Articolo 168 - CODICE PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
L'esistenza del nesso "sostanziale" di continuità tra più reati non può farsi dipendere da circostanze occasionali, ovvero dal fatto che la continuazione sia accertata in un solo tempo anziché in tempi successivi. ( Precedenti: S. 267/1987 - mass. 4420; S. 295/1986 - mass. 12674, mass. 12675, mass. 12676; S. 86/1970 - mass. 5044; S. 108/1973 - mass. 6768). (Nel caso di specie, è dichiarato costituzionalmente illegittimo - per violazione dell'art. 3 Cost. - l'art. 168- bis , quarto comma, cod. pen., nella parte in cui non prevede che l'imputato possa essere ammesso alla sospensione del procedimento con messa alla prova nell'ipotesi in cui si proceda per reati connessi, ai sensi dell'art. 12, comma 1, lett. b , cod. proc. pen., con altri reati per i quali tale beneficio sia già stato concesso. Il divieto di concedere la messa alla prova più di una volta - previsto dalla disposizione censurata dal Tribunale di Bologna - non osta a che l'imputato possa essere ammesso al beneficio qualora gli vengano contestati più reati nell'ambito del medesimo procedimento; risulta pertanto irragionevole che, quando invece, per scelta del pubblico ministero o per altre evenienze processuali, i reati legati dalla continuazione o commessi con una sola azione od omissione siano contestati in distinti procedimenti, egli non abbia più la possibilità di accedere al rito. Una tale preclusione finirebbe inoltre per frustrare l'intento legislativo di sanzionare in maniera sostanzialmente unitaria il reato continuato e il concorso formale, e di farlo anche attraverso l'ammissione al percorso di risocializzazione e riparazione che è proprio della messa alla prova e il cui esito positivo comporta l'estinzione dei reati. In queste ipotesi spetterà al giudice una nuova valutazione dell'idoneità del programma di trattamento e una nuova prognosi sull'astensione dalla commissione di ulteriori reati, tenendo conto della natura e della gravità dei reati oggetto del nuovo procedimento e del percorso di riparazione e risocializzazione già compiuto durante la prima messa alla prova. ( Precedenti: S. 146/2022 - mass. 44845; S. 139/2020 - mass. 43512; S. 75/2020 - mass. 42220; S. 68/2019 - mass. 42115; S. 200/2016 - mass. 39029; S. 267/1987 - mass. 4420; S. 295/1986 - mass. 12674, mass. 12675, mass. 12676; S. 86/1970 - mass. 5044; S. 108/1973 - mass. 6768).
È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 168-bis, secondo e terzo comma, cod. pen., censurato dal Tribunale di Grosseto - in riferimento all'art. 25, secondo comma, Cost. - in quanto, con riferimento al procedimento speciale di messa alla prova, prescriverebbe l'applicazione di sanzioni penali non legalmente determinabili sia sul piano qualitativo, potendo il trattamento a cui l'imputato viene sottoposto risolversi in vincoli conformativi e ablatori della libertà personale di diversa intensità, sia sul piano quantitativo, ossia con riferimento alla sua misura temporale. Non sussiste la prospettata violazione dei principi di tassatività e determinatezza legale delle pene, in quanto - sotto il profilo quantitativo - la durata massima del lavoro di pubblica utilità e quella dell'affidamento in prova al servizio sociale, seppur non specificate dalle disposizioni censurate, risultano indirettamente dall'art. 464-quater, comma 5, cod. proc. pen., dovendo, in mancanza di diversa determinazione, corrispondere necessariamente alla durata della sospensione del procedimento (non superiore a due anni o a un anno, rispettivamente a seconda che si proceda per reati per i quali sia prevista una pena detentiva o solo una pena pecuniaria), la quale deve in concreto essere determinata dal giudice tenendo conto conto dei criteri previsti dall'art. 133 cod. pen. e delle caratteristiche che dovrà avere la prestazione lavorativa); ed in quanto - sotto il profilo qualitativo - un programma di trattamento per sua natura caratterizzato dalla finalità specialpreventiva e risocializzante deve essere ampiamente modulabile in rapporto alla personalità dell'imputato e ai reati oggetto dell'imputazione, e dunque può essere determinato legislativamente solo attraverso l'indicazione dei tipi di condotta che ne possono formare oggetto, rimettendone (come è avvenuto) la specificazione all'ufficio di esecuzione penale esterna e al giudice, con il consenso dell'imputato, donde l'inconferenza del riferimento all'art. 25, secondo comma, Cost. ( Precedente citato: ordinanza n. 54 del 2017 ).
Non è accolta l'eccezione di inammissibilità - per mancato tentativo di interpretazione costituzionalmente conforme - delle questioni incidentali di legittimità costituzionale degli artt. 168-bis cod. pen. e 464-bis "e seguenti" cod. proc. pen. L'eccezione è argomentata dall'Avvocatura dello Stato facendo riferimento alle medesime ragioni che dovrebbero determinare il rigetto delle questioni di legittimità costituzionale e che vanno perciò considerate come attinenti al merito.
È dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 168-bis cod. pen., censurato dal Tribunale di Prato - in riferimento all'art. 3 Cost. - in quanto, consentendo la sospensione del processo con messa alla prova dell'imputato per numerosi reati diversi tra loro per tipo e trattamento sanzionatorio, non sarebbe idoneo ad impedire che casi diversi ricevano identico trattamento. Contrariamente alla tesi del rimettente, il trattamento dell'imputato nei diversi casi oggetto del procedimento speciale in questione risulta necessariamente diverso, poiché la disciplina della sospensione del procedimento con messa alla prova comporta una diversificazione dei contenuti, prescrittivi e di sostegno, del programma di trattamento, con l'affidamento al giudice di un giudizio sull'idoneità del programma, da svolgersi in base ai parametri di cui all'art. 133 cod. pen. (richiamati dall'art. 464-quater, comma 3, cod. proc. pen.), in una valutazione complessiva circa la rispondenza del trattamento alle esigenze del caso concreto, che presuppone anche una prognosi di non recidiva. La sospensione del procedimento con messa alla prova costituisce un istituto che ha effetti sostanziali, perché dà luogo all'estinzione del reato, ma è connotato da un'intrinseca dimensione processuale, in quanto consiste in un nuovo procedimento speciale, alternativo al giudizio. ( Precedente citato: sentenza n. 240 del 2015 ).
Sono dichiarate manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 168-bis cod. pen., censurato dal Tribunale di Prato - in riferimento agli artt. 24 e 27 Cost. - in quanto, nel disciplinare la sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato, non indica la durata massima del lavoro di pubblica utilità, né i parametri per determinarla e il soggetto competente alla determinazione. Benché non espressamente indicata, la durata massima del lavoro di pubblica utilità risulta fissata indirettamente dall'art. 464-quater, comma 5, cod. proc. pen., poiché il lavoro di pubblica utilità non può eccedere la durata (non superiore a due anni o a un anno, rispettivamente a seconda che si proceda per reati per i quali sia prevista una pena detentiva o solo una pena pecuniaria) della sospensione del procedimento, alla cessazione della quale deve terminare. Quanto alla asserita mancanza di parametri per determinare in concreto la durata del lavoro di pubblica utilità, il giudice deve tenere conto dei criteri previsti dall'art. 133 cod. pen. e delle caratteristiche dell'attività lavorativa. Oltre che priva di fondamento - dal momento che il diritto di difesa non è in alcun modo pregiudicato - la censura riferita all'art. 24 Cost. è anche non pertinente, perché l'eventuale indeterminatezza normativa del trattamento, in cui consiste il programma di messa alla prova, attiene al profilo sostanziale e non a quello processuale dell'istituto in esame. Né sussiste la prospettata violazione della finalità rieducativa della pena, essendo ben determinati, sia la durata massima della sospensione del procedimento, e correlativamente del trattamento di messa alla prova, sia i criteri da seguire per stabilire la durata concreta del trattamento.
Sono dichiarate manifestamente inammissibili - per carente descrizione della fattispecie oggetto dei giudizi a quibus - le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale ordinario di Grosseto in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, 27, secondo comma, 97, 101 e 111, secondo e sesto comma, Cost., aventi ad oggetto l'art. 464- quater , comma 1, cod. proc. pen., «nella parte in cui non prevede che il giudice, ai fini di ogni decisione di merito da assumere nel procedimento speciale di messa alla prova, proceda alla acquisizione e valutazione degli atti delle indagini preliminari di cui già altrimenti non disponga»; l'art. 168- bis , secondo e terzo comma, cod. pen., «in quanto prescrive la applicazione di sanzioni penali legalmente indeterminate»; l'art. 464- quater , comma 4, cod. proc. pen., «nella parte in cui prevede il consenso dell'imputato quale condizione di ammissibilità, di validità o di efficacia dei provvedimenti giurisdizionali modificativi o integrativi del programma di trattamento»; e gli artt. 464- quater e 464- quinquies cod. proc. pen., laddove «prescrivono la irrogazione ed esecuzione di sanzioni penali consequenziali ad un reato per cui non risulta pronunciata né di regola pronunciabile alcuna condanna definitiva o non definitiva». Le ordinanze di rimessione non contengono alcuna descrizione dei fatti oggetto dei giudizi a quibus , limitandosi ad indicare numericamente le disposizioni che prevedono i reati contestati agli imputati, senza neppure riportare i relativi capi di imputazione; inoltre, nulla dicono sull'esistenza, nei casi di specie, dei requisiti soggettivi previsti dall'art. 168- bis cod. pen. per l'applicazione della messa alla prova. Come la giurisprudenza costituzionale ha più volte precisato, l'omessa o insufficiente descrizione della fattispecie, non emendabile mediante la diretta lettura degli atti, impedita dal principio di autosufficienza dell'atto di rimessione,preclude il necessario controllo in punto di rilevanza. ( Precedenti citati: sentenza n. 338 del 2011; ordinanze n. 196 del 2016, n. 55 del 2016, n. 162 del 2015 e n. 99 del 2013 ).
E' manifestamente inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza la questione di legittimità costituzionale dell'art. 168, terzo comma, cod. pen., come modificato dall'art. 1 della legge 26 marzo 2001, n. 128, censurato, in riferimento agli artt. 3, secondo comma, 24 e 111 Cost., nella parte in cui prevede la revoca, in sede di esecuzione, della sospensione condizionale della pena concessa in violazione dell'art. 164, quarto comma, cod. pen., anche quando si tratti di beneficio accordato a seguito di richiesta di patteggiamento subordinato alla concessione della sospensione condizionale. Infatti, per giurisprudenza di legittimità maggioritaria, la nuova ipotesi di revoca non può operare in rapporto ai benefici concessi con sentenze divenute definitive prima dell'entrata in vigore della legge n. 128 del 2001, e, nella specie, si discute proprio della revoca di una sospensione condizionale applicata con sentenza divenuta definitiva in epoca anteriore.
E' manifestamente inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza la questione di legittimità costituzionale dell'art. 168, terzo comma, cod. pen., come modificato dall'art. 1 della legge 26 marzo 2001, n. 128, censurato, in riferimento agli artt. 3 e 111, quarto e quinto comma, Cost., nella parte in cui prevede la revoca, in sede di esecuzione, della sospensione condizionale della pena concessa in violazione dell'art. 164, quarto comma, cod. pen., anche quando si tratti di beneficio accordato a seguito di richiesta di patteggiamento subordinato alla concessione della sospensione condizionale. Infatti, il rimettente non prende in considerazione quell'indirizzo interpretativo secondo il quale la possibilità di revoca in executivis della sospensione condizionale deve intendersi limitata alla sola ipotesi in cui l'elemento ostativo alla sua concessione non fosse conoscibile nella fase di cognizione (mentre nel caso in cui il giudice della cognizione, pur potendo accorgersi dei precedenti ostativi, abbia egualmente concesso il beneficio, anche la nuova ipotesi di revoca dovrebbe conseguire alla proposizione degli ordinari mezzi di impugnazione), e non precisa se, nel caso al suo esame, i precedenti ostativi fossero conosciuti o conoscibili dal giudice della cognizione.
E? manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 168, primo comma, numero 2, cod. pen., il quale prevede la revoca di diritto del beneficio della sospensione condizionale della pena, nel caso di sopravvenienza di un'altra condanna per un delitto anteriormente commesso a pena che, cumulata con quella sospesa, supera i limiti stabiliti dall'art. 163 cod. pen., sollevata con riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, per l?asserita disparità di trattamento rispetto alla disciplina dell?affidamento in prova al servizio sociale e per la violazione dei principi di personalità della responsabilità penale e della funzione rieducativa della pena. Infatti, con riferimento al parametro di cui all?art. 3 Cost., risulta comunque palese l'inidoneità del 'tertium comparationis' evocato dal giudice rimettente, stante l'eterogeneità delle situazioni poste a confronto. Quanto al parametro di cui all?art. 27 Cost., nessuna violazione dei principì di personalità della responsabilità penale e della funzione rieducativa della pena può essere ravvisata in riferimento ad una disciplina che ? nel caso di sopravvenienza di sentenze di condanna per fatti anteriormente commessi a pena che, cumulata con quella sospesa, determini il superamento dei limiti discrezionalmente stabiliti dal legislatore e, con esso, la caduta del presupposto per la concessione del beneficio ? ripristini l'esecuzione della pena già sospesa, senza prevedere alcuna «detrazione» per il periodo di sospensione trascorso, che è un periodo di «non esecuzione» di alcuna sanzione penale.
E' manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 168, primo comma, cod. pen. - <