubblici per gli anni 2011, 2012, 2013, di ogni efficacia economica delle progressioni di carriera, e di ogni incremento dell'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio, nonché la sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per il triennio 2010-2012. Le censure muovono dall'erroneo presupposto interpretativo che il meccanismo di "blocco" si sostanzi di un tributo. Tuttavia, le caratteristiche delle misure impugnate, che si traducono in un mero risparmio di spesa e non si atteggiano come decurtazione definitiva del patrimonio del soggetto passivo e come atto autoritativo di carattere ablatorio, diretto a reperire risorse per l'erario, divergono dagli elementi distintivi del prelievo tributario. Tali elementi si identificano, per un verso, nella presenza di una disciplina legale, finalizzata in via prevalente a provocare una decurtazione patrimoniale del soggetto passivo, svincolata da ogni modificazione del rapporto sinallagmatico e, per altro verso, nella sussistenza dell'elemento teleologico. In particolare, le risorse derivanti dal prelievo e connesse a un presupposto economicamente rilevante, idoneo a porsi come indice della capacità contributiva, devono essere destinate a sovvenire le pubbliche spese. La disciplina impugnata persegue, invece, l'obiettivo di un risparmio di spesa, che opera con riguardo a tutto il comparto del pubblico impiego, in una dimensione solidaristica, sia pure con le differenziazioni rese necessarie dai diversi statuti professionali delle categorie che vi appartengono. I giudici rimettenti non tengono conto della diversità degli statuti professionali delle categorie appartenenti al lavoro pubblico e comparano fattispecie dissimili, che non possono fungere da utile termine di raffronto, quali il lavoro pubblico contrattualizzato e il lavoro pubblico estraneo alla regolamentazione contrattuale, che, a sua volta, si articola in settori caratterizzati da irriducibili specificità (forze armate, personale della magistratura). Si valorizza, in tal modo, una funzione solidaristica delle misure adottate, strettamente collegata all'eccezionalità della situazione economica generale, in piena armonia con il dettato dell'art. 2 Cost. - Sulla necessaria non sovrapponibilità del petitum del giudizio a quo rispetto all'oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, v. la citata sentenza n. 84/2006. - Sulle caratteristiche distintive del prelievo tributario, v., ex plurimis , le citate sentenze nn. 70/2015 e 310/2013. - Per la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto la disciplina in esame, v. la citata sentenza n. 310/2013. - Sulle differenze tra lavoro pubblico e lavoro privato, v. le citate sentenze nn. 120/2012 e 146/2008.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 9, comma 1
  • decreto-legge-Art. 9, comma 2
  • decreto-legge-Art. 17 PRIMO PERIODO
  • decreto-legge-Art. 21 ULTIMO PERIODO
  • legge-Art.
  • decreto-legge-Art. 16, comma 1
  • decreto-legge-Art. 16, comma 1
  • legge-Art.

Impiego pubblico - Misure di contenimento della spesa - Preclusione di ogni incremento dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti per gli anni 2011, 2012, 2013, di ogni efficacia economica delle progressioni di carriera, nonché di ogni incremento dell'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale - Sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per il triennio 2010-2012 - Asserita violazione del diritto alla retribuzione commisurata al lavoro svolto - Asserita violazione del diritto di accedere alla contrattazione collettiva - Insussistenza - Ragionevolezza delle misure in considerazione della particolare gravità della situazione economica e finanziaria - Disegno organico improntato a una dimensione programmatica, scandita su un periodo triennale, rispondente all'esigenza di governare una voce rilevante della spesa pubblica, che aveva registrato una crescita incontrollata, sopravanzando l'incremento delle retribuzioni del settore privato - Non fondatezza delle questioni.

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 36, primo comma, e 39, primo comma, Cost., degli artt. 9, commi 1, 2- bis , 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122), che prevedono la preclusione di ogni incremento dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti pubblici per gli anni 2011, 2012, 2013, di ogni efficacia economica delle progressioni di carriera e di ogni incremento dell'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio, nonché la sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per il triennio 2010-2012. La natura pluriennale delle tornate contrattuali è speculare alla natura parimenti pluriennale delle manovre di bilancio e palesa la spiccata dimensione programmatica della contrattazione collettiva, sia per la parte normativa che per quella economica. Spetta alla legge di stabilità indicare, per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, l'importo complessivo massimo destinato al rinnovo dei contratti del pubblico impiego (art. 11, comma 3, lett. g ), della legge n. 196 del 2009). La ragionevolezza delle misure censurate di carattere generale discende, oltre che dalla particolare gravità della situazione economica e finanziaria, concomitante con l'intervento normativo, discende dal loro inserimento in un disegno organico improntato a una dimensione programmatica, scandita secondo un periodo triennale, e rispondente ad un'esigenza di governare una voce rilevante della spesa pubblica, che aveva registrato una crescita incontrollata, sopravanzando l'incremento delle retribuzioni del settore privato. Pertanto, il sacrificio del diritto alla retribuzione commisurata al lavoro svolto e del diritto di accedere alla contrattazione collettiva non è né irragionevole né sproporzionato. - Sulla necessaria non sovrapponibilità del petitum del giudizio a quo rispetto all'oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, v. la citata sentenza n. 84/2006. - Per il rigetto di questioni aventi ad oggetto le misure di contenimento della spesa del pubblico impiego previste dall'art. 7, comma 3, del d.l. n. 384 del 1992, v. la citata sentenza n. 245/1997 e la citata ordinanza n. 299/1999. - Sulla legittimità di vincoli legati all'autonomia collettiva, v. la citata sentenza n. 124/1991. - Per l'affermazione che l'interesse collettivo al contenimento della spesa pubblica deve essere adeguatamente ponderato in un contesto di progressivo deterioramento degli equilibri della finanza pubblica, v. la citata sentenza n. 361/1996. - Sull'assetto normativo delineato dall'art. 9 del d.l. n. 78 del 2010, v. le citate sentenze nn. 219/2014 e 310/2013. - Sulla sospensione della contrattazione collettiva nel triennio 2010-2012, v. la citata sentenza n. 189/2012.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 9, comma 1
  • decreto-legge-Art. 9, comma 2
  • decreto-legge-Art. 17 PRIMO PERIODO
  • decreto-legge-Art. 21 ULTIMO PERIODO
  • legge-Art.

Impiego pubblico - Misure di contenimento della spesa - Estensione fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni mirate a bloccare l'incremento dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti e dell'ammontare complessivo delle risorse destinate ai trattamenti accessori e gli effetti economici delle progressioni di carriera - Asserita violazione del principio della proporzionalità della retribuzione al lavoro prestato - Asserita violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione - Insussistenza - Mancanza da parte dei rimettenti di una valutazione complessiva delle voci che compongono il trattamento del lavoratore in un arco temporale di significativa ampiezza - Argomenti insufficienti a dimostrare l'irragionevole sacrificio del principio di proporzionalità della retribuzione - Non fondatezza della questione.

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 36, primo comma, Cost., dell'art. 16, comma 1, lett. b ), del d.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111), che prevede (per il tramite di una normativa regolamentare recuperata al rango primario dalla legge n. 190 del 2014) l'estensione fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni mirate a bloccare l'incremento dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti pubblici e dell'ammontare complessivo delle risorse destinate ai trattamenti accessori, nonchè gli effetti economici delle progressioni di carriera. L'emergenza economica, pur potendo giustificare la stasi della contrattazione collettiva, non può avvalorare un irragionevole protrarsi del "blocco" delle retribuzioni, in quanto si finirebbe, in tal modo, per oscurare il criterio di proporzionalità della retribuzione, riferito alla quantità e alla qualità del lavoro svolto. Tale criterio è strettamente correlato anche alla valorizzazione del merito, affidata alla contrattazione collettiva, ed è destinato a proiettarsi positivamente nell'orbita del buon andamento della pubblica amministrazione. Tuttavia, il giudizio sulla conformità all'art. 36 Cost. non può essere svolto in relazione a singoli istituti né limitatamente a periodi brevi, in quanto si deve valutare l'insieme delle voci che compongono il trattamento complessivo del lavoratore in un arco temporale di una qualche significativa ampiezza, alla luce del canone della onnicomprensività. Le disposizioni censurate hanno cessato di operare a decorrere dal 1° gennaio 2015. La legge di stabilità per il 2015 non ne ha prorogato l'efficacia, in quanto ha dettato disposizioni che riguardano unicamente l'estensione fino al 31 dicembre 2015 del "blocco" della contrattazione economica (art. 1, comma 254, della legge n. 190 del 2014) ed escludono gli incrementi dell'indennità di vacanza contrattuale (comma 255). Emerge, dunque, con chiarezza l'orizzonte delimitato entro cui si allocano le misure restrittive in esame. Tra i fattori rilevanti, da valutare in un arco temporale più ampio, si deve annoverare, in secondo luogo, la pregressa dinamica delle retribuzioni nel lavoro pubblico, che, attestandosi su valori più elevati di quelli riscontrati in altri settori, ha poi richiesto misure di contenimento della spesa pubblica. Alla stregua della valutazione necessariamente proiettata su un periodo più ampio e del carattere non decisivo degli elementi addotti a fondamento delle censure, non risulta dimostrato l'irragionevole sacrificio del principio di proporzionalità della retribuzione da parte di una normativa destinata ad applicarsi, nella sua valenza generale ed astratta, ad una vasta platea di dipendenti del settore pubblico. - Sulla necessaria non sovrapponibilità del petitum del giudizio a quo rispetto all'oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, v. la citata sentenza n. 84/2006. - Sulla sindacabilità dei regolamenti in sede di giudizio di costituzionalità delle leggi, v. la citata sentenza n. 1104/1988. - Sul nesso inscindibile tra diverse disposizioni concernenti misure di contenimento della spesa pubblica, v. le citate sentenze nn. 310/2013 e 186/2013. - Sul giudizio sulla conformità al parametro di cui all'art. 36 Cost., v. la citata sentenza n. 154/2014. - Per l'affermazione che il verificarsi di un macroscopico ed irragionevole scostamento al livello retributivo previsto è indice sintomatico della non idoneità del meccanismo prescelto a preservare la sufficienza dei trattamenti volti ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia, mezzi adeguati alle esigenze di vita, per una esistenza libera e dignitosa, v. la citata sentenza n. 126/2000.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 16, comma 1
  • legge-Art.

Parametri costituzionali

Impiego pubblico - Misure di contenimento della spesa - Regime di prolungata sospensione della contrattazione collettiva, imposto dal legislatore per il periodo 2010-2014 attraverso norme susseguitesi senza soluzione di continuità e accomunate da analoga direzione finalistica - Misure di "blocco" strutturale che trascendono i limiti della transitorietà e dell'eccezionalità tracciati dalla giurisprudenza costituzionale - Violazione della libertà sindacale - Illegittimità costituzionale sopravvenuta, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e nei termini indicati in motivazione.

È costituzionalmente illegittimo, nei termini indicati in motivazione e a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, il regime di sospensione della contrattazione collettiva nel pubblico impiego per il periodo 2010-2014, risultante dagli artt. 16, comma 1, lettera b ), del d.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111), come specificato dall'art. 1, comma 1, lettera c ), primo periodo, del d.P.R. 4 settembre 2013, n. 122; 1, comma 453, della legge 27 dicembre 2013, n. 147; 1, comma 254, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Le norme impugnate dai giudici rimettenti e le norme sopravvenute della legge di stabilità per il 2015, susseguitesi senza soluzione di continuità e accomunate da analoga direzione finalistica, violano la libertà sindacale garantita dall'art. 39, primo comma, Cost. La predetta scansione temporale preclude considerazione atomistica della sospensione della contrattazione economica per il periodo 2013-2014, avulsa dalla successiva proroga. Il "blocco", quindi, così come emerge da tutte le disposizioni che ne definiscono la durata complessiva, deve essere colto in una prospettiva unitaria. L'estensione fino al 2015 delle misure che inibiscono la contrattazione economica e che, già per il 2013-2014, erano state definite eccezionali, svela la vocazione strutturale del regime di proroghe, di per sé lesivo della libertà sindacale. Il reiterato protrarsi del blocco delle procedure di contrattazione economica altera la dinamica negoziale in un settore nel quale il contratto collettivo svolge un ruolo centrale, ponendosi, per un verso, come strumento di garanzia della parità di trattamento dei lavoratori, e, per altro verso, come fattore propulsivo della produttività e del merito. Se i periodi di sospensione delle procedure "negoziali e contrattuali" non possono essere ancorati al rigido termine di un anno, individuato dalla giurisprudenza costituzionale in relazione a misure diverse e a un diverso contesto di emergenza, è parimenti innegabile che essi debbano essere comunque definiti e non possano essere protratti ad libitum . Il carattere ormai sistematico di tale sospensione sconfina, dunque, in un bilanciamento irragionevole tra libertà sindacale - indissolubilmente connessa con altri valori di rilievo costituzionale e già vincolata da limiti normativi e da controlli contabili penetranti (artt. 47 e 48 del d.lgs. n. 165 del 2001) - ed esigenze di razionale distribuzione delle risorse e controllo della spesa, all'interno di una coerente programmazione finanziaria. L'affiorare della natura strutturale della sospensione della contrattazione ha reso non più tollerabile il sacrificio del diritto fondamentale tutelato dall'art. 39 Cost. e ha determinato la sopravvenuta illegittimità costituzionale della normativa de qua. Rimossi in tal modo i limiti che si frappongono allo svolgimento delle procedure riguardanti la parte economica, sarà compito del legislatore, senza obbligo di risultato, dare nuovo impulso all'ordinaria dialettica contrattuale, nel rispetto dei vincoli di spesa. Per il periodo già trascorso restano impregiudicati gli effetti economici derivanti dalla disciplina censurata. - Sulla necessaria non sovrapponibilità del petitum del giudizio a quo rispetto all'oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, v. la citata sentenza n. 84/2006. - Sulla liberta sindacale nella sua duplice valenza individuale e collettiva, v., ex plurimis , le citate sentenze nn. 697/1988 e 34/1985. - Sul ruolo del contratto collettivo nel settore del pubblico impiego, v. la citata sentenza n. 309/1997. - Sulle misure di blocco stipendiale nel pubblico impiego, v. la citata sentenza n. 245/1997 e la citata ordinanza n. 299/1999.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 16, comma 1
  • legge-Art. COME SPECIFICATO DAL
  • legge-Art. 1, comma 453
  • legge-Art. 1, comma 254

Parametri costituzionali