Articolo 177 - CODICE PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
E' costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 27, comma terzo, Cost., l'art. 177, comma primo, cod. pen., nella parte in cui prevede la revoca della liberazione condizionale nel caso di condanna per qualsiasi delitto o contravvenzione della stessa indole, anziche' stabilire che la liberazione condizionale e' revocata se la condotta del soggetto, in relazione alla condanna subita, appare incompatibile con il mantenimento del beneficio, in quanto - posto che l'istituto della liberazione condizionale si inserisce decisamente nell'ambito della finalita' rieducativa della pena - il carattere automatico di quello che e' il primo gruppo di ipotesi in cui per legge deve darsi luogo alla revoca ("delitti" e "contravvenzioni della stessa indole") e' in contrasto con una ragionevole applicazione del principio rieducativo, tenuto conto che, anche se non puo' dirsi preclusa in senso assoluto al legislatore la potesta' di assumere determinate condanne come criterio per escludere l'ammissione del condannato a determinati benefici o per sancire la revoca di benefici gia' ottenuti, occorre tuttavia che tali criteri siano sufficientemente circoscritti, in modo da non dar luogo a irragionevoli parificazioni e da non precludere, nelle ipotesi meno gravi, la funzione rieducativa della pena; sicche', la parificazione, operata dall'art. 177, comma 1, cod. pen., di tutti i delitti, senza alcuna selezione nell'ambito di questa vastissima categoria, e' criterio che, collegato con l'automatica derivazione della revoca dalla condanna rende tale disposizione manifestamente illegittima, risultando da essa congiuntamente violati il principio rieducativo e quello di ragionevolezza. - S. nn. 204/1974, 282/1989, 306/1993, 186/1995, 173/1997 e 296/1997. red.: S. Di Palma
E' costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 27, comma terzo, Cost., l'art. 177, comma 1, ultimo periodo cod. pen., nella parte in cui non prevede che il condannato alla pena dell'ergastolo, cui sia stata revocata la liberazione condizionale, possa essere nuovamente ammesso a fruire del beneficio ove ne sussistano i relativi presupposti, sia perche' il connotato di perpetuita' della pena dell'ergastolo - che comporta, per chi vi e' sottoposto, una serie di conseguenze, di tipo interdittivo e di tipo penitenziario, le quali sono, in tutto o in parte, estranee alle altre pene - non puo' legittimamente intendersi, alla stregua dei principi costituzionali, come legato, sia pure dopo l'esperimento negativo di un periodo trascorso in liberazione condizionale, ad una preclusione assoluta dell'ottenimento, ove sussista il presupposto del sicuro ravvedimento, di una nuova liberazione condizionale, tenuto conto che il mantenimento di una preclusione siffatta nel nostro ordinamento equivarrebbe, per il condannato all'ergastolo, ad una sua esclusione dal criterio rieducativo, e cio' in palese contrasto con l'art. 27, comma terzo, Cost., la cui valenza e' stata piu' volte affermata e ribadita, senza limitazioni, anche per i condannati alla massima pena prevista dall'ordinamento italiano vigente; sia perche', se la liberazione condizionale e' l'unico istituto che, in virtu' della sua esistenza nell'ordinamento, rende non contrastante con il principio rieducativo, e dunque con la Costituzione, la pena dell'ergastolo, vale evidentemente la proposizione reciproca, secondo cui detta pena contrasta con la Costituzione, ove, sia pure attraverso il passaggio per uno o piu' esperimenti negativi, fosse totalmente preclusa, in via assoluta, la riammissione del condannato alla liberazione condizionale. - S. nn. 204/1974, 264/1974, 274/1983, 282/1989. red.: Di Palma
Il richiamo del giudice 'a quo', nel sollevare, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, Cost., questione di legittimita' costituzionale nei confronti dell'art. 177, primo comma, cod. pen., riguardo agli effetti della revoca della liberazione condizionale per il condannato all'ergastolo, agli argomenti in base ai quali, con la sentenza n. 282 del 1989 lo stesso articolo e' stato dichiarato illegittimo nella parte in cui, in caso di revoca della liberazione condizionale gia' concessa al condannato a pena temporanea, non consente al tribunale di sorveglianza di determinare la pena detentiva ancora da espiare, tenendo conto del tempo trascorso in liberta' condizionale, nonche' delle restrizioni subite dal condannato e del suo comportamento durante tale periodo, va considerato pertinente, sia perche' altrimenti al condannato all'ergastolo sarebbe riservato un trattamento di maggior rigore rispetto al condannato a pena temporanea, sia perche' il condannato all'ergastolo non puo' essere sottratto alla funzione rieducativa della pena senza che ne risulti vulnerato l'art. 27, terzo comma, Cost.. Senonche', non essendo certo consentito alla Corte pronunciare una sentenza, nel senso richiesto nella ordinanza di rimessione, che imponga uno scomputo inconciliabile con la natura stessa della pena perpetua e con il giudicato che l'ha inflitta, una manipolazione normativa che dia spazio ad una valutazione del periodo di liberta' vigilata ad effetti diversi, fuoriesce dalle sue competenze, perche' involgente soluzioni non costituzionalmente obbligate, ma scelte discrezionali riservate al legislatore. (Inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 27, primo e terzo comma, Cost., dell'art. 177, primo comma, cod. pen., 'in parte qua'). - S. n. 282/1989, gia' citata nel testo.
Questione gia' decisa con sentenza dichiarativa di illegittimita' costituzionale della norma denunziata. - v. S. n. 282/1989.
Questione gia' decisa con sentenza dichiarativa di illegittimita' costituzionale della norma denunziata. - v. S. n. 282/1989.
L'intervenuta dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 177, comma primo, cod. pen., "nella parte in cui, nel caso di revoca della liberazione condizionale, non consente al Tribunale di sorveglianza di determinare la pena detentiva ancora da espiare, tenendo conto del tempo trascorso in liberta' condizionale nonche' delle restrizioni di liberta' subite dal condannato e del suo comportamento durante tale periodo", rende manifestamente inammissibile la questione di legittimita' costituzionale concernente il medesimo disposto normativo. (Questione sollevata in riferimento agli artt. 3 e 13 Cost.). - S. n. 282/1989.
E' manifestamente inammissibile, in quanto gia' decisa nel senso della illegittimita' costituzionale, la questione di costituzionalita' dell'art. 177, primo comma, cod. pen., denunziato - in riferimento agli artt. 3, 13 e 27 Cost. - nella parte in cui esclude che , in caso di revoca della liberazione condizionale per comportamento incompatibile con la prosecuzione del benificio, il Tribunale di sorveglianza possa determinare la pena detentiva ancora da espiare, tenendo conto del tempo trascorso in liberta' condizionale, nonche' delle restrizioni di liberta' subite dal condannato e del suo comportamento durante tale periodo. - v. S. n. 282/1989.
E' costituzionalmente illegittimo, in relazione agli artt. 3, 13 e 27 Cost., l'art. 177, primo comma, c.p., nella parte in cui, nel caso di revoca della liberazione condizionale, non consente al Tribunale di sorveglianza di determinare la pena detentiva ancora da espiare, tenendo conto del tempo trascorso in liberta' condizionale nonche' delle restrizioni di liberta' subite dal condannato e del suo comportamento durante tale periodo. La revoca della liberazione condizionale, estinguendo lo 'status' di vigilato in liberta' conseguente all'ammissione al beneficio di cui all'art. 176 c.p., ricostituisce quello di 'detenuto'. La carcerazione prodotta dalla revoca della liberazione condizionale costituisce un 'quid novi' tanto rispetto a quella fondata immediatamente nella sentenza di condanna, quanto rispetto alla 'liberta' vigilata ', 'ex' art. 230, n. 2 c.p. Pertanto la residua pena detentiva ancora da espiare non puo' non esser determinata in base ad un nuovo principio che tenga conto dell'afflittivita' subita dal condannato nel periodo di liberta' vigilata e ad una valutazione prognostica del comportamento del gia' condizionalmente liberato. L'illegittimita' costituzionale della norma impugnata discende, innanzitutto, dall'aggiunta, in caso di revoca della liberazione condizionale, alla quantita' di pena detentiva irrogata con la sentenza di condanna di un supplemento di afflizione non legittimata dalla stessa sentenza. Se e' vero, infatti, che la liberta' vigilata, 'ex' art. 230, n. 2, c.p., trova fondamento nella sentenza di condanna, una volta intervenuta la revoca, pero', il divieto di computare, ai fini della determinazione del residuo di pena da espiare, il periodo trascorso in liberta' condizionata equivale a far venir meno il titolo legittimante l'afflizione patita dal condannato in sede di liberta' vigilata, in evidente contrasto con l'art. 13, secondo comma, Cost. La norma impugnata risulta anche viziata da una condizione sanzionatoria della revoca della liberazione condizionale che, come la Corte costituzionale ha chiaramente affermato con la sent. n. 204 del 1974, e` assolutamente incompatibile con l'art. 27, terzo comma, Cost. Questa disposizione costizionale induce a configurare un vero e proprio diritto soggettivo in capo al condannato all'ammissione al beneficio della liberazione condizionale, sol che ne ricorrano i presupposti, 'ex' art. 176 c.p. Gli obblighi imposti al condannato, ai sensi dell'art. 230, n. 2, c.p., non sono il corrispettivo di una graziosa concessione sovrana, ma si atteggiano a strumenti di sostegno e di controllo omogenei alla funzione risocializzante assegnata alla pena dall'ultimo comma dell'art. 27 Cost. L'ammissione alla liberazione condizionale, lungi dal rappresentare una rinuncia dello Stato all'esecuzione della pena, costituisce, percio' l'adempimento di obblighi costituzionalmente sanciti. Esclusa la costituzionalita' della concezione sanzionatoria della revoca della liberazione condizionale, deve affermarsi che il principio contenuto nel terzo comma dell'art. 27 Cost. impone che in sede di revoca del cennato beneficio il Tribunale di sorveglianza determini la durata della residua pena detentiva in considerazione di quanto e` accaduto durante lo stato di liberazione condizionale, del grado di rieducazione raggiunto dal condannato, della rieducabilita' e della pericolosita' sociale dello stesso. -S. nn. 343/87, 264/74, 192/76 e 78/77
L'atto di ammissione alla liberazione condizionale ha un duplice effetto: estintivo dello status di soggetto sottoposto a carcerazione, e costitutivo dello status di vigilato in liberta' del detenuto stesso; la revoca della liberazione condizionale produce, a sua volta, due conseguenze giuridiche: estingue lo status di "vigilato in liberta'" del condannato e (ri)costituisce quello di "detenuto". La carcerazione conseguente alla revoca della liberazione condizionale e' dunque nuova e diversa, con la conseguenza che la pena detentiva residua non puo' essere determinata senza un nuovo giudizio che tenga conto anche dell'afflittivita' sopportata durante la liberta' vigilata e senza una necessariamente nuova valutazione prognostica relativa al gia' condizionalmente liberato.
Pur essendo vero che l'estinzione del reato, nel caso di concessione della sospensione condizionale della pena, e' condizionata dalla non commissione nei termini prescritti di altro delitto o contravvenzione della stessa indole e dall'adempimento degli obblighi imposti al condannato, cosi' come l'estinzione della pena, nel caso di ammissione alla liberazione condizionale, e' subordinata al decorso del tempo senza l'intervento di cause di revoca, e' necessario distinguere le predette condizioni sospensive alle quali i suddetti effetti sono subordinati. Giacche', mentre la sospensione condizionale della pena non comporta, nel momento in cui viene concessa, alcuna limitazione alla liberta' personale del condannato, la liberazione condizionale, dal momento in cui viene applicata fino a quello della sua revoca, comporta l'adempimento, da parte del condannato di particolari prescrizioni sicuramente limitatrici di tale liberta'.