Articolo 22 - CODICE PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
In tema di determinazione delle pene nei confronti di minorenni, con particolare riferimento a quella dell'ergastolo, tenuto conto della estrema diversita' delle discipline che regolano il regime delle pene piu' gravi nei vari Paesi, anche nel variegato panorama delle legislazioni degli Stati piu' affini a quella del nostro Paese, non e' possibile rinvenire un principio generale o una consuetudine in materia, non risultando - diversamente da quanto ritenuto dal giudice 'a quo' - l'esistenza di una di quelle "norme generalmente riconosciute" cui fa riferimento l'art. 10, primo comma, Cost.. Nella "Dichiarazione dei diritti del fanciullo" della Societa' delle Nazioni del 1924, nella "Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo" (ONU, New York, 20 novembre 1959), nelle "Regole minime per l'amministrazione della giustizia minorile" (ONU, New York, 29 novembre 1985, c.d. Regole di Pechino), nella Convenzione di New York "sui diritti del fanciullo" del 20 novembre 1989 - ratificata e resa esecutiva dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176 - sono contenute in materia enunciazioni la cui attuazione e' affidata alla legislazione degli Stati che vi hanno aderito e che trovano nel nostro ordinamento il maggior punto di emersione nell'art. 31 Cost. La questione di legittimita' costituzionale della previsione dell'applicabilita' della pena dell'ergastolo nei confronti del minorenne, sollevata in riferimento all'art. 10, primo comma, Cost., non puo' quindi essere presa in considerazione per l'inesattezza, oltre che per la genericita', dell'assunto della non conformita' della normativa denunciata "a numerose norme pattizie del diritto internazionale vigente in materia". (Non fondatezza, in riferimento all'art. 10, primo comma, Cost., della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 17 e 22 cod. pen.). - Cfr. S. nn. 153/1987, 96/1982, 188/1980, 48/1979, 69/1976, 104/1969, 48/1967, 135/1963, 32/1960. red.: F.S. rev.: S.P.
Come gia' osservato dalla Corte, il precetto costituzionale costituito dal fine rieducativo della pena e' stato soddisfatto dal legislatore anche con riferimento all'ergastolo, avuto riguardo al momento dinamico dell'applicazione della pena medesima, poiche' sono stati introdotti dei correttivi (quali l'istituto della liberazione condizionale e, per i minori, l'esclusione dalle nuove e piu' rigorose previsioni limitatrici della fruibilita' dei benefici stabiliti dall'ordinamento penitenziario e l'applicabilita' della liberazione condizionale senza i limiti minimi di espiazione di pena previsti in generale) che finiscono con l'incidere sulla natura stessa della pena suddetta, ormai priva del carattere della perpetuita', diversamente da come concepita alle sue origini dal codice penale del 1930. Una volta soddisfatto con detti correttivi il precetto costituzionale che assegna alla pena la funzione rieducativa, diviene esclusivo compito del legislatore il valutare, nelle scelte di politica criminale, se conservare o meno l'ergastolo tra le sanzioni punitive astrattamente previste. - Cfr. S. n. 264/1974, ed inoltre S. nn. 306/1993, 282/1989, 107/1980, 179/1973, 12/1966. red.: F.S. rev.: S.P.
Dall'art. 31 Cost., che prevede una speciale protezione per l'infanzia e la gioventu' e favorisce gli istituti necessari a tale scopo, deriva l'incompatibilita' della previsione dell'ergastolo per gli infradiciottenni, perche' accomuna, per tale particolare istituto, di indubbia gravita', nel medesimo contesto punitivo tutti i soggetti, senza tener conto della particolare condizione minorile, che esige - come gia' sottolineato dalla Corte - "di diversificare il piu' possibile il trattamento del minore dalla disciplina punitiva generale". In effetti la funzione rieducativa della pena (data la particolare attenzione che deve essere riservata, in ossequio all'art. 31 Cost., ai problemi educativi dei giovani) per i soggetti minori di eta', e' da considerarsi, se non esclusiva, certamente preminente, per cui se alcuni correttivi normativamente previsti in sede di applicazione concreta della pena sono sufficienti ad escludere il contrasto della previsione, in generale, della pena dell'ergastolo con l'art. 27, terzo comma, Cost. in se' considerato, detti correttivi e la caratterizzazione della pena che ne consegue si rivelano inadeguati una volta che si abbia riguardo alla prospettiva della spiccata protezione del minore quale espressa nell'art. 31, secondo comma, Cost., principio la cui compresenza nell'ambito dei precetti costituzionali impone un mutamento di segno al principio rieducativo immanente alla pena, attribuendo a quest'ultima, proprio perche' applicata nei confronti di un soggetto ancora in formazione e alla ricerca della propria identita', una connotazione educativa piu' che rieducativa, in funzione del suo inserimento maturo nel consorzio sociale. Per contrasto con l'art. 31, secondo comma - in relazione all'art. 27, terzo comma, Cost. - va quindi dichiarata l'illegittimita' costituzionale degli artt. 17 e 22 cod. pen., nella parte in cui non escludono l'applicazione della pena dell'ergastolo al minore imputabile. - Cfr., oltre a S. n. 140/1993, S. n. 125/1992. red.: F.S. rev.: S.P.
Le questioni sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 10, primo comma, 27, terzo comma, e 31, secondo comma, Cost., nei confronti del combinato disposto degli artt. 22, 98, 65 e 69 cod. pen., per la lamentata possibilita' - in virtu' del giudizio di comparazione fra circostanze aggravanti ed attenuanti (fra cui la minore eta') cosi' come disciplinato dalla novella del 1974 (d.l. n. 99 conv. in l. n. 200) che ha esteso il meccanismo di comparazione alle circostanze eterogenee, nelle ipotesi in cui, rispetto alla attenuante della minore eta' vengano ritenute dal giudice talvolta prevalenti, talaltra anche solo equivalenti, le circostanze aggravanti - che la pena dell'ergastolo sia inflitta anche ai minori, richiede un intervento sostitutivo del legislatore che definisca, nell'ambito di una pluralita' di possibili scelte, la portata e l'ampiezza della richiesta modifica. A parte infatti che, pur essendo il problema venuto in evidenza, nel caso di specie, innanzi al giudice dell'udienza preliminare, per la contestata inapplicabilita', in conseguenza delle norme sostanziali denunciate, del rito abbreviato, un intervento sulle norme processuali, al fine di ammettere sempre il rito abbreviato nei confronti dei minori, risulterebbe comunque precluso in questa sede per non essere stata impugnata la relativa disciplina, non appare d'altro canto adeguata neppure una sentenza meramente caducatoria dell'impugnato combinato disposto. Occorre invece un intervento normativo, certo auspicabile, ed anche urgente, che, conforme all'esigenza - anche dalla Corte piu' volte evidenziata - di diversificare il piu' possibile il trattamento del minore dalla disciplina punitiva generale, stabilisca, riguardo alle ipotesi in cui, ricorrendo con altre la circostanza della minore eta', si ritenga di non far luogo al bilanciamento, una delimitazione, senza la quale la pronuncia caducatoria produrrebbe l'effetto, eccedente la finalita' del quesito, di assicurare la prevalenza della diminuente in questione anche quando non si sia in presenza di reati punibili con l'ergastolo. (Inammissibilita' delle questioni di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 27, terzo comma, e 31, secondo comma, Cost., del combinato disposto degli artt. 22, 98, 65 e 69 cod. pen.). - Sulle necessita' di diversificazione del sistema punitivo nei confronti dei minori v. S. nn. 128/1987 e 125/1992; - Sulla inammissibillita' del rito abbreviato per i reati punitivi con l'ergastolo v. S. n. 176/1991 e O. n. 163/1992.
Vanno restituiti gli atti al giudice a quo relativamente alle questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 26 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 (T.U. leggi sul Consiglio di Stato), 4 l. 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei T.A.R.), 100 cod. proc. civ., 22 e 91 cod. proc. pen. - denunciati per contrasto con gli artt. 2, 3, commi primo e secondo, 24, commi primo e secondo, e 32 Cost. - "nella parte e nella misura in cui non riconoscono la legittimazione delle associazioni private riconosciute a difendere nelle debite sedi di tutela gli interessi generali costituzionalmente garantiti, per cui esse hanno ottenuto il riconoscimento governativo"; e dell'art. 304 cod. proc. pen., per contrasto con l'art. 2 Cost., "nella parte e nella misura in cui impone l'obbligo della comunicazione giudiziaria all'indiziato, prima dell'assunzione da parte del magistrato procedente di elementi a delibazione dell'indicazione di reita' contenuta nella denuncia o querela". Infatti, dopo la pronuncia dell'ordinanza di rimessione, e' entrata in vigore la legge 8 luglio 1986, n. 349 (Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale), il cui art. 18, comma quarto, prevede che "le associazioni di protezione ambientale individuate in base all'art. 13 della presente legge possono intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede giurisdizionale amministrativa per l'annullamento degli atti illegittimi"; onde spetta al giudice a quo valutare, se alla stregua dello ius superveniens, la prima questione - cui la seconda e' prospettata come "strettamente connessa" - sia tuttora rilevante.
E' ammissibile la richiesta di referendum abrogativo degli artt. 17, comma primo, n. 2 e 22 del codice penale, approvato con R.D. 19 ottobre 1930 n. 1398, mirante all'abolizione della pena dell'ergastolo.
Non contrasta con il principio secondo cui "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita' e devono tendere alla rieducazione del condannato" (art. 27, terzo comma, Cost.), la pena dell'ergastolo, (art. 22 c.p.) posto che dissuasione, prevenzione, difesa sociale sono a fondamento delle pene, non meno della sperata emenda (sent. n. 12 del 1962).
Non avendo la Costituzione prescritto la pena dell'ergastolo - come avrebbe potuto fare - essa e' rimessa alla discrezionalita' politica del legislatore ordinario, che potra' ricorrervi qualora appaia indispensabile strumento di intimidazione per individui insensibili a comminatorie meno gravi, o mezzo per isolare criminali che abbiano dimostrato particolare pericolosita' ed efferatezza.
La possibilita' che agli ergastolani che rifiutino di lavorare vengano comminate sanzioni disciplinari, non attiene alla legittimita' dell'art. 22 c. p. e comunque non contrasta con il "senso di umanita'" di cui all'art. 27 Cost., posto che il lavoro e' diritto e dovere sociale per tutti (art. 4 Cost.).
Nelle questioni relative alla legittimita' costituzionale di leggi delegate emanate in base a leggi di delega che prevedono genericamente la emanazione di sanzioni penali, senza cioe' fare alcuna espressa menzione delle pene accessorie, non possono valere canoni generali, ma bisogna interpretare caso per caso la volonta' del legislatore delegante. Nella specie sussistono valide ragioni per ritenere che nella espressione "sanzioni penali", usata nell'art. 2 della legge 9 ottobre 1964, n. 991, rientri anche la pena accessoria della pubblicazione della sentenza di condanna, atteso che nella complessa legislazione riguardante l'igiene degli alimenti la pubblicazione della sentenza e' una sanzione che da molto tempo fa parte del sistema. In conseguenza deve ritenersi legittimo l'art. 108 del D.P. 12 febbraio 1965, n. 162, contenente norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti, in relazione al richiamato art.2 della legge del 1964, n. 991, ed in riferimento all'art. 76 della Costituzione.