Pronuncia 324/2008

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 6, commi 1, 2, 4 e 5, dell'art. 10, comma 3, della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione) e dell'art. 157, secondo comma, del codice penale, come novellato dall'art. 6, comma 1, della legge n. 251 del 2005, promossi, nell'ambito di diversi procedimenti penali, con ordinanze del 31 gennaio 2006 dal Tribunale di Roma, del 24 gennaio 2006 dal Tribunale di Salerno sezione distaccata di Cava de' Tirreni e del 18 luglio 2006 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova, rispettivamente iscritte ai nn. 115 e 192 del registro ordinanze 2006 ed al n. 1 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 17 e 26, prima serie speciale, dell'anno 2006 e n. 7 prima serie speciale, dell'anno 2007. Visti gli atti di costituzione della Prima Idep S.p.r.l., della Société Générale de Sucreries, S.G.S., s.a. in liquidazione, del Patronato Piccoli Azionisti Industria Zuccheri, P.A.I.Z. e della Investissements Dynamiques et Prudents, I.D.E.P. s.a., nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 1° aprile 2008 e nella camera di consiglio del 2 aprile 2008 il Giudice relatore Gaetano Silvestri, sostituito per la redazione della sentenza dal Giudice Paolo Maria Napolitano; uditi gli avvocati Bruno Rossini e Vittorio Poli per la Société générale de Sucreries, S.G.S., s.a. in liquidazione, Vittorio Fasce, Salvatore Greco e Vittorio Poli per la Investissements Dynamiques et Prudents, I.D.E.P. s.a., Vittorio Fasce, Salvatore Greco, Vittorio Poli e Bruno Rossini per la Prima Idep S.p.r.l., Vittorio Fasce e Salvatore Greco per il Patronato Piccoli Azionisti Industria Zuccheri, P.A.I.Z.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 2, della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova e dal Tribunale di Salerno, sezione distaccata di Cava de' Tirreni, con le ordinanze indicate in epigrafe; dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 5, della legge n. 251 del 2005 sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova, con l'ordinanza indicata in epigrafe; dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, commi 1 e 4, della legge n. 251 del 2005 sollevata, in riferimento agli artt. 3, 13, 25, secondo comma, e 27, della Costituzione, dal Tribunale di Salerno, sezione distaccata di Cava de' Tirreni, con l'ordinanza indicata in epigrafe; dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, comma 3, della legge n. 251 del 2005 sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 111, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova con l'ordinanza indicata in epigrafe e, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Salerno, sezione distaccata di Cava de' Tirreni, con l'ordinanza indicata in epigrafe; dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 6, commi 1 e 4, e 10, comma 3, della legge n. 251 del 2005 sollevata, in riferimento all'art. 79 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova e dal Tribunale di Salerno, sezione distaccata di Cava de' Tirreni, con le ordinanze indicate in epigrafe; dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 157, secondo comma, del codice penale, come novellato dall'art. 6, comma 1, della legge n. 251 del 2005, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Roma, in composizione monocratica, con l'ordinanza indicata in epigrafe; dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 1, della legge n. 251 del 2005 sollevata, in riferimento agli art. 3 e 111, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova, con l'ordinanza indicata in epigrafe; Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 luglio 2008. F.to: Franco BILE, Presidente Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria l'1 agosto 2008. Il Direttore della Cancelleria F.to: DI PAOLA

Relatore: Gaetano Silvestri

Data deposito: Fri Aug 01 2008 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: BILE

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Massime

Reati e pene - Prescrizione - Modifiche normative - Decorrenza del termine prescrizionale dalla data di cessazione della continuazione in caso di reato continuato - Mancata previsione - Denunciata irragionevolezza - Richiesta di pronuncia additiva 'in malam partem' - Intervento precluso alla Corte - Inammissibilità della questione.

E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 2, della legge 5 dicembre 2005, n. 251, censurato, in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che il termine prescrizionale, nel caso di reato continuato, decorra dalla data di cessazione della continuazione. Infatti, la pronuncia che viene sollecitata, mirando a introdurre nuovamente quale dies a quo per il decorso del termine di prescrizione, in caso di reato continuato, il momento della cessazione della continuazione, esorbita dai poteri spettanti alla Corte, a ciò ostando il principio della riserva di legge di cui all'art. 25, secondo comma, Cost., che demanda in via esclusiva al legislatore la scelta dei fatti da sottoporre a pena, delle sanzioni e del complessivo trattamento sanzionatorio. Non sono neppure applicabili, nella specie, i principi di cui alla sentenza n. 394/2006, che ha ritenuto suscettibili di sindacato le norme penali di favore, ossia quelle che stabiliscono, per determinate ipotesi, un trattamento più favorevole di quello risultante dall'applicazione di norme generali; infatti, il presupposto per l'ammissibilità di tale sindacato è che tra le norme poste a raffronto esista un rapporto di specialità e che le stesse siano contemporaneamente presenti nell'ordinamento: tale presupposto difetta nella specie, poiché la norma censurata, che ha escluso la rilevanza del rapporto di continuazione fra reati ai fini del calcolo del dies a quo del decorso della prescrizione, non è in rapporto di specialità con l'art. 81, secondo comma, cod. pen., indicato dal rimettente, che non fa alcun riferimento al momento di consumazione del reato continuato ma si limita a stabilire che tale fattispecie è integrata anche nel caso di violazioni commesse in tempi diversi e non prevede alcunché circa la prescrizione dei reati. In realtà, il petitum del rimettente non è finalizzato alla riespansione di una norma generale derogata - ossia l'art. 81, secondo comma, cod. pen. - ma mira al ripristino di una norma speciale sfavorevole ormai abrogata, ossia quella parte dell'art. 158 cod. pen. che prevedeva una regola meno favorevole al reo in ordine alla prescrizione nel caso di reato continuato. - Sulla inammissibilità di pronunce il cui effetto possa essere quello di introdurre nuove fattispecie penali o comunque di incidere in peius sulla risposta punitiva, v., citate, sentenza n. 394/2006 e ordinanza n. 65/2008. - Sul principio di riserva di legge ex art. 25, secondo comma, Cost., v., citate, ex plurimis , sentenze n. 161/2004, n. 49/2002 e n. 508/2000; ordinanze n. 164/2007, n. 187/2005, n. 580/2000 e n. 392/1998. - Sulla impossibilità per la Corte di adottare pronunce che comportino il ripristino di norme ormai abrogate, espressive di scelte di criminalizzazione non più attuali, v., citate, sentenze n. 330/1996 e n. 108/1981 e ordinanza n. 175/2001.

Norme citate

  • legge-Art. 6, comma 2

Parametri costituzionali

Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale - Oggetto - Norme penali di favore - Rilevanza delle questioni ad esse relative - Presupposti per l'ammissibilità del sindacato di costituzionalità.

E' ammissibile il sindacato di costituzionalità sulle norme penali di favore, intese come quelle norme che stabiliscono, per determinati soggetti o ipotesi, un trattamento più favorevole di quello che risulterebbe dall'applicazione delle norme generali o comuni. Il presupposto necessario per tale ammissibilità è che tra le norme poste a raffronto sussista un rapporto di specialità e che le stesse siano contemporaneamente presenti nell'ordinamento giuridico: in tali casi, l'eventuale effetto in malam partem non deriva dall'accoglimento della richiesta di incostituzionalità della norma più favorevole al reo ma dall'automatica riespansione della norma generale derogata. - V., citata, la sentenza n. 394/2006.

Reati e pene - Prescrizione - Modifiche normative - Estensione degli effetti degli atti interruttivi relativi ad un determinato reato anche ai reati ad esso connessi - Esclusione - Denunciata irragionevolezza - Richiesta di pronuncia additiva 'in malam partem' - Intervento precluso alla Corte - Inammissibilità della questione.

E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 5, della legge 5 dicembre 2005, n. 251, censurato, in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui esclude che gli atti interruttivi della prescrizione riguardanti un dato reato dispieghino i loro effetti anche con riferimento ai reati connessi. Infatti, è richiesta alla Corte una pronuncia additiva in malam partem , non consentita dal principio di riserva di legge di cui all'art. 25, secondo comma, Cost.

Norme citate

  • legge-Art. 6, comma 5

Parametri costituzionali

Reati e pene - Prescrizione - Modifiche normative - Previsione di un sistema di computo dei termini prescrizionali legato allo 'status' soggettivo dell'imputato e non alla gravità oggettiva del fatto - Previsione che l'aumento dei termini prescrizionali, in caso di atti interruttivi, sia determinato secondo criteri meramente soggettivi - Denunciata irragionevolezza nonché violazione dei principi di legalità, di personalità della responsabilità penale e di difesa sociale - 'Petitum' oscuro, ancipite e di difficile determinazione - Possibilità che la censura sia rivolta a parte della norma non applicabile nei giudizi 'a quibus' ovvero che sia richiesta una pronuncia additiva 'in malam partem' - Inammissibilità delle questioni.

Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 6, commi 1 e 4, e dell'art. 6, comma 5, della legge 5 dicembre 2005, n. 251, censurati, in riferimento all'art. 3 Cost., rispettivamente nella parte in cui assegnano importanza prevalente allo status soggettivo del reo nel computo dei termini prescrizionali (stabilendo un prolungamento dei termini più cospicuo per i delinquenti recidivi, abituali o per tendenza) e prevedono che la maggior durata di tali termini, in caso di atti interruttivi della prescrizione, sia determinata con riguardo alle ipotesi di recidiva, abitualità e professionalità nel reato, dunque secondo criteri meramente soggettivi. Infatti, entrambe le questioni presentano un petitum ancipite ed oscuro. Inoltre, qualunque interpretazione si voglia dare alla censura dei rimettenti, nel primo caso la questione non rileverebbe nei giudizi a quibus , ove a nessuno degli imputati è contestata la recidiva, mentre nella seconda ipotesi - avendo la censura lo scopo di estendere ai non recidivi gli effetti dell'allungamento dei termini di prescrizione - troverebbe applicazione il limite al sindacato di costituzionalità in malam partem delle norme penali. - Il carattere oscuro ed ancipite del petitum rende la questione manifestamente inammissibile secondo le ordinanze, citate, n. 363/2005, n. 187/2004, n. 210/2002.

Norme citate

  • legge-Art. 6, comma 1
  • legge-Art. 6, comma 4

Reati e pene - Prescrizione - Modifiche normative - Disciplina transitoria - Applicabilità della nuova disciplina ai reati perseguiti in procedimenti nei quali non sia stata dichiarata l'apertura del dibattimento all'entrata in vigore della novella - Denunciata irragionevolezza nonché violazione dei principi del giusto processo - 'Petitum' oscuro, ancipite e di difficile determinazione - Motivazioni generiche in ordine alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza - Inammissibilità della questione.

E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, comma 3, della legge 5 dicembre 2005, n. 251, censurato, in riferimento agli artt. 3 e 111, secondo comma, Cost., nella parte in cui prevede l'applicazione della nuova disciplina della prescrizione ai soli procedimenti penali in cui non sia stata dichiarata l'apertura del dibattimento. Non solo, infatti, il petitum è oscuro ed ancipite, ma la motivazione sulla rilevanza e la non manifesta infondatezza è del tutto generica. Infatti, dalla motivazione dei rimettenti non è possibile comprendere perchè gli stessi ritengano irragionevole la norma transitoria, non nel senso di costituire un'illegittima eccezione a un principio generale dell'ordinamento (come sottolineato nella sentenza n. 393 del 2006), ma nel senso di costituire una deroga eccessivamente limitata a tale principio. - V., citate, sentenze n. 72/2008 e n. 393/2006.

Norme citate

  • legge-Art. 10, comma 3

Reati e pene - Prescrizione - Modifiche normative - Previsione di un sistema di computo dei termini prescrizionali legato allo 'status' soggettivo dell'imputato e non alla gravità oggettiva del fatto - Denunciata introduzione di un'amnistia senza il rispetto della relativa procedura - Esclusione - Non fondatezza della questione.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, commi 1 e 4, della legge 5 dicembre 2005, n. 251, censurato, in riferimento all'art. 79 Cost., perché, prevedendo un sistema di computo dei termini prescrizionali legato allo status soggettivo del reo e non alla gravità oggettiva del fatto, introdurrebbe un'amnistia mascherata. Il richiamo all'istituto dell'amnistia è del tutto inconferente, posto che la norma che abroga o riformula una norma incriminatrice o una ipotesi di estinzione del reato, non presenta nessuna delle caratteristiche proprie di provvedimenti di amnistia, prima fra tutte l'efficacia limitata nel tempo, essendo invece destinata a disciplinare in via stabile tutti i fatti successivi alla sua entrata in vigore. - Sull'amnistia v., citata, sentenza n. 369/1988.

Norme citate

  • legge-Art. 6, comma 1
  • legge-Art. 6, comma 4

Parametri costituzionali

Reati e pene - Prescrizione - Modifiche normative - Disciplina transitoria - Applicabilità della nuova disciplina ai reati perseguiti in procedimenti nei quali non sia stata dichiarata l'apertura del dibattimento all'entrata in vigore della novella - Denunciata introduzione di un'amnistia senza il rispetto della relativa procedura - Esclusione - Non fondatezza della questione.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, comma 3, della legge 5 dicembre 2005, n. 251, censurato, in riferimento all'art. 79 Cost., perché, applicando la nuova disciplina della prescrizione ai reati perseguiti in procedimenti nei quali non sia stata dichiarata l'apertura del dibattimento, introdurrebbe un'amnistia mascherata. Il richiamo all'istituto dell'amnistia è del tutto inconferente, posto che la norma che abroga o riformula una norma incriminatrice o una ipotesi di estinzione del reato, non presenta nessuna delle caratteristiche proprie di provvedimenti di amnistia, prima fra tutte l'efficacia limitata nel tempo, essendo invece destinata a disciplinare in via stabile tutti i fatti successivi alla sua entrata in vigore. - Sull'amnistia v., citata, sentenza n. 369/1988.

Norme citate

  • legge-Art. 10, comma 3

Parametri costituzionali

Reati e pene - Prescrizione - Modifiche normative - Determinazione del tempo necessario a prescrivere - Valutazione anche delle attenuanti ad effetto speciale e di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria - Mancata previsione - Denunciata irragionevolezza e violazione del principio di eguaglianza - Esclusione - Non fondatezza della questione.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 157, secondo comma, cod. pen., come novellato dall'art. 6, comma 1, della legge 5 dicembre 2005, n. 251, censurato, in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che, per determinare il tempo necessario a prescrivere, si tenga conto anche delle attenuanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e di quelle ad effetto speciale. Tale scelta è espressione del legittimo esercizio della discrezionalità legislativa: non trasmoda, infatti, in una violazione del principio di ragionevolezza che il legislatore abbia ritenuto che la rinuncia a perseguire i fatti criminosi debba essere rapportata alla gravità del reato nella sua massima esplicazione sanzionatoria prevista per la fattispecie base e sul massimo aumento di pena previsto per quelle aggravanti che, cogliendo elementi del fatto connotati da una maggior idoneità ad incidere sull'ordinaria fisionomia dell'illecito, comportano una eccezionale variazione del trattamento sanzionatorio. L'esclusione della considerazione delle attenuanti è conseguente alla scelta in favore di un criterio di misurazione del tempo necessario a prescrivere in grado di evitare che solo successivamente all'accertamento del fatto, in sede di decisione di merito, si pervenga, per effetto del riconoscimento e del bilanciamento di circostanze di segno opposto, ad una pronuncia di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, con conseguente inutilità dell'attività processuale svolta; nonché in grado di evitare che la determinazione del termine prescrizionale venga a dipendere da valutazioni giudiziali ad alto tasso di discrezionalità.

Norme citate

Parametri costituzionali

Reati e pene - Prescrizione - Modifiche normative - Determinazione del tempo necessario a prescrivere - Valutazione anche delle aggravanti comuni e delle attenuanti - Mancata previsione - Denunciata irragionevolezza nonché violazione dei principi del giusto processo - Esclusione - Non fondatezza della questione.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 1, della legge 5 dicembre 2005, n. 251, censurato, in riferimento agli artt. 3 e 111, secondo comma, Cost., nella parte in cui non prevede che, per determinare il tempo necessario a prescrivere, si tenga conto anche delle aggravanti comuni e delle attenuanti. Tale scelta è espressione del legittimo esercizio della discrezionalità legislativa e non trasmoda in una violazione del principio di ragionevolezza, in quanto volta a stabilire tempi certi e predeterminati di prescrizione dei reati.

Norme citate

  • legge-Art. 6, comma 1