Pronuncia 63/1994

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA; Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 270, primo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 23 febbraio 1993 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Termini Imerese nel procedimento penale a carico di Siino Franco ed altro, iscritta al n. 431 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1993; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di consiglio del 25 gennaio 1994 il Giudice relatore Antonio Baldassarre.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 270, primo comma, c.p.p. sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Termini Imerese con l'ordinanza indicata in epigrafe; Dichiara manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 270, primo comma, c.p.p., sollevate, in riferimento agli artt. 2, 24, 101, secondo comma, 111 e 112 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Termini Imerese con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 1994. Il Presidente: CASAVOLA Il redattore: BALDASSARRE Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 24 febbraio 1994. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA

Relatore: Antonio Baldassarre

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: CASAVOLA

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Massime

SENT. 63/94 A. PROCESSO PENALE - INDAGINI PRELIMINARI - INTERCETTAZIONI TELEFONICHE - UTILIZZAZIONE DEI LORO RISULTATI IN ALTRI PROCEDIMENTI - POSSIBILITA' SOLO NEI CASI DI NECESSITA' PER L'ACCERTAMENTO DI DELITTI PER I QUALI E' OBBLIGATORIO L'ARRESTO IN FLAGRANZA - ASSERITA VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI RAGIONEVOLEZZA, DI EFFETTIVITA' DELLA GIURISDIZIONE PENALE, DI OBBLIGATORIETA' DELL'AZIONE PENALE E DI TUTELA DELLE PARTI OFFESE E DELLE PARTI CIVILI - OMESSA MOTIVAZIONE - MANIFESTA INAMMISSIBILITA' DELLE QUESTIONI.

Manifesta inammissibilita' delle questioni per carenza assoluta di motivazione in quanto il giudice remittente si e' limitato ad enunciarle senza minimamente prospettare come e perche' la norma contestata possa apparire di dubbia costituzionalita' rispetto agli invocati parametri. red.: E.M. rev.: S.P.

SENT. 63/94 B. CORRISPONDENZA (LIBERTA' E SEGRETEZZA) - QUALIFICAZIONE COME DIRITTO INVIOLABILE GARANTITO DALL'ART. 15 COST. - CONSEGUENZE SULLE NORMATIVE RELATIVE ALLE INTERCETTAZIONI TELEFONICHE - UTILIZZAZIONE SENZA LIMITI DEI LORO RISULTATI IN PROCESSI DIVERSI DA QUELLO PER CUI SONO STATE AUTORIZZATE - ESCLUSIONE.

Una trasformazione dell'ordinamento normativo tale da permettere la piena utilizzabilita' dei risultati delle intercettazioni telefoniche nell'ambito di processi diversi da quello per il quale le stesse sono state legalmente autorizzate sarebbe contrastante con le garanzie poste dall'art. 15 Cost. a tutela della liberta' e della segretezza delle comunicazioni, dal momento che trasformerebbe l'intervento del giudice, richiesto dal ricordato art. 15 per l'irrogazione in concreto di restrizioni alla predetta liberta', in un'inammissibile autorizzazione in bianco a disporre le intercettazioni, con conseguente lesione della sfera privata, legata al riconoscimento del diritto inviolabile di liberta' di comunicazione e al connesso dovere di riservatezza incombente su tutti coloro che per ragioni d'ufficio vengano a conoscenza di fatti inerenti a quella sfera. - V., nello stesso senso la sent. n. 366/1991. red.: E.M. rev.: S.P.

Parametri costituzionali

SENT. 63/94 C. PROCESSO PENALE - INDAGINI PRELIMINARI - INTERCETTAZIONI TELEFONICHE - LIMITI ALLA UTILIZZABILITA' DEI LORO RISULTATI IN PROCESSI DIVERSI DA QUELLO PER CUI SONO STATE AUTORIZZATE - EVENTUALE VERIFICA DI COSTITUZIONALITA' - CRITERI - NECESSARIO RIGORE.

Nella fase delle indagini preliminari l'utilizzazione delle intercettazioni telefoniche a fini probatori e' disciplinata dall'art. 270 c.p.p. che, al primo comma, mentre prevede, come regola generale, il divieto di utilizzare detti risultati in procedimenti diversi da quello per il quale le stesse intercettazioni sono state validamente autorizzate dal giudice, pone poi una norma del tutto eccezionale diretta a consentire l'utilizzazione in processi diversi di dette acquisizioni limitatamente ai casi in cui gli elementi raccolti risultino indispensabili per l'accertamento di delitti comportanti l'obbligatorieta' dell'arresto in flagranza, indicati nell'art. 380 c.p.p.. Trattandosi di una norma legislativa incidente su un diritto di liberta' individuale qualificabile come inviolabile ai sensi dell'art. 2 della Costituzione, la verifica della legittimita' costituzionale di detta disciplina deve quindi avvenire secondo principi rigorosi, esaminando cioe' se la restrizione prevista sia diretta al soddisfacimento di un interesse pubblico primario costituzionalmente rilevante e, nello stesso tempo, risulti circoscritta alle operazioni strettamente necessarie alla tutela di quell'interesse. - cfr. la sent. n. 366/1991. red.: E.M. rev.: S.P.

Parametri costituzionali

SENT. 63/94 D. PROCESSO PENALE - INDAGINI PRELIMINARI - INTERCETTAZIONI TELEFONICHE - UTILIZZAZIONE DEI LORO RISULTATI IN PROCEDIMENTI DIVERSI DA QUELLI PER CUI SONO STATE DISPOSTE - CONTESTATA LIMITAZIONE ALL'ACCERTAMENTO SOLO DEI REATI PER I QUALI E' OBBLIGATORIO L'ARRESTO IN FLAGRANZA - ASSERITA IRRAGIONEVOLEZZA E INGIUSTIFICATA DISPARITA' DI TRATTAMENTO - ESCLUSIONE - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

L'utilizzazione delle intercettazioni telefoniche in procedimenti diversi, limitata all'accertamento dei soli reati per i quali e' previsto l'arresto in flagranza ex art. 380 c.p.p. e presuntivamente capaci di destare particolare allarme sociale, non e' irragionevole - come ritenuto dal giudice 'a quo' - ma costituisce un non irragionevole bilanciamento operato discrezionalmente dal legislatore fra il valore costituzionale rappresentato dal diritto inviolabile dei singoli individui alla liberta' e alla segretezza delle loro comunicazioni e quello rappresentato dall'interesse pubblico primario alla repressione dei reati e al perseguimento in giudizio di coloro che delinquono, giustificato anche dall'attuale contesto sociale caratterizzato dalla seria minaccia alla convivenza civile e all'ordine pubblico da parte della criminalita' organizzata; tale utilizzazione, inoltre, viene determinata con le garanzie del contraddittorio tra le parti nelle forme previste dall'art. 268, commi sesto, settimo e ottavo c.p.p.. Ne' puo' riconoscersi fondamento all'asserita disparita' di trattamento derivante dal fatto di aver escluso l'utilizzo dei risultati delle intercettazioni telefoniche per reati punibili con la reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti, mentre e' permesso per quelli punibili con la pena della reclusione superiore nel massimo ad anni cinque, trattandosi di situazioni non comparabili perche' diverse ed eterogenee. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 270, comma primo, c.p.p., sollevata in riferimento all'art. 3 Cost.). red.: E.M. rev.: S.P.

Parametri costituzionali