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Articolo 348 - CODICE PENALE

. (( (Esercizio abusivo di una professione) )) ((Chiunque abusivamente esercita una professione per la quale e' richiesta una speciale abilitazione dello Stato e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000. La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o attivita', la trasmissione della sentenza medesima al competente Ordine, albo o registro ai fini dell'applicazione dell'interdizione da uno a tre anni dalla professione o attivita' regolarmente esercitata. Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 15.000 a euro 75.000 nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato di cui al primo comma ovvero ha diretto l'attivita' delle persone che sono concorse nel reato medesimo)).
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Massime della Corte Costituzionale

Trovate 5 massime

Pronuncia 403/2002Depositata il 25/07/2002

Professioni - Reato di abusivo esercizio di una professione - Esercizio abusivo della professione di odontoiatra - Ritenuta configurabilità del reato nei confronti dei laureati in medicina e chirurgia immatricolati negli anni accademici dal 1980-81 al 1984-85, che non avessero esercitato la prescritta opzione per l?iscrizione all?albo degli odontoiatri nel termine fissato - Prospettata diversità di trattamento di situazioni identiche - Difetto di motivazione sulla rilevanza - Manifesta inammissibilità della questione.

Manifesta inammissibilità - per difetto di motivazione sulla rilevanza - della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 348 del codice penale, dell'art. 1, comma 4, del decreto legislativo 13 ottobre 1998, n. 386 e dell'articolo unico della legge 31 ottobre 1988, n. 471, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Infatti - essendo in discussione nel giudizio 'a quo' la responsabiltà penale di un imputato cui si addebita di avere effettuato prestazioni mediche di esclusiva pertinenza della professione di odontoiatra, senza essere iscritto al relativo albo - il rimettente non spiega quale rilevanza abbia, ai fini dell'accertamento della responsabilità penale dell'imputato, l'applicazione delle norme censurate, o come la loro estensione possa incidere sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma incriminatrice di cui all'art. 348 del codice penale.

Norme citate

Parametri costituzionali

Pronuncia 199/1993Depositata il 27/04/1993

SENT. 199/93 A. REATO IN GENERE - ABUSIVO ESERCIZIO DI PROFESSIONE - NORMA DEL CODICE PENALE (ART. 348) CHE TALE DELITTO PREVEDE, E DISPOSIZIONE REGOLAMENTARE (ART. 16 R.D. 11 FEBBRAIO 1929, N. 274) CONCERNENTE I LIMITI DELLA PROFESSIONE DI GEOMETRA RISPETTO ALLE PROFESSIONI DI INGEGNERE O ARCHITETTO - QUESTIONE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE SOLLEVATA RIGUARDO AL COMBINATO DISPOSTO DI TALI DISPOSIZIONI IN RIFERIMENTO AI PRINCIPI DELLA RISERVA DI LEGGE IN MATERIA PENALE, DELLA TASSATIVITA' E DETERMINATEZZA DELLA FATTISPECIE PENALE E DELLA PERSONALITA' DELLA RESPONSABILITA' PENALE - ECCEZIONE DI INAMMISSIBILITA' OPPOSTA IN BASE ALL'ASSUNTO CHE SOLO FORMALMENTE E NON SOSTANZIALMENTE LA NORMA DEL CODICE PENALE POTREBBE RITENERSI COMPRESA NELL'IMPUGNAZIONE - REIEZIONE - NECESSITA' DI ESAMINARE, DI CONSEGUENZA, ANCHE SE DISGIUNTAMENTE ENTRAMBE LE NORME.

Nel sollevare la questione di costituzionalita' del combinato disposto degli artt. 348 cod. pen. e 16 del r.d. n. 274 del 1929 - prevedenti, rispettivamente, il reato di abusivo esercizio delle professioni e l'oggetto e i limiti dell'esercizio della professione di geometra rispetto a quelle di ingegnere o architetto - il giudice rimettente muove dal presupposto che l'art. 348 cod. pen. rappresenti una norma penale in bianco il cui precetto verrebbe ad essere integrato da una fonte non primaria con cio' determinandosi, 'in primis', una violazione del principio di stretta legalita' in materia penale, e in secondo luogo un difetto di chiarezza del precetto penale, dal momento che i limiti della professione di geometra sarebbero individuati attraverso espressioni generiche quali "modeste costruzioni". La questione cosi' sollevata, tuttavia, non e' intesa a travolgere il solo art. 16 r.d. n. 274/1929 - come sostenuto dall'Avvocatura dello Stato - ma investe - e non solo formalmente - anche l'art. 348 cod. pen.. Pertanto, nel giudizio della Corte, si impone una verifica, anche se differenziata, di entrambe le norme. - V. massime seguenti.

Norme citate

  • codice penale-Art. 348
  • regio decreto-Art. 16

Pronuncia 199/1993Depositata il 27/04/1993

SENT. 199/93 B. REATO IN GENERE - ABUSIVO ESERCIZIO DI PROFESSIONE - NORMA DEL CODICE PENALE (ART. 348) CHE LO PREVEDE - VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI RISERVA DI LEGGE IN MATERIA PENALE, TASSATIVITA' E DETERMINATEZZA DELLA FATTISPECIE PENALE E PERSONALITA' DELLA RESPONSABILITA' PENALE, DENUNCIATA IN BASE ALL'ERRATO PRESUPPOSTO CHE L'ARTICOLO DEL CODICE CONTENGA UNA NORMA PENALE IN BIANCO, INTEGRATA NEL CASO, QUANTO AI LIMITI DELLA PROFESSIONE DI GEOMETRA RISPETTO A QUELLE DI INGEGNERE E ARCHITETTO, DA UNA DISPOSIZIONE REGOLAMENTARE (ART. 16, R.D. 11 FEBBRAIO 1929, N. 274) GENERICA E INDETERMINATA - "AUTOSUFFICIENZA NORMATIVA" DELLA NORMA DEL CODICE - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

Nel prevedere e punire l'abusivo esercizio di professioni l'art. 348 cod. pen. delinea esaurientemente la fattispecie in tutte le sue componenti essenziali, in quanto il fatto costitutivo del reato assume i connotati dell'antigiuridicita' attraverso la realizzazione dell'atto o degli atti mediante i quali "abusivamente" viene esercitata una determinata professione per la quale e' richiesta una speciale abilitazione dello Stato. L'abilitazione quindi, opera quale condizione negativa che impedisce di ricondurre il fatto alla figura astratta delineata dal legislatore: cio' che la norma penale individua come elemento necessario e sufficiente per l'integrazione della fattispecie crimonosa, e' l'osservanza di quella speciale abilitazione che lo Stato richiede per l'esercizio della professione, mentre i contenuti ed i limiti propri di ciascuna abilitazione non rifluiscono - come ritenuto dal giudice 'a quo' - all'interno della struttura del fatto tipico costituendo null'altro che un presupposto di fatto che il giudice e' chiamato a valutare caso per caso. Pertanto, nella specie, una volta affermata l'"autosufficienza precettiva" dell'art. 348 cod. pen., cade innanzitutto la dedotta violazione del principio di stretta legalita', in quanto fondata sull'errato presupposto che tale articolo sarebbe una norma penale in bianco il cui precetto verrebbe ad essere integrato, riguardo ai limiti tra la professione di geometra e le professioni di ingegnere e architetto, da una fonte (art. 16 r.d. 11 febbraio 1929, n. 247) di carattere subprimario. Ugualmente vengono meno le ulteriori censure di violazione del principio di tassativita' delle fattispecie penali e di personalita' della responsabilita' penale, entrambe formulate in base all'assunto che i parametri non sufficientemente precisi del r.d. n. 274/1929 inciderebbero negativamente sulla determinatezza del precetto per essere essi stessi elementi normativi della fattispecie. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 25 e 27 Cost., dell'art. 348 cod. pen.).

Norme citate

  • codice penale-Art. 348

Pronuncia 149/1988Depositata il 02/02/1988

ORD. 149/88. ESERCIZIO ABUSIVO DI UNA PROFESSIONE - DIVIETO - ESERCIZIO DI CHIROPRATICA IN ASSENZA DI UN RICONOSCIMENTO LEGALE - MANIFESTA INAMMISSIBILITA' DELLA QUESTIONE. - COD. PEN., ART. 348. - COST., ARTT. 10, 25.

Fino a quando lo Stato non riterra` di disciplinarne l'esercizio richiedendo una speciale abilitazione, la "chiropratica" costi- tuisce un lavoro professionale tutelato in tutte le sue forme ed applicazioni (ex art. 35, primo comma, Cost.) ed iniziativa privata libera (ex art. 41 Cost.); pertanto l'art. 348 cod. pen. (che punisce l'esercizio abusivo di una professione per la quale e` richiesta una speciale abilitazione dello Stato) risulta asso- lutamente inapplicabile nel giudizio a quo ed irrilevante la questione che in tal caso lo concerne. (Manifesta inammissibilita` della questione di legittimita` costituzionale dell'art. 348 cod. pen. sollevata in riferimento agli artt. 10 e 25 Cost.).

Norme citate

  • codice penale-Art. 348

Pronuncia 169/1983Depositata il 13/06/1983

ORD. 169/83. PENA - TASSATIVITA' DELLA FATTISPECIE PENALE - USO DI ESPRESSIONI MERAMENTE INDICATIVE O DI RINVIO ALLA PRATICA - NON E' VIOLATO IL PRINCIPIO DELL'ART. 25, SECONDO COMMA, DELLA COSTITUZIONE.

Il principio di tassativita' della fattispecie penale, di cui all'art. 25 Cost., e' rispettato anche se il legislatore nel descrivere il fatto-reato usi non gia' termini di significato rigorosamente determinato ma anche espressioni meramente indicative o di rinvio alla pratica diffusa nella collettivita' in cui l'agente opera, spettando all'interprete di determinarne il significato secondo l'art. 12 dp cc. Pertanto e' manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 348 c.p. e 1 d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068, che incriminano l'esercizio abusivo della professione di ragioniere, definendo la relativa attivita' anche attraverso il rinvio alle norme di legge vigenti in materia.

Norme citate

  • codice penale-Art. 348
  • decreto del Presidente della Repubblica-Art. 1

Parametri costituzionali

Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.