Articolo 163 - CODICE PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituizonale dell'art. 163 del codice penale, denunziato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, in quanto la norma, nello stabilire i limiti di pena entro i quali può essere concessa la sospensione condizionale, non esclude dal ragguaglio, ex art. 135 cod. pen., la parte della pena pecuniaria che eccede la «soglia massima convertibile» in libertà controllata, nel caso di insolvibilità del condannato, ai sensi dell'art. 102, della legge n. 689 del 1981. Il giudice rimettente lamenta in particolare la mancata previsione, di un «tetto» al ragguaglio della pena pecuniaria, ai fini della concessione della sospensione condizionale, pari al limite di convertibilità della stessa in libertà controllata nel caso di insolvibilità del condannato, ma la disciplina del ragguaglio (tra pene pecuniarie e pene detentive) e l'istituto della conversione (delle pene pecuniarie in sanzioni sostitutive), rispondono a differenti esigenze e finalità, per cui deve escludersi che le soluzioni adottate nell'un campo debbano essere indefettibilmente riprodotte nell'altro. Né può ritenersi che il limite alla conversione delle pene pecuniarie 'in executivis' abbia la funzione di individuare anche il «massimo» di pena pecuniaria computabile ai fini, del tutto eterogenei, dell'applicazione del beneficio della sospensione condizionale, in quanto la disciplina di tale beneficio rientra nell'apprezzamento discrezionale del legislatore, cui è rimessa altresì la scelta, in relazione alla preclusione della fruibilità dello stesso, del dosaggio della pena edittale per i singoli reati. - Cfr., la sentenza n. 30/2001, citata a proposito del rapporto tra la la disciplina del ragguaglio tra pene pecuniarie e detentive e l'istituto della conversione delle pene pecuniarie in sanzioni sostitutive. - Cfr., altresì, la sentenza n. 85/1997 e l'ordinanza n. 377/1990, richiamate con riferimento alla discrezionalità spettante al legislatore in tema di sospensione condizionale.
E' manifestamente inammissibile, per intervenuta dichiarazione di illegittimita' costituzionale (sent. n. 43 del 1997), la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 8, commi 2 e 3, l. 15 dicembre 1972, n. 772 (Norme per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza) e 163 e seguenti cod. pen., sollevata con riferimento agli artt. 3 e 27, comma 3, Cost. - S. n. 43/1997. red.: S. Di Palma
Manifesta inammissibilita' della questione in quanto, corretta la premessa interpretativa del giudice 'a quo' nel senso che ai fini dell'applicazione della pena su richiesta, ex art. 444, cod. proc. pen., la eventuale pena pecuniaria (in qualunque misura) puo' essere prevista in aggiunta alla pena detentiva, senza essere soggetta a ragguaglio previsto dall'art. 135 cod. pen., e senza essere computata agli effetti del limite di cui trattasi, essendo sufficiente che la pena detentiva richiesta non superi i due anni, viene meno l'affermata coincidenza fra i limiti di pena stabiliti rispettivamente ai fini del "patteggiamento" e ai fini della sospensione condizionale, e conseguentemente, la questione stessa si appalesa manifestamente irrilevante. Infatti, nella specie, come descritta dallo stesso remittente, la richiesta di applicazione della pena, di cui all'art. 444 cod. proc. pen., non supera il limite indicato ed e' dunque ammissibile, potendo altresi' concedersi la sospensione condizionale ai sensi dell'art. 163, terzo comma, cod. pen., poiche' la pena pecuniaria indicata, ragguagliata ai sensi dell'art. 135 cod. pen., e aggiunta alla pena detentiva di due anni di reclusione, non supera il limite di cui all'art. 163, terzo comma, cod. pen.. red.: A.M. Marini
Pur essendo vero che l'estinzione del reato, nel caso di concessione della sospensione condizionale della pena, e' condizionata dalla non commissione nei termini prescritti di altro delitto o contravvenzione della stessa indole e dall'adempimento degli obblighi imposti al condannato, cosi' come l'estinzione della pena, nel caso di ammissione alla liberazione condizionale, e' subordinata al decorso del tempo senza l'intervento di cause di revoca, e' necessario distinguere le predette condizioni sospensive alle quali i suddetti effetti sono subordinati. Giacche', mentre la sospensione condizionale della pena non comporta, nel momento in cui viene concessa, alcuna limitazione alla liberta' personale del condannato, la liberazione condizionale, dal momento in cui viene applicata fino a quello della sua revoca, comporta l'adempimento, da parte del condannato di particolari prescrizioni sicuramente limitatrici di tale liberta'.
Secondo la giurisprudenza della Cassazione riguardo all'art. 11 della legge 3 agosto 1978, n. 405, anche i soggetti che beneficiano della sospensione condizionale della pena principale possono, in concreto, comunque godere dell'eliminazione o della riduzione della sospensione della patente di guida ivi previste a seguito di concessione di amnistia o indulto. Va percio' esclusa la violazione del principio di eguaglianza prospettata in base all'inesatto assunto interpretativo che tali soggetti, pur essendo piu' meritevoli, non potessero goderne. (Non fondatezza, in riferimento all'art. 3 Cost., della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11 legge 3 agosto 1978, n. 405, in parte qua).
Vanno restituiti al giudice remittente gli atti relativi alla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 163 cod. pen. (modif. dall'art. 11 d.l. 11 aprile 1974, n. 99, conv. in legge 7 giugno 1974, n. 220), riguardante la sospensione condizionale della pena, sollevata - in riferimento all'art. 3, comma primo, Cost. - in quanto: non spiegando effetti sul disposto delle norme impugnate la pronuncia di incostituzionalita' dell'art. 136 stesso codice che consentiva, in caso di inadempienza, la conversione della pena pecuniaria in pena detentiva, verrebbe a verificarsi manifesta disparita' fra imputati che, nelle stesse condizioni, vengono tratti a giudizi separati per ciascuna imputazione, e quelli che vengono citati in un unico procedimento, dato che, ai sensi dell'art. 164 cod. pen., una precedente condanna a pena pecuniaria non e' invece ostativa alla concessione della sospensione condizionale della pena in un successivo giudizio; d'altra parte, analoga disparita', correlata alle condizioni economiche dell'imputato, verrebbe a verificarsi in ordine all'oblazione, unico istituto che consentirebbe di superare le denunciate difficolta' in ipotesi di procedimenti riuniti. La sopravvenuta legge 24 novembre 1981, n. 689, recante "modifiche al sistema penale", ha infatti depenalizzato all'art. 35 tutte le violazioni, in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, punite con la sola ammenda, per cui s'impone da parte del giudice a quo il riesame della situazione denunziata alla luce della nuova normativa. - S. n. 131/1979, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 136 cod. pen.. La Suprema Corte di cassazione a Sezioni Unite ha deciso che tale pronuncia non spiega effetti sul disposto dell'art. 163 cod. pen., fino a quando non vi sara' stata eventuale specifica ulteriore decisione della Corte costituzionale.
Relativamente alla previsione generale dell'art. 2, terzo comma, cod. pen., l'applicazione delle sanzioni penali piu` favorevoli al reo puo` subire limitazioni o deroghe, sancite non senza una razionale giustificazione da parte del legislatore ordinario. Non e` contestabile che una pertinente ragione giustificatrice consista nell'esigenza di salvaguardare la certezza dei rapporti ormai esauriti, perseguita statuendo l'intangibilita` delle sentenze divenute irrevocabili. Ne` certamente la circostanza che la regola dell'intangibilita` del giudicato incontri una serie di deroghe consente di desumerne una regola di segno opposto, salvo che nel caso dell'abrogazione della legge incriminatrice di cui all'art. 2 cpv c.p. Non e` pertanto fondata la questione di legittimita` costituzionale, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost., degli artt. 2, terzo comma, 163 e 164 cod. pen. e 628 cod. proc. pen., in quanto non prevedono che la sospensione condizionale della pena possa essere ordinata anche dal giudice dell'esecuzione, limitatamente ai benefici suscettibili di essere concessi in occasione di una nuova condanna, secondo la disciplina introdotta dall'art. 12 d.l. 11 aprile 1974, n. 99 e dalla relativa legge di conversione 7 giugno 1974 n. 220, qualora il giudice della cognizione non sia stato in grado di ordinare la sospensione stessa, avendo deciso irrevocabilmente prima dell'entrata in vigore del testo cosi` novellato (o prima del parziale annullamento dell'art. 164, ult. comma, ad opera della sentenza n. 95 del 1976). Ne` la violazione del principio d'uguaglianza deriva dagli inconvenienti della mancata sospensione condizionale, in ragione del tempo in cui venne inflitta la pena. L'irrevocabilita` delle sentenze di condanna, che preclude la concessione del beneficio ad opera del giudice dell'esecuzione, risponde infatti alla ratio del beneficio stesso, tuttora fondato sulla premessa, da verificare puntualmente nel processo di cognizione, che il colpevole si asterra` dal commettere ulteriori reati. Trasferire simili valutazioni dalla fase di cognizione a quella dell'esecuzione significherebbe snaturare il beneficio, traducendo il giudizio prognostico sulla presunzione di ravvedimento in un giudizio diagnostico non dissimile da quello che precede l'affidamento in prova al servizio sociale, giudizio che poi non vi sarebbe ragione di non consentire in tutti i casi in cui il condannato, anche per reati successivi alla riforma del 1974, proponesse un'istanza di sospensione condizionale della pena. - cfr. sentt. nn. 164/1974, 6/1978
I diritti di azione e di difesa non implicano certamente che il condannato possa contestare in ogni tempo la sentenza di condanna penale, pur quando l'intangibilita` del giudicato sia stata ragionevolmente e coerentemente mantenuta ferma dal legislatore. (Infondatezza della questione di legittimita` costituzionale, sollevata in riferimento all'art. 24 Cost., degli artt. 2, terzo comma, 163 e 164 cod. pen. e 628 cod. proc. pen., in quanto non prevedono che la sospensione condizionale della pena possa essere ordinata anche dal giudice dell'esecuzione, limitatamente ai benefici suscettibili di essere concessi in occasione di una nuova condanna, secondo la disciplina introdotta dall'art. 12 d.l. 11 aprile 1974, n. 99 e dalla relativa legge di conversione 7 giugno 1974 n. 220, qualora il giudice della cognizione non sia stato in grado di ordinare la sospensione stessa, avendo deciso irrevocabilmente prima dell'entrata in vigore del testo cosi` novellato o prima del parziale annullamento dell'art. 164, ult. comma, ad opera della sentenza n. 95 del 1976).
Sono manifestamente infondate, in riferimento all'art. 27, terzo comma, della Costituzione, le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 163, primo comma, e 625, ultimo comma, del codice penale, sollevate sul riflesso che il minimo edittale della pena prevista dalla seconda disposizione e' superiore all'entita' della pena per cui e' ammessa la concessione del beneficio della sospensione della pena prevista dalla prima disposizione, la quale, a sua volta, escluderebbe dal beneficio le condanne a pene detentive superiori ad un anno. E cio' in quanto la disciplina positiva della sospensione condizionale - ispirata al criterio della finalita' rieducativa della pena - e' rimessa alla scelta del legislatore,' insindacabile in sede di riscontro di legittimita' costituzionale, se non violi l'art. 3 della Costituzione.
L'istituto della sospensione della pena va valutato tenendo presente sia il fine della rieducazione del colpevole, sia il limite ed i criteri indicati, rispettivamente, negli artt. 163 e 164 Codice penale. Il legislatore ordinario, essendosi ispirato, nel regolare la concessione della sospensione della pena, al criterio della gravita' del reato ed al criterio quantitativo della pena, ben poteva, nel negare la sospensione della pena, - salvi sempre i precetti o principi generali garantiti dalla Costituzione - fare riferimento, oltre che al criterio della gravita' del reato e a quello quantitativo della pena, anche all'altro della qualita' dei reati, quando questi, cioe', siano di tale natura da richiedere che la pena irrogata esplichi senza limitazioni la sua propria funzione intimidativa e reintegrativa dei diritti. E' infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 102 del T.U. 16 maggio 1960, n. 570, in relazione all'art. 27 della Costituzione.