Articolo 17 - CODICE PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Manifesta inammissibilità - per difetto palese di rilevanza - della questione di legittimità costituzionale degli articoli 17 (Pene principali: specie), 18 (Denominazione e classificazione delle pene principali) e 24 (Multa) del codice penale, nei limiti in cui non escludono l'applicabilità della pena pecuniaria all'imputato minorenne, nonche' dell'art. 660 (Esecuzione delle pene pecuniarie) del codice di procedura penale e dell'art. 102 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nei limiti in cui non escludono l'applicabilità ai condannati minorenni della conversione della pena pecuniaria in pena diversa. Il giudice 'a quo', infatti, non è chiamato ad applicare nessuna delle norme censurate. M.R.
In tema di determinazione delle pene nei confronti di minorenni, con particolare riferimento a quella dell'ergastolo, tenuto conto della estrema diversita' delle discipline che regolano il regime delle pene piu' gravi nei vari Paesi, anche nel variegato panorama delle legislazioni degli Stati piu' affini a quella del nostro Paese, non e' possibile rinvenire un principio generale o una consuetudine in materia, non risultando - diversamente da quanto ritenuto dal giudice 'a quo' - l'esistenza di una di quelle "norme generalmente riconosciute" cui fa riferimento l'art. 10, primo comma, Cost.. Nella "Dichiarazione dei diritti del fanciullo" della Societa' delle Nazioni del 1924, nella "Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo" (ONU, New York, 20 novembre 1959), nelle "Regole minime per l'amministrazione della giustizia minorile" (ONU, New York, 29 novembre 1985, c.d. Regole di Pechino), nella Convenzione di New York "sui diritti del fanciullo" del 20 novembre 1989 - ratificata e resa esecutiva dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176 - sono contenute in materia enunciazioni la cui attuazione e' affidata alla legislazione degli Stati che vi hanno aderito e che trovano nel nostro ordinamento il maggior punto di emersione nell'art. 31 Cost. La questione di legittimita' costituzionale della previsione dell'applicabilita' della pena dell'ergastolo nei confronti del minorenne, sollevata in riferimento all'art. 10, primo comma, Cost., non puo' quindi essere presa in considerazione per l'inesattezza, oltre che per la genericita', dell'assunto della non conformita' della normativa denunciata "a numerose norme pattizie del diritto internazionale vigente in materia". (Non fondatezza, in riferimento all'art. 10, primo comma, Cost., della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 17 e 22 cod. pen.). - Cfr. S. nn. 153/1987, 96/1982, 188/1980, 48/1979, 69/1976, 104/1969, 48/1967, 135/1963, 32/1960. red.: F.S. rev.: S.P.
Come gia' osservato dalla Corte, il precetto costituzionale costituito dal fine rieducativo della pena e' stato soddisfatto dal legislatore anche con riferimento all'ergastolo, avuto riguardo al momento dinamico dell'applicazione della pena medesima, poiche' sono stati introdotti dei correttivi (quali l'istituto della liberazione condizionale e, per i minori, l'esclusione dalle nuove e piu' rigorose previsioni limitatrici della fruibilita' dei benefici stabiliti dall'ordinamento penitenziario e l'applicabilita' della liberazione condizionale senza i limiti minimi di espiazione di pena previsti in generale) che finiscono con l'incidere sulla natura stessa della pena suddetta, ormai priva del carattere della perpetuita', diversamente da come concepita alle sue origini dal codice penale del 1930. Una volta soddisfatto con detti correttivi il precetto costituzionale che assegna alla pena la funzione rieducativa, diviene esclusivo compito del legislatore il valutare, nelle scelte di politica criminale, se conservare o meno l'ergastolo tra le sanzioni punitive astrattamente previste. - Cfr. S. n. 264/1974, ed inoltre S. nn. 306/1993, 282/1989, 107/1980, 179/1973, 12/1966. red.: F.S. rev.: S.P.
Dall'art. 31 Cost., che prevede una speciale protezione per l'infanzia e la gioventu' e favorisce gli istituti necessari a tale scopo, deriva l'incompatibilita' della previsione dell'ergastolo per gli infradiciottenni, perche' accomuna, per tale particolare istituto, di indubbia gravita', nel medesimo contesto punitivo tutti i soggetti, senza tener conto della particolare condizione minorile, che esige - come gia' sottolineato dalla Corte - "di diversificare il piu' possibile il trattamento del minore dalla disciplina punitiva generale". In effetti la funzione rieducativa della pena (data la particolare attenzione che deve essere riservata, in ossequio all'art. 31 Cost., ai problemi educativi dei giovani) per i soggetti minori di eta', e' da considerarsi, se non esclusiva, certamente preminente, per cui se alcuni correttivi normativamente previsti in sede di applicazione concreta della pena sono sufficienti ad escludere il contrasto della previsione, in generale, della pena dell'ergastolo con l'art. 27, terzo comma, Cost. in se' considerato, detti correttivi e la caratterizzazione della pena che ne consegue si rivelano inadeguati una volta che si abbia riguardo alla prospettiva della spiccata protezione del minore quale espressa nell'art. 31, secondo comma, Cost., principio la cui compresenza nell'ambito dei precetti costituzionali impone un mutamento di segno al principio rieducativo immanente alla pena, attribuendo a quest'ultima, proprio perche' applicata nei confronti di un soggetto ancora in formazione e alla ricerca della propria identita', una connotazione educativa piu' che rieducativa, in funzione del suo inserimento maturo nel consorzio sociale. Per contrasto con l'art. 31, secondo comma - in relazione all'art. 27, terzo comma, Cost. - va quindi dichiarata l'illegittimita' costituzionale degli artt. 17 e 22 cod. pen., nella parte in cui non escludono l'applicazione della pena dell'ergastolo al minore imputabile. - Cfr., oltre a S. n. 140/1993, S. n. 125/1992. red.: F.S. rev.: S.P.
E' ammissibile la richiesta di referendum abrogativo degli artt. 17, comma primo, n. 2 e 22 del codice penale, approvato con R.D. 19 ottobre 1930 n. 1398, mirante all'abolizione della pena dell'ergastolo.
Pur essendo ricompresa nella disposizione dell'art. 75 Cost. una vastissima gamma di richieste indeterminate ed indeterminabili a priori, la normativa dettata dallo stesso articolo non implica affatto l'ammissibilita' di richieste di referendum abrogativo comunque strutturate, comprese quelle eccedenti i limiti esterni ed estremi delle previsioni costituzionali, che del referendum abrogativo conservino solo il nome e non la sostanza. Proprio perche' il referendum non e' fine a se stesso ma tramite della volonta' popolare, occorre che i quesiti posti agli elettori siano tali da esaltare e non coartare le loro possibilita' di scelta; un voto bloccato in molteplici e complesse questioni insuscettibili di essere redatte ad unita' contraddice il principio democratico incidendo di fatto sulla liberta' del voto in violazione degli artt. 1 e 48 Cost.. Peraltro, uno strumento di democrazia diretta, quale e' il referendum popolare, non puo' essere trasformato in uno strumento di democrazia rappresentativa mediante il quale si vengono a proporre voti popolari di fiducia nei confronti di complesse ed inscindibili scelte politiche operate dai partiti o dai gruppi organizzati che hanno sostenuto le iniziative referendarie. Viceversa, questo finisce per essere il caso del referendum vertente su 97 articoli del codice penale in quanto non e' possibile estrarre un quesito comune e razionalmente unitario, con la conseguenza che la relativa richiesta deve essere dichiarata inammissibile perche' incompatibile con le proclamazioni degli artt. 1, 48 e 75 Cost..