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Pronuncia 7/1975

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Presidente - Avv. GIOVANNI BATTTSTA BENEDETTI - Dott. LUIGI OGGIONI - Avv. ANGELO DE MARCO - Avv. ERCOLE ROCCHETTI - Prof. ENZO CAPALOZZA - Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - Prof. VEZIO CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE - Prof. PAOLO ROSSI - Avv. LEONETTO AMADEI - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Dott. MICHELE ROSSANO, Giudici,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 290 e 313 del codice penale, promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 5 maggio 1973 dal giudice istruttore del tribunale di Taranto nel procedimento penale a carico di Palatrasio Ernesto ed altro, iscritta al n. 264 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 205 dell'8 agosto 1973; 2) ordinanza emessa il 13 marzo 1973 dalla Corte di assise di Roma nel procedimento penale a carico di Grimaldi Fulvio, iscritta al n. 430 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15 del 16 gennaio 1974; 3) ordinanza emessa il 13 dicembre 1973 dal giudice istruttore del tribunale di Marsala nel procedimento penale a carico di Nicosia Angelo, iscritta al n. 35 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 69 del 13 marzo 1974; 4) ordinanza emessa il 27 aprile 1973 dalla Corte di assise di Roma nel procedimento penale a carico di Grimaldi Fulvio, iscritta al n. 99 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 119 dell'8 maggio 1974. Udito nella camera di consiglio del 7 novembre 1974 il Giudice relatore Vezio Crisafulli. Considerato in fatto e in diritto: 1. - Nel corso di un procedimento penale a carico di Palatrasio Ernesto ed altro, il giudice istruttore presso il tribunale di Taranto ha sollevato, con ordinanza emessa il 5 maggio 1973, in riferimento agli artt. 21 e 25, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 290 del codice penale ed in riferimento agli artt. 3,25, commi primo e secondo, 112 e 95, comma primo, della Costituzione altra questione relativamente all'art. 313 dello stesso codice penale. Altre due questioni di legittimità costituzionale dell'art. 313, comma terzo, cod. pen., nella parte in cui detta norma prevede che l'autorizzazione a procedere per il delitto di vilipendio della magistratura sia concessa dal Ministro per la grazia e giustizia sono state promosse dalla Corte di assise di Roma con due ordinanze emesse rispettivamente il 13 marzo ed il 27 aprile 1973, nel corso di altrettanti procedimenti penali a carico entrambi di Grimaldi Fulvio, con riferimento alle disposizioni contenute nel titolo IV, sezione della parte seconda della Costituzione e particolarmente all'art. 104. Infine, una quarta ordinanza, emessa il 13 dicembre 1973 dal giudice istruttore presso il tribunale di Marsala, nel corso di un procedimento penale a carico di Nicosia Angelo, ha proposto in riferimento agli artt. 3, 1O4, 105, 106, 107 e 108 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'articolo 313, terzo comma, cod. pen., nella parte in cui attribuisce al Ministro per la giustizia, anziché al Consiglio superiore della magistratura, la competenza a concedere o negare l'autorizzazione a procedere per il delitto di vilipendio dell'ordine giudiziario. I giudizi, vertendo su analoghe questioni, vanno riuniti e possono essere congiuntamente decisi. 2. - Le questioni concernenti l'art. 290 cod. pen., prospettate sotto il profilo della violazione della libertà di manifestazione del pensiero e del principio di tassatività delle fattispecie penali, sono state già dichiarate non fondate con la sentenza n. 20 del 1974 e manifestamente infondate con le ordinanze n. 180 e n. 183 del 1974. Anche le questioni relative all'art. 313 cod. pen., genericamente e specificamente sollevate in riferimento al principio di eguaglianza, sono state dichiarate non fondate con le sentenze n. 22 del 1959 e n. 142 del 1973 e manifestamente infondate con le ordinanze n. 39 e n. 136 del 1974; mentre quelle dedotte in riferimento ai principi di riserva di giurisdizione, di legalità della pena e di officialità dell'azione penale sono state dichiarate non fondate con la sentenza n. 22 del 1959, successivamente ribadita dalle ordinanze di manifesta infondatezza n. 39, n. 71 e n. 136 del 1974, pur se l'art. 25, secondo comma, Cost. non risulta in tali decisioni formalmente menzionato. A loro volta, le ulteriori censure per violazione degli articoli da 101 a 101 sono state dichiarate non fondate con la sentenza n. 142 del 1973 e manifestamente infondate con la sentenza n. 20 del 1974 e con le ordinanze n. 5, n. 39 e n. 136 del 1974. Ciò rammentato, poiché non vengono ora addotti argomenti che possano indurre a discostarsi dalle precedenti decisioni, le anzidette questioni, sotto i vari profili testé precisati, devono essere dichiarate manifestamente infondate. 3. - Nuova, invece, è la questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 313, prospettata in riferimento all'art. 3 Cost., per la diversità di tutela accordata al Governo rispetto a quella riservata alle Assemblee legislative e alla Corte costituzionale (ordinanza del giudice istruttore di Marsala) e all'art. 95 Cost., per l'attribuzione al Ministro per la giustizia, anziché al Governo "nella sua globalità" o al Presidente del Consiglio dei ministri, del potere autorizzativo per il reato di vilipendio del Governo (ordinanza del giudice istruttore di Taranto). Ma entrambi i profili sono da disattendere e la questione, perciò, anche nei termini ora esposti, non è fondata. Non è pertinente, infatti, il richiamo all'art. 3, per le peculiari caratteristiche che sono proprie dei diversi organi costituzionali dello Stato, consentendone discipline non sempre tra loro uniformi. In particolare, per quanto ora interessa, è da rammentare che, a differenza dalle Assemblee legislative e dalla Corte costituzionale, il Governo non si esaurisce nell'organo collegiale "consiglio dei ministri", ma è organo complesso, nell'ambito del quale - come fu affermato da questa Corte nella sentenza n. 142 del 1973, al punto 7 della motivazione - il Ministro per la giustizia è "tecnicamente qualificato e politicamente idoneo" a provvedere alle relazioni tra il Governo stesso e l'Amministrazione della giustizia, esplicando, tra l'altro, il potere di cui sorge questione. Né sussiste violazione dell'art. 95, primo comma, Cost., che non si riferisce affatto alle attribuzioni del Consiglio dei ministri, enunciando in termini riassuntivi i poteri - di direzione della politica generale dei Governo, di impulso e coordinamento dell'opera dei ministri - spettanti al Presidente del Consiglio, con le connesse responsabilità; ed è noto che quei poteri si esercitano anche fuori del consiglio, nei confronti dei ministri singolarmente considerati. Nulla vieta pertanto, ed è anzi conforme ai principi che presiedono alla struttura ed al funzionamento del Governo che il Ministro per la giustizia tenga informato il Presidente del Consiglio delle richieste di autorizzazione a procedere per il vilipendio del Governo e che, ove lo si ritenga di volta in volta politicamente opportuno, la questione se concederla o meno venga portata in sede di Consiglio dei ministri a norma dell'art. 4 del r.d. 14 novembre 1901, n. 466.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 290 e 313 del codice penale sollevate in riferimento agli artt. 3, 21, 25, 101 a 110 e 112 della Costituzione con le ordinanze di cui in epigrafe; dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 313, comma terzo, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 95 della Costituzione con le ordinanze dei giudici istruttori di Marsala e di Taranto di cui in epigrafe. Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 1975. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - LUIGI OGGIONI - ANGELO DE MARCO - ERCOLE ROCCHETTI - ENZO CAPALOZZA - VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - VEZIO CRISAFULLI - NICOLA REALE - PAOLO ROSSI - LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI - MICHELE ROSSANO. ARDUINO SALUSTRI - Cancelliere

Relatore: Vezio Crisafulli

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: BONIFACIO

Massime

SENT. 7/75 A. VILIPENDIO DELLE ISTITUZIONI COSTITUZIONALI - COD. PEN., ART. 290 - ASSUNTA VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 21, PRIMO COMMA, E 25, SECONDO COMMA, DELLA COSTITUZIONE - QUESTIONE GIA' DECISA - MANIFESTA INFONDATEZZA.

Sono manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale concernenti l'art. 290 cod. pen. prospettate in riferimento agli artt. 21 e 25, secondo comma, della Costituzione, sotto il profilo della violazione della liberta' di manifestazione del pensiero e del principio di tassativita' delle fattispecie penali, gia' dichiarate non fondate con la sent. n. 20 del 1974 e manifestamente infondate con le ordinanze nn. 180 e 183 del 1974.

SENT. 7/75 B. VILIPENDIO DELLE ISTITUZIONI COSTITUZIONALI - VILIPENDIO DELL'ORDINE GIUDIZIARIO - COD. PEN., ART. 313 - POTERE DI DARE L'AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE - COMPETENZA DEL MINISTRO PER LA GIUSTIZIA ANZICHE' DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA - QUESTIONE GIA' DECISA - MANIFESTA INFONDATEZZA.

Sono manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale concernenti l'art. 313 cod. pen., prospettate genericamente e specificamente in riferimento al principio di eguaglianza e gia' dichiarate non fondate con le sentenze n. 22 del 1959 e n. 142 del 1973 e manifestamente infondate con le ordinanze n. 39 e n. 136 del 1974.

Parametri costituzionali

SENT. 7/75 C. VILIPENDIO DELLE ISTITUZIONI COSTITUZIONALI - VILIPENDIO DELL'ORDINE GIUDIZIARIO - COD. PEN., ART. 313 - POTERE DI DARE L'AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE - COMPETENZA DEL MINISTRO PER LA GIUSTIZIA ANZICHE' DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA - ASSUNTA VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 25, PRIMO E SECONDO COMMA, E 112 DELLA COSTITUZIONE - QUESTIONE GIA' DECISA - MANIFESTA INFONDATEZZA.

Sono manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale concernenti l'art. 313 cod. pen., prospettate in riferimento agli artt. 25, comma primo e secondo, e 112 della Costituzione, sotto il profilo della violazione dei principi di riserva di giurisdizione, di legalita' della pena o di officialita' dell'azione penale, gia' dichiarate non fondate con la sent. n. 22 del 1959 e manifestamente infondate con le ord. nn. 39, 71 e 136 del 1974, pur se l'art. 25, secondo comma, Cost., non risulta in tali decisioni formalmente menzionato.

SENT. 7/75 D. VILIPENDIO DELLE ISTITUZIONI COSTITUZIONALI - VILIPENDIO DELL'ORDINE GIUDIZIARIO - COD. PEN., ART. 313 - POTERE DI DARE L'AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE - COMPETENZA DEL MINISTRO PER LA GIUSTIZIA ANZICHE' DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA - ASSUNTA VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 101-110 DELLA COSTITUZIONE - QUESTIONE GIA' DECISA - MANIFESTA INFONDATEZZA.

Sono manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale concernenti l'art. 313 cod. pen., prospettate in riferimento agli artt. da 101 a 110 della Costituzione e gia' dichiarate non fondate con la sent. n. 142 del 1973 e manifestamente infondate con la sent. n. 20 del 1974 e con le ord. nn. 5, 39 e 136 del 1974.

SENT. 7/75 E. VILIPENDIO DELLE ISTITUZIONI COSTITUZIONALI - VILIPENDIO DEL GOVERNO - COD. PEN., ART. 313 - AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE - POTERE DI CONCEDERLA RICONOSCIUTO AL MINISTRO PER LA GIUSTIZIA ANZICHE' ALLO STESSO ORGANO VILIPESO - ASSUNTA DISPARITA' DI TRATTAMENTO DEL GOVERNO RISPETTO AD ALTRE ISTITUZIONI COSTITUZIONALI - GIUSTIFICAZIONE - NON E' VIOLATO IL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA - ESCLUSIONE DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE.

E' infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 313 cod. pen., prospettata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della diversita' di tutela accordata al Governo rispetto a quella riservata alle Assemblee legislative ed alla Corte costituzionale per quanto riguarda l'attribuzione del potere di concedere o meno l'autorizzazione a procedere per reati di vilipendio nei riguardi di detti organi: le peculiari caratteristiche che sono proprie dei diversi organi costituzionali dello Stato consentono infatti discipline non sempre tra loro uniformi, mentre e' anche da rammentare che, a differenza delle Assemblee legislative e della Corte costituzionale, il Governo non si esaurisce nell'organo collegiale "Consiglio dei ministri", ma e' organo complesso, nell'ambito del quale - come fu affermato da questa Corte nella sent. n. 142 del 1973 al punto 7 della motivazione - il Ministro per la giustizia e' "tecnicamente qualificato e politicamente idoneo" a provvedere alle relazioni tra il Governo stesso e l'Amministrazione della giustizia, esplicando, tra l'altro, il potere di cui sorge questione.

Parametri costituzionali

SENT. 7/75 F. VILIPENDIO DELLE ISTITUZIONI COSTITUZIONALI - VILIPENDIO DEL GOVERNO - COD. PEN., ART. 313 - AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE - POTERE DI CONCEDERLA RICONOSCIUTO AL MINISTRO PER LA GIUSTIZIA ANZICHE' AL GOVERNO NELLA SUA GLOBALITA' O AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - ASSUNTA VIOLAZIONE DELL'ART. 95 DELLA COSTITUZIONE - INSUSSISTENZA - ESCLUSIONE DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE.

E' infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 313 cod. pen., prospettata in riferimento all'art. 95 della Costituzione, sotto il profilo dell'attribuzione al Ministro della Giustizia, anziche' al Governo "nella sua globalita'" o al Presidente del Consiglio dei Ministri del potere di concedere o meno l'autorizzazione a procedere ai reati di vilipendio nei confronti del Governo stesso: la norma costituzionale invocata come parametro non si riferisce affatto alle attribuzioni del Consiglio dei Ministri, enunciando in termini riassuntivi i poteri - di direzione della politica generale del Governo, di impulso e coordinamento dell'opera dei Ministri - spettanti al Presidente del Consiglio, con le connesse responsabilita' ed e' noto che quei poteri si esercitano anche fuori del Consiglio, nei confronti dei Ministri singolarmente considerati. Nulla vieta pertanto, ed e' anzi conforme ai principi che presiedono alla struttura ed al funzionamento del Governo, che il Ministro per la giustizia tenga informato il Presidente del Consiglio delle richieste di autorizzazioni a procedere per il vilipendio del Governo e che, ove lo si ritenga di volta in volta politicamente opportuno, la questione se concederla o meno venga portata in sede di Consiglio dei Ministri a norma dell'art. 4 del r.d. 14 novembre 1901, n. 466.

Parametri costituzionali