Pronuncia 368/1992

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: prof. Giuseppe BORZELLINO; Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 528 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 5 novembre 1991 dal Pretore di Macerata, Sezione distaccata di Civitanova Marche, nel procedimento penale a carico di Angeletti Ubaldo, iscritta al n. 14 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 1992; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 6 maggio 1992 il Giudice relatore Antonio Baldassarre.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale sollevate, con l'ordinanza indicata in epigrafe, dal Pretore di Macerata - Sezione distaccata di Civitanova Marche, nei confronti dell'art. 528 del codice penale, nella parte in cui punisce chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione, detiene scritti, disegni, immagini od altri oggetti osceni di qualsiasi specie, per violazione dell'art. 21, dell'art. 27, terzo comma, nonché del combinato disposto formato dagli artt. 2, 3, 13 e 25, secondo comma, della Costituzione. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1992. Il Presidente: BORZELLINO Il redattore: BALDASSARRE Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 27 luglio 1992. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA

Relatore: Antonio Baldassarre

Data deposito: Mon Jul 27 1992 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: BORZELLINO

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Massime

SENT. 368/92 A. BUON COSTUME - CONCETTO - SIGNIFICATO E CONTENUTO - CONCETTO NON SUSCETTIBILE DI CATEGORICA DEFINIZIONE E DOTATO DI RELATIVITA' STORICA MA AL CONTEMPO SUFFICIENTEMENTE DETERMINATO - ALTRI ASPETTI - IL "BUON COSTUME" COME LIMITE ALLA LIBERTA' DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO - PORTATA EFFETTIVA DEL LIMITE - INTERPRETAZIONE NECESSARIAMENTE RESTRITTIVA.

Come la Corte ha precisato, il concetto di buon costume risulta da un insieme di precetti che impongono un determinato comportamento nella vita sociale di relazione, l'inosservanza dei quali comporta in particolare la violazione del pudore sessuale, sia fuori che nell'ambito della famiglia, della dignita' personale e del sentimento morale dei giovani; tale concetto, inoltre, come tutti quelli non suscettibili di una categorica definizione, e' dotato di una relativita' storica, secondo le varie condizioni di ambiente e di cultura, che d'altronde non impedisce che il suo significato sia sufficientemente determinato. Tuttavia, considerato che il "buon costume" e' un limite che l'art. 21 Cost. contrappone alla liberta' dei singoli individui, anche riguardo ad esso vale il criterio ermeneutico - che in casi del genere l'interprete della Costituzione e lo stesso legislatore in sede di bilanciamento dei valori costituzionali attraverso le proprie scelte discrezionali, sono tenuti ad osservare - secondo cui, poiche' il di piu' di liberta' soppressa costituisce abuso, "si puo' limitare la liberta' solo per quel tanto strettamente necessario a garantirla". - S. nn. 9/1965, 191/1970 e 487/1989.

Parametri costituzionali

SENT. 368/92 B. GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE - INTERPRETAZIONE ADEGUATRICE DELLA NORMA IMPUGNATA - FONDAMENTO - PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE DEI VALORI GIURIDICI - IPOTESI IN CUI, IN MATERIA PENALE, LA INTERPRETAZIONE ADEGUATRICE PUO', E QUINDI DEVE, ED IPOTESI IN CUI INVECE NON PUO', ESSERE PREFERITA ALLA DICHIARAZIONE, O ALLA RICHIESTA DI DICHIARAZIONE, DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE.

Come la Corte ha costantemente affermato, il principio di conservazione dei valori giuridici - tanto piu' in casi in cui la dichiarazione d'illegittimita' costituzionale comporterebbe, quantomeno per qualche tempo, l'impunita' anche di comportamenti che il legislatore considera inequivocabilmente come illeciti penali - impone il mantenimento in vita di una norma di legge quando a questa possa essere riconosciuto almeno un significato conforme a Costituzione. La soluzione contraria si impone soltanto nelle ipotesi in cui il tentativo di adeguare il significato di norme incriminatrici ai precetti costituzionali dia luogo a una vaghezza e indeterminatezza tali da impedire logicamente di poter discernere il confine fra il lecito e l'illecito penale. (Principi affermati riguardo alla interpretazione di norma dell'art. 528 cod.pen., cui si riferisce la seguente massima D). - Riguardo alla praticabilita' e al fondamento dell'interpretazione adeguatrice: O. nn. 279/1990, 356/1990 e 362/1990 e S. n. 559/1990; riguardo ad ipotesi di non praticabilita' dell'interpretazione adeguatrice in materia penale: S. n. 120/1968.

SENT. 368/92 C. REATI IN GENERE - REATI E PENE (SINGOLI REATI) - PUBBLICAZIONI E SPETTACOLI OSCENI - DETENZIONE DI VIDEOCASSETTE A CONTENUTO OSCENO - RITENUTA CONFIGURABILITA' DEL REATO, NONOSTANTE LA CONTRARIA GIURISPRUDENZA DELLA CASSAZIONE, ANCHE OVE LA DETENZIONE ABBIA CARATTERE RISERVATO (NELLA SPECIE IN LOCALE DIVERSO DA QUELLO DI ESPOSIZIONE AL PUBBLICO) - PROSPETTATA IRRAGIONEVOLEZZA, CON VIOLAZIONE DEI DIRITTI INVIOLABILI DELL'UOMO E DEI PRINCIPI DI OFFENSIVITA' DEL REATO, DI TASSATIVITA' DELLE NORME PENALI (PER LA OMESSA INDICAZIONE DELLE MODALITA' DI DETENZIONE) E DELLA FUNZIONE RIEDUCATIVA - INSUSSISTENZA - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE NEI SENSI DI CUI IN MOTIVAZIONE.

Il limite del buon costume di cui all'art. 21 u.c. Cost., e' diretto a significare un valore riferibile alla collettivita' in generale, nel senso che denota le condizioni essenziali indispensabili, in un dato momento storico, ad assicurare, in relazione ai contenuti morali e alle modalita' di espressione del costume sessuale, una convivenza sociale conforme ai principi costituzionali della tutela della dignita' umana e del rispetto reciproco tra le persone; da cio' deriva che l'osceno, come anche affermato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, attinge il limite all'antigiuridicita' penale solo quando sia destinato a raggiungere la percezione della collettivita'. Di conseguenza ove, come nel caso, il giudice debba fare applicazione dell'art. 528 c.p. (che punisce chiunque detiene scritti disegni, immagini o altri oggetti osceni) deve tener presente che la misura di illiceita' dell'osceno e' data dalla capacita' offensiva del fatto verso gli altri, capacita' che deve ritenersi insussistente nelle ipotesi (come quella del caso di specie) in cui l'accesso alle immagini pornografiche non sia indiscriminatamente aperto al pubblico, ma sia riservato solo alle persone adulte che ne facciano richiesta. Cosi' interpretata la norma (v. massima C) viene meno la censura di violazione dell'art. 21 Cost., formulata in base all'assunto che anche nella suddetta ipotesi la detenzione di disegni, immagini e oggetti osceni avrebbe potuto considerarsi illecito penale, risultando di conseguenza assorbiti - in quanto basati sullo stesso errato presupposto - gli altri motivi di incostituzionalita' dedotti in riferimento agli art. 27, terzo comma, Cost., nonche' al combinato disposto degli artt. 2, 3, 13 e 25, secondo comma, Cost.. (Non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, delle questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 528 cod. pen. sollevate in riferimento agli artt. 21 e 27, terzo comma, Cost., nonche' al combinato disposto degli artt. 2, 3, 13 e 25, secondo comma, Cost.).