Articolo 132 - CODICE PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Ove vi sia un notevole divario fra il limite minimo ed un limite massimo della pena edittale, e' consentito al legislatore di includere nello stesso modello di genere una pluralita' di fattispecie diverse per struttura e disvalore, atteso che in tali casi sia possibile per il giudice - a norma degli artt. 132 e 133 cod.pen. - far emergere la differenza fra le varie sottospecie in ordine al loro diverso disvalore e graduare, su questa base, nell'ambito dei minimi edittali, la pena da irrogare in concreto. Tale rilievo, espresso dalla Corte riguardo ai raffronti tra le varie sottofattispecie ricomprese nell'art. 5, sesto comma, della legge n. 110 del 1975, e tra queste ed altre disposizioni in materia di armi, pur dovendo essere ribadito, va anche correttamente inteso. Non se ne puo' arguire, infatti, anzitutto, che il giudice, quando ne sia il caso, non possa applicare i minimi edittali alla (o alle) sottofattispecie piu' gravi. Inoltre, esso non puo' essere dilatato fino al punto da tradursi in sovvertimento del rapporto (ved. massima A) tra il principio della riserva alla legge del trattamento sanzionatorio e quello dell'individualizzazione della pena. - S. n. 176/1986.
E' manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 23, 132, secondo comma, e 624 cod. pen. - sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., sotto il profilo dell'irragionevolezza del trattamento punitivo eguale per fatti di diversa gravita', e della contrarieta' al senso di umanita' e alla finalita' educativa della pena - e gia' dichiarata infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., con sentenza n. 208 del 1974.
Rientra nella discrezionalita' del legislatore determinare l'entita' della pena edittale ed il relativo apprezzamento di politica legislativa puo' formare oggetto di censura solo quando la sperequazione tra pena e reato assuma dimensioni tali da non riuscire sorretta da ogni benche' minima giustificazione. Sono pertanto infondate - in riferimento all'art. 3 Cost. - le questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 23, 25, 56, 132 e 624 c.p. nella parte in cui escludono in ogni caso la possibilita' di scendere al di sotto dei limiti minimi stabiliti in via generale per le pene della reclusione e dell'arresto, in quanto - come si desume anche dai lavori preparatori ed e' ricordato nella sent. n. 118 del 1973 di questa Corte, il legislatore, tenendo conto della funzione e della finalita' della sanzione penale ed, in particolare, del principio della rieducazione dei condannati, previsto anche dall'art. 27 della Costituzione, ha considerato che un'eccessiva brevita' delle pene detentive le renderebbe inidonee a conseguire quelle finalita'.
Va dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 341 e 132 del codice penale, sollevata in relazione agli artt. 3 e 27 della Costituzione giacche', per quanto riguarda il riferimento all'art. 3 Cost., la questione e' gia' stata dichiarata non fondata con sent. nn. 109 del 1968, 165 del 1972 e 118 del 1973, le cui statuizioni non possono essere modificate per il riferimento ora fatto all'art. 27 Cost. , venendo in sostanza svolti sotto questo profilo, solo apparentemente nuovo, i medesimi argomenti che la Corte ebbe a valutare nelle precedenti pronunce.
Non e' irrazionale che il potere discrezionale del giudice, nell'applicazione delle pene, trovi un limite nel minimo della specie della sanzione penale stabilito dalla legge, in quanto il legislatore ha escluso il principio della c.d. pena indeterminata; tenuto conto della funzione e del fine anche rieducativo della stessa, la brevita' eccessiva delle pene detentive le renderebbe inidonee a conseguire quelle finalita'. Conseguentemente non e' violato il principio di eguaglianza quando, ritenendo il giudice di dover applicare il minimo edittale, nel caso questo coincida per durata con quello della specie di pena prevista, e di dover concedere anche le attenuanti generiche, quest'ultime non trovino alcuna pratica incidenza. Ne' puo' trarsi argomento in contrario dall'istituto della conversione delle pene pecuniarie in detentive, che ubbidisce ad altre esigenze. Non e', pertanto, fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 132 cod. pen., sollevata al riguardo in riferimento all'art. 3 della Costituzione.