Pronuncia 448/1998

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 660, quinto comma, del codice di procedura civile e dell'art. 5 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il 30 dicembre 1997 dal pretore di Catania, sezione distaccata di Acireale, nel procedimento civile vertente tra Orazio D'Angelo e Carmela Cardillo, iscritta al n. 443 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1998; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio dell'11 novembre 1998 il giudice relatore Cesare Mirabelli; Ritenuto che nel corso di un procedimento di convalida di sfratto per morosità, nel quale il conduttore comparendo all'udienza aveva proposto opposizione sostenendo di aver pagato il canone dopo la notificazione dell'intimazione per un ritardo dovuto ad una assenza determinata da ragioni di salute, il pretore di Catania, sezione distaccata di Acireale, con ordinanza emessa il 30 dicembre 1997, ha sollevato questione di legittimità costituzionale: a) dell'art. 660, quinto comma, del codice di procedura civile (come modificato dalla legge 20 dicembre 1995, n. 534, di conversione in legge, con modificazioni, del d.-l. 18 ottobre 1995, n. 432, recante interventi urgenti sul processo civile), che, nel procedimento per convalida di sfratto, prevede che le parti si costituiscono in giudizio depositando in cancelleria l'intimazione con la relazione di notificazione o la comparsa di risposta, oppure presentando tali atti al giudice in udienza. Questa disposizione, che, derogando ai termini di costituzione previsti per l'ordinario processo di cognizione senza che, ad avviso del rimettente, vi siano ragioni di urgenza, consente la costituzione delle parti in udienza, violerebbe il diritto di difendersi in giudizio (art. 24 della Costituzione), rendendone più difficoltoso l'esercizio; b) dell'art. 5 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), nella parte in cui prevede che nelle locazioni ad uso di abitazione il mancato pagamento del canone, decorsi venti giorni dalla scadenza, costituisce motivo di risoluzione del contratto di locazione, così derogando alla regola generale prevista dall'art. 1455 del codice civile, che consente di valutare, ai fini della risoluzione del contratto, l'importanza dell'inadempimento avuto riguardo all'interesse dell'altra parte. Ne deriverebbe sia il contrasto con la funzione sociale che la proprietà deve assolvere (art. 42 della Costituzione), sia la violazione del principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione), giacché il ritardo di oltre venti giorni nel pagamento del canone costituirebbe inadempimento che determina la risoluzione del contratto solo per le locazioni abitative, mentre per quelle non abitative dovrebbe essere valutata la gravità dell'inadempimento, anche se in entrambi i casi sarebbe possibile, in base all'art. 55 della legge n. 392 del 1978, sanare la morosità con il pagamento di quanto dovuto alla prima udienza; che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate. Considerato che, quanto alla prima questione, la norma che consente alle parti, nello speciale procedimento di convalida dello sfratto, di costituirsi anche in udienza (art. 660, quinto comma, cod. proc. civ.), non viola il diritto di difendersi in giudizio, giacché il contenuto della domanda ed i termini in cui essa è proposta dal locatore sono già conosciuti dalla parte intimata con la citazione che gli è stata notificata (art. 660, primo e terzo comma, e art. 663, primo comma, cod. proc. civ.) ed il termine di comparizione consente l'esercizio della difesa; che, inoltre, rientra nella discrezionalità del legislatore l'articolazione del processo, sempre con il limite della non irrazionalità della disciplina (sentenza n. 94 del 1996; ordinanza n. 305 del 1998); limite non valicato nell'ipotesi in esame, considerando anche la particolare disciplina del procedimento per convalida di sfratto, che attribuisce all'intimato la facoltà di comparire personalmente in udienza per opporsi alla convalida (art. 660, sesto comma, cod. proc. civ.), e che in tale procedimento non sono previste preclusioni o decadenze, le quali si verificano solo nell'eventuale giudizio di cognizione che segue in caso di opposizione (art. 667 cod. proc. civ.); che la seconda questione di legittimità costituzionale - relativa all'art. 5 della legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui prevede che il ritardo nel pagamento del canone (trascorsi venti giorni dalla scadenza) costituisce motivo di risoluzione del contratto di locazione, senza che debba essere ulteriormente provata la gravità dell'inadempimento (come altrimenti richiederebbe l'art. 1455 cod. civ.) - investe una regola operante per le locazioni di immobili urbani ad uso abitativo in connessione con l'art. 55 della stessa legge che, proprio con un riferimento esplicito all'art. 5 ed all'inadempimento del conduttore, consente a quest'ultimo di sanare la morosità in udienza o nel termine che il giudice gli assegna in caso di comprovate condizioni di difficoltà, con l'effetto che il pagamento esclude la risoluzione del contratto. Sicché il sistema, per un verso, non attribuisce una ingiustificata posizione di vantaggio al locatore, ma consente, anzi, al conduttore di adempiere (in deroga all'art. 1453, terzo comma, cod. civ.) la propria obbligazione anche quando in ragione del ritardo sia stata chiesta, con l'intimazione dello sfratto, la risoluzione. Inoltre - se pure si ritenga che la facoltà del conduttore di sanare la mora in giudizio non si riferisca esclusivamente alle locazioni di immobili urbani ad uso di abitazione, in ragione sia del richiamo testuale che l'art. 55 della legge n. 392 del 1978 opera all'art. 5 della stessa legge, che disciplina appunto l'inadempimento del conduttore in tale tipo di locazione, sia del riferimento al quadriennio che caratterizza la durata legale di queste - comunque, ai fini della verifica di una eventuale disparità di trattamento, la comparazione non può essere effettuata prendendo in considerazione solo uno degli elementi che differenziano le regole delle locazioni ad uso di abitazione da quelle delle locazioni ad uso diverso, tanto più che per queste ultime la valutazione della gravità dell'inadempimento in base alla disciplina comune dei contratti (art. 1455 cod. civ.) può essere rimessa all'autonomia contrattuale (art. 1456 cod. civ.), che solo per le locazioni diverse da quelle abitative, non applicandosi direttamente l'art. 5 della legge n. 392 del 1978, può disporre clausole risolutive espresse con termini più gravosi per il conduttore di quelli delineati da quest'ultima legge; che, pertanto, non avendo con evidenza fondamento le censure mosse dal rimettente, entrambe le questioni di legittimità costituzionale sono manifestamente infondate. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza: a) della questione di legittimità costituzionale dell'art. 660, quinto comma, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal pretore di Catania, sezione distaccata di Acireale, con l'ordinanza indicata in epigrafe; b) della questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione, dal pretore di Catania, sezione distaccata di Acireale, con la stessa ordinanza. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 1998. Il Presidente: Granata Il redattore: Mirabelli Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1998. Il direttore della cancelleria: Di Paola

Relatore: Cesare Mirabelli

Data deposito:

Tipologia: O

Presidente: GRANATA

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Massime

ORD. 448/98 A. LOCAZIONE - PROCEDIMENTO PER CONVALIDA DI SFRATTO - POSSIBILITA' PER IL LOCATORE E PER IL CONDUTTORE DI COSTITUIRSI DIRETTAMENTE IN UDIENZA - DENUNCIATA LESIONE DEL DIRITTO DI DIFESA - INSUSSISTENZA - MANIFESTA INFONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

E' manifestamente infondata, in riferimento all'art. 24 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 660, quinto comma, cod. proc. civ., che consentendo alle parti, nello speciale procedimento di convalida dello sfratto, di costituirsi anche in udienza, senza rispettare i termini di costituzione previsti per il processo di cognizione ordinario, renderebbe difficoltosa la difesa in giudizio. Difatti il contenuto della domanda ed i termini in cui essa e' proposta dal locatore sono gia' conosciuti dalla parte intimata con la notifica della citazione e il termine di comparizione assicura l'esercizio della difesa; inoltre rientra nella discrezionalita' del legislatore conformare gli istituti del processo con il limite della non irrazionalita' della disciplina, limite che non risulta superato, dovendosi considerare - accanto alla particolare disciplina del procedimento per convalida di sfratto, che attribuisce all'intimato la facolta' di comparire personalmente in udienza per opporsi alla convalida - che in tale procedimento non sono previste preclusioni o decadenze, destinate ad operare solo nell'eventuale giudizio di cognizione che segue in caso di opposizione. - Cfr., sulla discrezionalita' del legislatore in relazione all'opera di conformazione del processo, sentenza n. 94/1996 ed ordinanza n. 305/1998. red.: S. Evangelista

Parametri costituzionali

ORD. 448/98 B. LOCAZIONE - INADEMPIMENTO DEL CONDUTTORE PER MANCATO PAGAMENTO DEL CANONE, DECORSI VENTI GIORNI DALLA SCADENZA PREVISTA - RISOLUZIONE DEL CONTRATTO - ESCLUSIONE DELLA POSSIBILITA', PER IL GIUDICE, DI VALUTARE, SECONDO LA DISCIPLINA DEL CODICE CIVILE, L'IMPORTANZA DELL'INADEMPIMENTO - DENUNCIATA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA, PER IRRAGIONEVOLE DISPARITA' DI TRATTAMENTO RISPETTO ALLE LOCAZIONI ABITATIVE, E DEL LIMITE DELLA FUNZIONE SOCIALE - INSUSSISTENZA - MANIFESTA INFONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

E' manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), denunciato nella parte in cui prevede che il ritardo nel pagamento del canone, trascorsi venti giorni dalla scadenza, costituisce motivo di risoluzione del contratto di locazione, senza che debba essere ulteriormente provata la gravita' dell'inadempimento ai sensi dell'art. 1455 cod. civ., giacche' il sistema non attribuisce una ingiustificata posizione di vantaggio al locatore, ma consente al conduttore (art. 55 della stessa legge n. 392 del 1978) di adempiere la propria obbligazione all'udienza di convalida o nel termine assegnato dal giudice anche quando in ragione del ritardo sia stata chiesta, con l'intimazione dello sfratto, la risoluzione, e cio' in deroga all'art. 1453, terzo comma, cod. civ.. Ne' sussiste la denunciata disparita' di trattamento in relazione alle locazioni non abitative - alle quali non si applica la predeterminazione normativa della gravita' dell'inadempimento, pur essendo anche per esse possibile, secondo il rimettente, sanare la morosita' in giudizio - giacche', se pure si ritenga che la facolta' del conduttore di sanare la mora in giudizio non si riferisca esclusivamente alle locazioni di immobili urbani ad uso di abitazione, ai fini della verifica del rispetto del principio di eguaglianza la comparazione non puo' essere effettuata prendendo in considerazione solo uno degli elementi che differenziano le regole delle locazioni ad uso di abitazione da quelle delle locazioni ad uso diverso, tanto piu' che solo per queste ultime la valutazione della gravita' dell'inadempimento in base alla disciplina comune dei contratti puo' essere rimessa all'autonomia delle parti, con la possibilita' quindi di stabilire clausole risolutive espresse con termini piu' gravosi per il conduttore di quelli delineati dalla legge n. 392 del 1978. red.: S. Evangelista