Articolo 23 - CODICE PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 53/1975Depositata il 06/03/1975
E' manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 23, 132, secondo comma, e 624 cod. pen. - sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., sotto il profilo dell'irragionevolezza del trattamento punitivo eguale per fatti di diversa gravita', e della contrarieta' al senso di umanita' e alla finalita' educativa della pena - e gia' dichiarata infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., con sentenza n. 208 del 1974.
Norme citate
- codice penale-Art. 23
- codice penale-Art. 132, comma 2
- codice penale-Art. 624
Parametri costituzionali
Pronuncia 208/1974Depositata il 04/07/1974
Rientra nella discrezionalita' del legislatore determinare l'entita' della pena edittale ed il relativo apprezzamento di politica legislativa puo' formare oggetto di censura solo quando la sperequazione tra pena e reato assuma dimensioni tali da non riuscire sorretta da ogni benche' minima giustificazione. Sono pertanto infondate - in riferimento all'art. 3 Cost. - le questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 23, 25, 56, 132 e 624 c.p. nella parte in cui escludono in ogni caso la possibilita' di scendere al di sotto dei limiti minimi stabiliti in via generale per le pene della reclusione e dell'arresto, in quanto - come si desume anche dai lavori preparatori ed e' ricordato nella sent. n. 118 del 1973 di questa Corte, il legislatore, tenendo conto della funzione e della finalita' della sanzione penale ed, in particolare, del principio della rieducazione dei condannati, previsto anche dall'art. 27 della Costituzione, ha considerato che un'eccessiva brevita' delle pene detentive le renderebbe inidonee a conseguire quelle finalita'.
Norme citate
Parametri costituzionali
Pronuncia 18/1973Depositata il 27/02/1973
Rientra nel potere discrezionale del legislatore la determinazione dell'entita' della pena edittale; ne' il relativo apprezzamento puo' formare oggetto di censura da parte della Corte all'infuori dell'eventualita' che la sperequazione assuma dimensioni tali da non riuscire sorretta da ogni, benche' minima, giustificazione. Tale eventualita' non ricorre ne' per quanto riguarda l'art. 23 cod. pen., che fissa il minimo della pena per ogni delitto; ne' per quanto riguarda l'art. 624 cod. pen., sia perche' non e' ammissibile, in questa sede, stabilire un minimo di pena inferiore a quello fissato nella parte generale del codice, sia perche', in ogni caso, si verrebbe a contrastare con il vigente trattamento punitivo degli altri delitti, anche contro il patrimonio, puniti con la reclusione, magari dalla legge stessa considerati meno gravi del furto. Parimenti infondate sono le censure relative all'art. 27 terzo comma, Cost., dato che la funzione rieducativa della pena dipende non solo dalla durata di essa, bensi' pure dal regime di esecuzione e da altri istituti disciplinati dal codice; e quelle relative all'art. 42, primo comma, Cost., non potendosi dalle limitazioni al diritto di proprieta' farsi derivare una repressione del fatto meno rigorosa di quella attuale. - S. nn. 157/1972, 64/1971, 109/1968.
Norme citate
- codice penale-Art. 23
- codice penale-Art. 624
Parametri costituzionali
Pronuncia 101/1965Depositata il 27/12/1965
L'attribuzione del diritto di costituirsi parte civile nell'interesse del figlio minore al solo genitore esercente la patria potesta' non lede il principio della uguaglianza giuridica e morale dei coniugi. E' pertanto infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 22, 23, 91 del codice di procedura penale in relazione agli artt. 316, 317, 320 del codice civile, in riferimento all'art. 29 della Costituzione.
Norme citate
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.