Articolo 157 - CODICE PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 110/2019Depositata il 09/05/2019
È dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 157, sesto comma, cod. pen., come sostituito dall'art. 6 della legge n. 251 del 2005, censurato dal Tribunale di Torino - in riferimento all'art. 3 Cost. - nella parte in cui prevede che il termine di prescrizione del reato di crollo colposo di cui all'art. 449 cod. pen., in relazione all'art. 434 dello stesso codice, è raddoppiato. La sopravvenuta sentenza n. 265 del 2017 ha dichiarato non fondata identica questione, sottolineando che al legislatore non è precluso ritenere, nell'ambito della sua discrezionalità, che in rapporto a determinati delitti colposi la "resistenza all'oblio" nella coscienza sociale - su cui si radica la durata della prescrizione - e la complessità dell'accertamento dei fatti siano omologabili a quelle della corrispondente ipotesi dolosa, giustificando, con ciò, la sottoposizione di entrambi ad un identico termine prescrizionale. Né l'odierna ordinanza di rimessione aggiunge argomenti nuovi o diversi da quelli già esaminati. ( Precedente specifico citato: sentenza n. 265 del 2017. Precedente citato: sentenza n. 112 del 2018, riguardante il raddoppio del termine di prescrizione dei reati di frana colposa e naufragio colposo ).
Norme citate
- codice penale-Art. 157, comma 6
- legge-Art. 6
Parametri costituzionali
Pronuncia 112/2018Depositata il 30/05/2018
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Corte d'appello di L'Aquila e dalla Corte di cassazione in riferimento all'art. 3 Cost. - dell'art. 157, sesto comma, cod. pen., nella parte in cui prevede che il termine di prescrizione dei reati di frana colposa e di naufragio colposo è raddoppiato. L'equiparazione del termine prescrizionale delle due forme di realizzazione dello stesso delitto - dolosa e colposa - non rappresenta affatto una "anomalia" introdotta dalla legge n. 251 del 2005, che ha riformato l'istituto della prescrizione, in quanto fenomeno già ampiamente noto al sistema anteriore; né, al fine di ritenere che tale fenomeno contrasti con il parametro evocato, giova richiamare la natura sostanziale della prescrizione, poiché a differenziare la fattispecie dolosa da quella colposa, assicurando la proporzionalità del trattamento sanzionatorio al disvalore del fatto, provvede la pena. Rientra dunque nella discrezionalità del legislatore che in rapporto a determinati delitti colposi - quali anche quelli oggetto dei giudizi principali, in cui si è realizzata l'equiparazione, e non già lo "scavalcamento" del termine di prescrizione della fattispecie colposa a quello della fattispecie dolosa - la "resistenza all'oblio" nella coscienza sociale e la complessità dell'accertamento dei fatti siano omologabili a quelle della corrispondente ipotesi dolosa, giustificando, con ciò, la sottoposizione di entrambi ad un identico termine prescrizionale. ( P recedenti citati: sentenze n. 265 del 2017, n. 143 del 2014, n. 23 del 2013, n. 324 del 2008, n. 393 del 2006, n. 455 del 1998 e n. 202 del 1971; ordinanze n. 24 del 2017, n. 337 del 1999 e n. 288 del 1999 ).
Norme citate
- codice penale-Art. 157, comma 6
Parametri costituzionali
Pronuncia 265/2017Depositata il 13/12/2017
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate, in riferimento all'art. 3 Cost., dalla Corte di cassazione, dai Tribunali di Velletri e di Torino e dal GUP del Tribunale di Larino - dell'art. 157, sesto comma, cod. pen., come sostituito dall'art. 6 della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui prevede che è raddoppiato il termine di prescrizione del delitto di crollo di costruzioni o altro disastro colposo (c.d. disastro innominato), di cui al combinato disposto degli artt. 449 e 434 cod. pen. Diversamente dal caso del delitto di incendio, il censurato meccanismo di raddoppio comporta, per quello in esame, la semplice equiparazione del termine prescrizionale della fattispecie colposa a quello della fattispecie dolosa, e non già lo "scavalcamento" di quest'ultimo, ritenuto costituzionalmente ingiustificabile dalla sentenza n. 143 del 2014. La previsione di un identico termine prescrizionale per le due forme (dolosa e colposa) di realizzazione dello stesso delitto - rinvenibile nell'ordinamento prima e dopo la legge n. 251 del 2005, indipendentemente dal regime di raddoppio - non è in contrasto con la natura sostanziale della prescrizione e con l'esigenza di diversificare il trattamento di situazioni dissimili sul piano della componente psicologica, poiché a differenziare la fattispecie dolosa da quella colposa, assicurando la proporzionalità del trattamento sanzionatorio al disvalore del fatto, provvede la pena, alla cui diversificazione non deve imprescindibilmente aggiungersi quella dei termini di prescrizione. Rimane pertanto nel confine del legittimo esercizio della discrezionalità del legislatore la possibilità di ritenere che in rapporto a determinati delitti colposi - come quello in esame (comprensivo, prima della legge n. 68 del 2015, anche dei fatti di c.d. "disastro ambientale) - la "resistenza all'oblio" nella coscienza sociale e la complessità dell'accertamento dei fatti siano omologabili a quelle della corrispondente ipotesi dolosa, giustificando con ciò la sottoposizione di entrambi ad un identico termine prescrizionale. ( Precedente citato: sentenza n. 143 del 2014 ).
Norme citate
- codice penale-Art. 157, comma 6
- legge-Art. 6
Parametri costituzionali
Pronuncia 226/2016Depositata il 20/10/2016
E' manifestamente infondata, per erroneità del presupposto interpretativo, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 157, quinto comma, cod. pen. (come sostituito dall'art. 6 della legge n. 251 del 2005), impugnato, in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui prevede che, quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applica il termine di prescrizione di anni tre. Analoghe questioni sono state dichiarate non fondate, nei sensi di cui in motivazione, dalla sentenza n. 2 del 2008, la quale ha escluso l'attuale vigenza di un termine triennale di prescrizione per i reati di competenza del giudice di pace punibili mediante le cosiddette sanzioni paradetentive. In particolare, la citata pronuncia ha negato la riferibilità della norma censurata a fattispecie incriminatrici che non prevedano in via diretta ed esclusiva pene diverse da quelle pecuniarie o detentive ed ha rilevato la perdurante equiparazione tra le pene dell'obbligo di permanenza domiciliare e del lavoro socialmente utile (irrogabili dal giudice di pace in alternativa alle pene pecuniarie) e le sanzioni detentive originariamente previste per i reati che le contemplano. Nella motivazione degli atti di promovimento non si rinvengono argomenti idonei a modificare le richiamate valutazioni. Per la dichiarazione di non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, di analoghe questioni, v. la citata sentenza n. 2/2008. In materia di prescrizione dei reati di competenza del giudice di pace, v. le citate ordinanze nn. 45/2012, 135/2009, 433/2008, 381/2008 e 223/2008.
Norme citate
- codice penale-Art. 157, comma 5
- legge-Art. 6
Parametri costituzionali
Pronuncia 152/2014Depositata il 29/05/2014
Sono restituiti al rimettente gli atti relativi alla questione di legittimità costituzionale degli artt. 157, secondo comma, cod. pen. (come sostituito dall'art. 6, comma 1, della legge n. 251 del 2005) e 73, commi 1 e 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico in materia di stupefacenti), impugnati, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., in quanto l'art. 157, secondo comma, cod. pen. non consente di tenere conto, ai fini del computo del termine di prescrizione, anche delle circostanze attenuanti con pena di specie diversa o a effetto speciale, come quella prevista dall'art. 73, comma 5, del citato d.P.R. Infatti, successivamente all'ordinanza di rimessione, è intervenuto il d.l. n. 146 del 2013 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 10 del 2014) che, all'art. 2, comma 1, lett. a ), ha modificato l'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, trasformando l'attenuante del fatto di lieve entità in una fattispecie autonoma di reato. A fronte di tale ius superveniens , spetta pertanto al rimettente la valutazione circa la perdurante rilevanza della questione alla luce del mutato quadro normativo. - Sulla restituzione degli atti al giudice a quo , per una nuova valutazione della rilevanza della questione, alla luce del mutato quadro normativo, v., ex multis , le citate ordinanze nn. 75/2014, 35/2013, 316/2012 e 296/2011.
Norme citate
- codice penale-Art. 157, comma 2
- legge-Art. 6, comma 1
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 73, comma 1
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 73, comma 5
Parametri costituzionali
Pronuncia 143/2014Depositata il 28/05/2014
È costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 157, sesto comma, cod. pen., nella parte in cui prevede che i termini di cui ai precedenti commi del medesimo articolo sono raddoppiati per il reato di incendio colposo (art. 449 cod. pen.). La normativa censurata - per effetto della quale il reato di incendio colposo si prescrive nel termine di dodici anni, largamente superiore ai sette anni previsti dalla disciplina generale per la fattispecie di incendio doloso (art. 423 cod. pen.) - viola i principi di eguaglianza e di ragionevolezza in quanto, ribaltando la scala di gravità delle due figure criminose, assoggetta l'ipotesi meno grave - secondo la valutazione legislativa espressa nelle comminatorie di pena, in coerenza con il rapporto sistematico che intercorre tra il dolo e la colpa - ad un trattamento assai più rigoroso, sotto il profilo considerato, rispetto alla corrispondente ipotesi più grave. La deroga alla regola generale di computo dei termini di prescrizione correlata alla gravità del reato - introdotta dalla norma censurata in relazione al reato di incendio colposo - non può infatti essere giustificata, nel raffronto con il trattamento riservato all'omologa figura dolosa, né sulla base di considerazioni legate al grado di allarme sociale (trattandosi di fattispecie identiche sul piano oggettivo che si differenziano tra loro unicamente per la componente psicologica), né sulla base di ragioni di ordine probatorio (non potendo il tasso di complessità delle indagini per l'ipotesi colposa essere tale da giustificare un termine di prescrizione quasi doppio rispetto a quello dell'omologo illecito commesso intenzionalmente). - Sulla prescrizione quale istituto di natura sostanziale, v., ex plurimis , le citate sentenze nn. 324/2008 e 393/2006. - Sulla ratio della prescrizione, nel senso che essa si collega, da un lato, all'interesse generale a non perseguire più i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venir meno, o notevolmente attenuato, l'allarme della coscienza comune e, dall'altro, al "diritto all'oblio" dei cittadini, v. le seguenti citate decisioni: sentenze nn. 23/2013, 393/2006 e 202/1971 e ordinanza n. 337/1999. - Nel senso che la regola generale di computo della prescrizione posta dal legislatore non costituisce un «momento necessario di attuazione - o di salvaguardia - dei principi costituzionali», v. le seguenti citate decisioni: sentenza n. 455/1998 e ordinanza n. 288/1999.
Norme citate
- codice penale-Art. 157, comma 6
Parametri costituzionali
Pronuncia 16/2014Depositata il 30/01/2014
È manifestamente inammissibile, per omessa descrizione della fattispecie e genericità della prospettazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 157, quinto comma, cod. pen., come sostituito dall'art. 6 della legge n. 251 del 2005, impugnato, in riferimento all'art. 3 Cost., «nella parte in cui non prevede che il termine triennale di prescrizione non possa trovare applicazione con riferimento anche agli altri reati attribuiti alla competenza del Giudice di pace puniti con pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria». Il rimettente ha omesso di indicare i capi di imputazione, essendosi limitato ad enunciare le norme incriminatrici poste ad oggetto della contestazione, senza riferire neppure la data di commissione dei reati e non ha fornito informazioni circa il corso della prescrizione e l'esistenza di eventuali cause di interruzione o sospensione, impedendo in tal modo alla Corte di svolgere il controllo sulla rilevanza della questione. Manca, infine, nell'ordinanza una esposizione sufficientemente chiara delle ragioni del ritenuto contrasto tra la norma censurata e il parametro evocato. - Nel senso della inammissibilità di questioni caratterizzate da genericità della prospettazione, omessa indicazione del contenuto dei parametri di riferimento e carente motivazione in ordine alle ragioni per cui le disposizioni censurate ne comporterebbero la violazione, v., ex plurimis, le seguenti citate decisioni: sentenze n. 326/2008, n. 168/2008 e n. 38/2007; ordinanze n. 48/2012 e n. 175/2009.
Norme citate
- codice penale-Art. 157, comma 5
- legge-Art. 6
Parametri costituzionali
Pronuncia 313/2012Depositata il 27/12/2012
E' manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento all'art. 27, secondo comma, Cost. - dell'art. 157, quinto comma, cod. pen., come sostituito dall'art. 6 della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui non dispone che il termine triennale di prescrizione, previsto per i reati puniti con pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applichi a tutti i reati di competenza del giudice di pace. Il rimettente, invero, non ha chiarito in alcun modo le ragioni dell'asserito contrasto tra la norma censurata e l'invocato principio di "rieducatività", collegando tra l'altro quest'ultimo al secondo comma dell'art. 27 Cost. (che concerne la presunzione di non colpevolezza) e non al terzo (per il quale le pene devono tendere alla rieducazione del condannato). - Per il principio in base al quale sono manifestamente inammissibili le questioni sollevate con assoluta carenza di motivazione circa i profili di contrasto tra norma censurata e parametro costituzionale evocato si vedano, ex plurimis , le menzionate ordinanze nn. 174/2012 e 181/2012.
Norme citate
- codice penale-Art. 157, comma 5
- legge-Art. 6
Parametri costituzionali
Pronuncia 313/2012Depositata il 27/12/2012
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. - dell'art. 157, quinto comma, cod. pen., come sostituito dall'art. 6 della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui non dispone che il termine triennale di prescrizione, previsto per i reati puniti con pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applichi a tutti i reati di competenza del giudice di pace. Invero, i dubbi di legittimità sono espressi sulla base di un erroneo presupposto interpretativo, poiché la Corte - nel dichiarare non fondate "nei sensi di cui in motivazione" questioni analoghe, poste con riguardo al primo e quinto comma dell'art. 157 cod. pen. - ha già chiarito come debba essere esclusa l'attuale vigenza di un termine triennale di prescrizione - quale quello previsto ai sensi del quinto comma dell'art. 157, cod. pen. - per i reati di competenza del giudice di pace punibili mediante le cosiddette sanzioni "paradetentive". - Per la declaratoria di non fondatezza della questione di legittimità - sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. - dell'art. 157, primo e quinto comma, cod. pen., si veda la menzionata sentenza n. 2/2008.
Norme citate
- codice penale-Art. 157, comma 5
- legge-Art. 6
Parametri costituzionali
Pronuncia 45/2012Depositata il 07/03/2012
Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, dell'articolo 157, quinto comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui non dispone che il termine triennale di prescrizione si applichi a tutti i reati di competenza del giudice di pace, e non soltanto a quelli puniti con pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria. Invero, i dubbi prospettati dal rimettente originano da un erroneo presupposto interpretativo: infatti - dichiarando non fondate «nei sensi di cui in motivazione» questioni analoghe a quelle odierne, poste con riguardo al primo ed al quinto comma dell'art. 157 cod. pen. (sentenza n. 2 del 2008) - è stato già chiarito come debba essere esclusa l'attuale vigenza di un termine triennale di prescrizione per i reati di competenza del giudice di pace punibili mediante le cosiddette sanzioni paradetentive ed, in particolare, è stata negata la riferibilità della norma contenuta nel quinto comma dell'art. 157 cod. pen. a fattispecie incriminatrici che non prevedano in via diretta ed esclusiva pene diverse da quelle pecuniarie o detentive; inoltre, è stata rilevata la perdurante equiparazione, «per ogni effetto giuridico», tra le pene dell'obbligo di permanenza domiciliare e del lavoro socialmente utile, irrogabili dal giudice di pace in alternativa alle pene pecuniarie, e le sanzioni detentive originariamente previste per i reati che le contemplano (art. 58, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, recante «Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468»). Opzione, quella appena descritta, confermata in occasione del vaglio di ulteriori questioni sollevate con riguardo alla disciplina della prescrizione per i reati di competenza del giudice di pace. Pertanto, la ritenuta applicabilità delle disposizioni previste nel primo comma dell'art. 157 cod. pen. a tutti i reati di competenza del giudice di pace esclude l'incongrua diversità di trattamento denunciata dal rimettente. - Sulla disciplina della prescrizione per i reati di competenza del giudice di pace, v., oltre la sentenza n. 2 del 2008 citata in massima, le richiamate ordinanze nn. 223, 381 e 433 del 2008, e n. 135 del 2009.
Norme citate
- codice penale-Art. 157, comma 5
- legge-Art. 6
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.