Pronuncia 380/1999

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 343 e dell'art. 598 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 26 settembre 1997 dal pretore di Brescia nel procedimento penale a carico di Marcello Campisani, iscritta al n. 556 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 1998. Udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1999 il giudice relatore Cesare Mirabelli.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara: a) non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 343 del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, dal pretore di Brescia con l'ordinanza indicata in epigrafe; b) non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 598 del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, dal pretore di Brescia con la medesima ordinanza. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 settembre 1999. Il Presidente: Granata Il redattore: Mirabelli Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 7 ottobre 1999. Il direttore della cancelleria: Di Paola

Relatore: Cesare Mirabelli

Data deposito: Thu Oct 07 1999 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: GRANATA

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Massime

SENT. 380/99 A. REATI E PENE - DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - OLTRAGGIO A MAGISTRATO IN UDIENZA - OFFESE ARRECATE DAL DIFENSORE AL PUBBLICO MINISTERO NEL CORSO DEL DIBATTIMENTO - TRATTAMENTO SANZIONATORIO - DIFFERENZA RISPETTO ALLE SANZIONI IRROGABILI PER L'IPOTESI INVERSA (OFFESE DEL PUBBLICO MINISTERO AL DIFENSORE), RICADENTE SOTTO IL MENO GRAVE DELITTO DI INGIURIA (ART. 594 COD. PEN.) - RITENUTA IRRAGIONEVOLE DISPARITA' DI TRATTAMENTO TRA PARTI IN CONDIZIONI DI PARITA' NEL PROCESSO PENALE - GIUSTIFICAZIONE DELLA PERDURANTE SPECIFICA TUTELA PENALE DEL PRESTIGIO E DELL'ONORE DEGLI ORGANI DI GIUSTIZIA, TUTELA ESTENSIBILE AL PUBBLICO MINISTERO - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

Non e' fondata, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 343 cod. pen., nella parte in cui prevede che le offese arrecate nel corso del dibattimento dal difensore al pubblico ministero integrino il reato di oltraggio a un magistrato in udienza, mentre le offese arrecate nelle medesime circostanze dal pubblico ministero al difensore configurano il meno grave delitto di ingiuria. La scelta del legislatore di rispondere - in conformita' ad una remota tradizione, comune a paesi di antica e consolidata democrazia - all'esigenza di assicurare una specifica protezione del prestigio degli organi di giustizia nel momento formale e solenne della celebrazione del processo, configurando come apposita figura di reato l'oltraggio a un magistrato in udienza e comprendendo in essa il pubblico ministero, non contrasta con il principio di eguaglianza ne' con il principio di partecipazione del pubblico ministero e del difensore nel processo penale "su basi di parita'", giacche', per un verso, non e' arbitrario o irragionevole avere esteso la protezione della dignita' della funzione giurisdizionale anche all'attivita' del pubblico ministero in udienza, e, per l'altro verso, la parita' delle parti, pubblica e privata, che e' inerente al processo, non implica necessariamente l'identica qualificazione giuridica di esse, ne' impone l'eguaglianza del loro stato e della loro condizione, al di la' della "parita' delle armi" che e' propria del processo. - Cfr. S. n. 313/1995.

Parametri costituzionali

SENT. 380/99 B. REATI E PENE - DELITTI CONTRO L'ONORE - OFFESE IN SCRITTI E DISCORSI PRONUNZIATI DINANZI ALLE AUTORITA' GIUDIZIARIE DALLE PARTI O DAI LORO PATROCINATORI - NON PUNIBILITA' - RITENUTA RIFERIBILITA' AI SOLI DELITTI DI INGIURIA E DIFFAMAZIONE (E NON ANCHE A QUELLO DI OLTRAGGIO A MAGISTRATO IN UDIENZA) E, IN ISPECIE, INESTENSIBILITA' ALL'IPOTESI DI OFFESE AL PUBBLICO MINISTERO, CONTENUTE IN INTERVENTI DEL DIFENSORE - CONSEGUENTE ASSERITA DISPARITA' DI TRATTAMENTO TRA LE PARTI IN GIUDIZIO, PER LA LIMITATA GARANZIA DELLA LIBERTA' D'ESPRESSIONE, ASSICURATA AL PUBBLICO MINISTERO E NON AL DIFENSORE O SOLTANTO NEI CONFRONTI DI ALCUNI SOGGETTI, CON RIDUZIONE INOLTRE DEL DIRITTO DI DIFESA - INTERPRETAZIONE DELLA NORMA, ALLA LUCE DI ELEMENTI OGGETTIVI E TELEOLOGICI, COMPATIBILE CON LA COSTITUZIONE - POSSIBILITA' - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE, NEI SENSI DI CUI IN MOTIVAZIONE.

Non e' fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 598 cod. pen., denunciato, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., nella parte in cui non consentirebbe l'estensione, secondo l'interpretazione prevalente, della non punibilita' delle offese contenute negli scritti e nei discorsi delle parti o dei loro patrocinatori nel processo, anche alle offese, integranti il delitto di oltraggio a un magistrato in udienza, arrecate dal difensore al pubblico ministero nel corso della discussione in un processo penale. Contrariamente a quanto sostenuto dal rimettente - che valorizza la collocazione dell'esimente, inserita nel contesto dei delitti contro l'onore, e trae argomento dalla intenzione del legislatore -, e' possibile dare dell'art. 598 cod. pen. una interpretazione estensiva, conforme ai principi costituzionali, sia perche' le offese contenute in discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori dinanzi all'autorita' giudiziaria e concernenti l'oggetto della causa non differiscono, quanto alla condotta, a seconda che il destinatario delle espressioni offensive sia una parte privata o il pubblico ministero, sia, soprattutto, perche' la finalita' di salvaguardia della liberta' di discussione delle parti, perseguita dal legislatore con la previsione dell'esimente, non potrebbe essere efficacemente realizzata se la sua portata fosse circoscritta in relazione ai soggetti destinatari delle offese e se si garantisse, incoerentemente, l'assoluta liberta' di espressione ad una sola delle parti in giudizio, consentendosi soltanto al pubblico ministero, e non anche al difensore, di avvalersi della "immunita' giudiziaria".

SENT. 380/99 C. REATI E PENE - DELITTI CONTRO L'ONORE - OFFESE IN SCRITTI E DISCORSI PRONUNZIATI DINANZI ALLE AUTORITA' GIUDIZIARIE DALLE PARTI O DAI LORO PATROCINATORI - NON PUNIBILITA' - FUNZIONE STRUMENTALE DELLA PREVISTA ESIMENTE - PERMANENTE DISVALORE DELLE OFFESE ALL'ALTRUI ONORE E DECORO - DOVERE DI CORRETTEZZA TRA LE PARTI NEL PROCESSO - TUTELABILITA' CON SANZIONI NON PENALI, IN A'MBITO PROCESSUALE (ATTRAVERSO I POTERI PRESIDENZIALI DI DIREZIONE DEL DIBATTIMENTO) E SUL PIANO DISCIPLINARE.

La non punibilita' per le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori nei procedimenti dinanzi all'autorita' giudiziaria, prevista dall'art. 598 cod. pen., si fonda sull'esigenza di assicurare una libera e piena esplicazione della difesa, senza le remore che possono derivare dal rischio di incriminazione per espressioni, eventualmente considerate offensive, usate nel contesto difensivo; come tale, svolge una funzione strumentale rispetto alla formazione del giudizio. La tutela della liberta' della difesa non attribuisce peraltro una singolare facolta' di offendere, giacche' tutti gli atti ed ogni condotta nel processo debbono rispecchiare il dovere di correttezza, anche nelle forme espressive usate dalle parti, e l'esimente per le offese arrecate non ne elimina il disvalore, ne' esclude sanzioni di tipo diverso da quelle penali, come le sanzioni disciplinari, preordinate all'osservanza delle regole di deontologia professionale, o reazioni ulteriori, tra le quali vanno annoverati i poteri del presidente, nell'ambito della disciplina dell'udienza e della direzione del dibattimento, di intervenire per contenere e ricondurre nell'ambito della correttezza le modalita' espressive usate dalle parti, disponendo anche la eliminazione di quanto e' offensivo ed assegnando alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. - Sulla funzione dell'"immunita' giudiziaria", prevista dall'art. 598 cod. pen., v. S. n. 128/1979 e O. n. 889/1988.