Pronuncia 219/2008

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'articolo 314 del codice di procedura penale promossi con ordinanze del 19 luglio 2006 dalla Corte di cassazione, a Sezioni unite penali, sul ricorso proposto da P. A. e del 30 marzo 2007 dalla Corte d'appello di Trieste sull'istanza proposta da B. A. V. iscritte al n. 558 del registro ordinanze 2006 e al n. 753 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 2006 e n. 45, prima serie speciale, dell'anno 2007. Udito nella camera di consiglio del 2 aprile 2008 il Giudice relatore Ugo De Siervo.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 314 del codice di procedura penale, nella parte in cui, nell'ipotesi di detenzione cautelare sofferta, condiziona in ogni caso il diritto all'equa riparazione al proscioglimento nel merito dalle imputazioni, secondo quanto precisato in motivazione; dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 314 cod. proc. pen. sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 77 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Trieste con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 giugno 2008. F.to: Franco BILE, Presidente Ugo DE SIERVO, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 20 giugno 2008. Il Direttore della Cancelleria F.to: DI PAOLA

Relatore: Ugo De Siervo

Data deposito: Fri Jun 20 2008 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: BILE

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Massime

Processo penale - Riparazione per l'ingiusta detenzione - Diritto alla riparazione per la custodia cautelare che risulti superiore alla misura della pena inflitta - Mancata previsione - Limitazione della riparazione ai soli casi in cui l'imputato sia stato prosciolto nel merito con sentenza irrevocabile - Denunciata irragionevolezza nonché contrasto con la legge-delega e con la garanzia di riparazione degli errori giudiziari - Omessa motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza - Manifesta inammissibilità della questione.

E' manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 314 cod. proc. pen., censurato, in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 77 Cost., nella parte in cui non prevede il diritto alla riparazione per la custodia cautelare che risulti superiore alla misura della pena inflitta. Infatti, il rimettente omette di motivare in ordine al requisito della non manifesta infondatezza, limitandosi a dar conto di una precedente ordinanza di rimessione delle Sezioni Unite della Corte di cassazione e ad indicare alcuni dei parametri che queste ultime hanno posto a fondamento delle proprie censure. - Sulla manifesta inammissibilità per omessa motivazione sulla non manifesta infondatezza v., citate, da ultimo, ordinanze n. 81 e n. 14/2008.

Processo penale - Riparazione per l'ingiusta detenzione - Diritto alla riparazione per la custodia cautelare che risulti superiore alla misura della pena inflitta - Mancata previsione - Limitazione della riparazione ai soli casi in cui l'imputato sia stato prosciolto nel merito con sentenza irrevocabile - Questione di legittimità costituzionale - Rilevanza - Motivazione non implausibile del giudice 'a quo' - Ammissibilità della questione.

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 314 cod. proc. pen., censurato nella parte in cui non prevede il diritto alla riparazione per la custodia cautelare che risulti superiore alla misura della pena inflitta, il giudice a quo muove da una particolare ipotesi di convergenza di titoli di custodia cautelare in carcere, ma sollecita alla Corte un intervento che ha per oggetto, in termini più generali, la legittimità dell'applicazione dell'istituto della riparazione per l'ingiusta detenzione alle sole ipotesi di assoluzione nel merito e non anche al caso in cui il reo, non assolto nel merito, abbia scontato un periodo di custodia cautelare. Il passaggio da una fattispecie peculiare di convergenza di titoli di custodia alla richiesta di dichiarare l'incostituzionalità dell'art. 314 cod. proc. pen. nella più ampia misura sopraindicata non comporta l'irrilevanza della questione, poiché non spetta alla Corte sindacare analiticamente i passaggi logico-giuridici che il giudice ha compiuto per approdare alla conclusione in esame, essendo detti passaggi adeguatamente motivati - V. i precedenti citati: sentenze n. 39/2008 e n. 50/2007.

Processo penale - Riparazione per l'ingiusta detenzione - Diritto alla riparazione per la custodia cautelare che risulti superiore alla misura della pena inflitta - Mancata previsione - Limitazione della riparazione ai soli casi in cui l'imputato sia stato prosciolto nel merito con sentenza irrevocabile - Denunciata violazione dei principi e criteri direttivi di cui alla legge-delega n. 81 del 1987, anche in relazione agli obblighi di adeguamento alle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della persona e al processo penale - Esclusione.

Deve essere escluso il contrasto con gli artt. 76 e 77 Cost. dell'art. 314 cod. proc. pen., censurato nella parte in cui non prevede il diritto alla riparazione per la custodia cautelare che risulti superiore alla misura della pena inflitta, limitando il diritto ai soli casi di proscioglimento nel merito. Non è infatti violato l'art. 2, comma 1, numero 100, della legge 16 febbraio 1987, n. 81, il quale prevede che il legislatore delegato disciplini la "riparazione dell'ingiusta detenzione e dell'errore giudiziario" in quanto, posto che non sono adattabili al caso di specie le sentenze n. 231 e n. 413 del 2004, invocate dal rimettente nella parte in cui evidenziano che la suddetta direttiva è stata dettata dal legislatore senza porre alcuna limitazione circa il titolo della detenzione o le cause dell'ingiustizia, non vi sono ragioni per ritenere che la legge-delega abbia voluto introdurre direttamente una clausola generale di riparabilità della detenzione "ingiusta" che sia affidata al filtro dell'interprete, anziché a quello "fisiologico" della norma delegata; anzi, con l'ampiezza della espressione utilizzata il delegante ha voluto rimettere al delegato l'individuazione e la specificazione di tali ipotesi. Vero è che anche dalle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della persona e del processo penale (art. 2, comma 1, legge n. 81 del 1987) ben possono essere tratti principi e criteri direttivi idonei ad indirizzare, di volta in volta, la discrezionalità, pur limitata, del legislatore delegato. Peraltro, non vale a sorreggere le conclusioni del rimettente né l'art. 9, paragrafo 5, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici adottato a New York il 19 dicembre 1966, che ha per oggetto le sole ipotesi, riconducibili al comma 2 dell'art. 314 cod. proc. pen., nelle quali, a prescindere dall'esito del giudizio di merito, difettassero in origine le condizioni legali per applicare o mantenere una misura custodiale, né l'art. 5, paragrafo 5, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata con legge 4 agosto 1955, n. 848, che si applica alle ipotesi in cui taluno sia stato privato della libertà personale al di fuori dei casi indicati dalla legge nazionale e previsti nel paragrafo 1 dello stesso articolo, ovvero in violazione delle modalità e dei tempi disciplinati dai paragrafi 2, 3 e 4. - V. precedenti citati in tema di art. 314 cod. proc. pen., sentenze n. 413 e n. 231/2004. - Sul naturale rapporto di riempimento che lega la norma delegata a quella delegante v., citate, sentenze n. 308/2002 e n. 4/1992. - Sulla necessità che le norme del codice di procedura penale si adeguino alle norme interposte costituite dalla convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della persona e al processo penale v., citate, sentenze n. 109/1999, n. 310/1996, n. 373/1992, n. 344/1991; sul fatto che da tali convenzioni si traggano principi e criteri direttivi per il legislatore delegato v., citate, sentenze n. 224/1990, n. 156/1987, n. 56/1971 e ordinanza n. 228/2005. - Sull'interpretazione dell'art. 5 della CEDU da parte della Corte Edu v., citate, sentenze n. 348 e 349/2007. - V., altresì, citata, sentenza n. 375/2006 (recte : ordinanza) .

Processo penale - Riparazione per l'ingiusta detenzione cautelare - Limitazione ai soli casi in cui l'imputato sia stato prosciolto nel merito - Manifesta irragionevolezza della scelta di condizionare in ogni caso la riparazione al proscioglimento nel merito - Illegittimità costituzionale 'in parte qua', secondo quanto precisato in motivazione - Assorbimento di ulteriori profili di censura.

E' costituzionalmente illegittimo, secondo quanto precisato in motivazione, l'art. 314 cod. proc. pen., nella parte in cui, nell'ipotesi di detenzione cautelare sofferta, condiziona in ogni caso il diritto all'equa riparazione al proscioglimento nel merito dalle imputazioni. L'istituto della riparazione abbraccia i casi di oggettiva lesione della libertà personale, che sia comunque ingiusta alla luce di una valutazione ex post , e si pone come strumento indennitario per l'ipotesi in cui il provvedimento cautelare, anche se sorto e mantenuto in vigore legittimamente, si sia rivelato successivamente ingiusto. Tuttavia, la norma condiziona espressamente il rimedio alla circostanza che, all'esito del giudizio, l'imputato sia stato prosciolto nel merito: tale scelta appare manifestamente irragionevole, e pertanto lesiva dell'art. 3 Cost., poiché non è costituzionalmente ammissibile che l'incidenza che la custodia cautelare ha esercitato sul bene inviolabile della libertà, nella fase anteriore alla sentenza definitiva, possa essere apprezzata con esclusivo riferimento al caso di assoluzione nel merito: se un sacrificio della libertà vi è stato, il meccanismo solidaristico della riparazione non può che attivarsi a prescindere dall'esito del giudizio. Solo in apparenza la posizione di chi sia stato prosciolto nel merito si distingue da quella di chi sia stato condannato (ovviamente, quanto al solo giudizio circa l'ingiustizia della custodia cautelare che soverchi la pena inflitta), poiché in entrambi i casi l'imputato ha subito una restrizione del proprio diritto inviolabile, ed in entrambi i casi ricorre l'obbligo costituzionale di indennizzare tale pregiudizio. Sono assorbite le ulteriori censure, svolte con riguardo agli artt. 2, 13 e 24 Cost. - Sulla riparazione v. i precedenti citati, sentenze n. 413, n. 231 e n. 230/2004, n. 446/1997, n. 310/1996, n. 1/1969. - Sul fatto che lo sviluppo della persona umana sia il fine ultimo dell'organizzazione sociale v., citata, sentenza n. 167/1999. - Sul fatto che l'inviolabilità dei diritti non sia vuota proclamazione della Carta v., citata, sentenza n.232/1998. - Sulla tutela del "nucleo irriducibile" di ogni diritto inviolabile v., citate, sentenze n. 252/2001, n. 509/2000, n. 309/1999 e n. 267/1998. - Sul fatto che l'azione risarcitoria sia tecnica di tutela della situazione giuridica lesa v., citata, sentenza n. 204/2004. - Sulla necessità di riparare i danni subiti nei propri valori dalla persona v., citate, sentenze n. 233/2003 e n. 561/1987. - Sul necessario ristoro del danno subito da chi sia stato sottoposto a vaccinazione obbligatoria v., citate, sentenze n. 118/1996, n. 258/1994, n. 307/1990. - Sul fatto che la riparazione abbia finalità solidaristica v., citate, sentenze n. 109/1999 e n. 446/1997. - Sulle finalità costituzionali proprie delle misure cautelari v., citate, sentenze n.1/1980 e n. 64/1970 - Sui limiti che deve incontrare la durata della custodia cautelare v., citate, sentenze n. 223/2006, n. 292 e n. 232/1998, n. 15/1982 e ordinanze n. 397/2000 e n. 269/1999.

Processo penale - Riparazione per l'ingiusta detenzione cautelare - Diritto spettante in caso di custodia cautelare eccedente la misura della pena inflitta - Determinazione del 'quantum' rimessa ai giudici comuni.

Una volta dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 314 cod. proc. pen. nella parte in cui, nell'ipotesi di detenzione cautelare sofferta, condiziona in ogni caso il diritto all'equa riparazione al proscioglimento nel merito dalle imputazioni, e riconosciuto, quindi, il diritto all'indennizzo anche in caso di custodia cautelare eccedente la misura della pena inflitta, spetterà ai giudici comuni quantificare il suddetto indennizzo, posto che la distinzione tra prosciolto e condannato, irrilevante ai fini dell' an debeatur , torna ad avere rilievo in sede di determinazione del quantum debeatur .