Articolo 103 - CODICE PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
E' senz'altro da escludere che l'art. 25 della Costituzione possa interpretarsi nel senso che consenta l'applicazione delle misure di sicurezza solo in via alternativa alla pena e che percio', se correlate a fatti costituenti reato, per i quali vi e' gia' previsione di pena, tali misure debbano considerarsi illegittime. E' pertanto infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata in base a tale assunto (che oltretutto comporterebbe l'incostituzionalita' dell'intero sistema delle misure di sicurezza quale risulta dal codice penale) riguardo alla irrogazione di misure di sicurezza per effetto della dichiarazione di abitualita' e professionalita' nel reato, prevista dagli artt. 102, 103, 105, 109, 204, 216, nn. 1 e 2, e 217 codice penale.
L'art. 27 della Costituzione si riferisce soltanto alla pena e non considera le misure di sicurezza, proprio perche' queste ex se tendono ad un risultato che eguaglia quella rieducazione cui deve mirare la pena. Pertanto non e' fondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata, in riferimento all'art. 27 Cost., riguardo all'automatica irrogazione della misura di sicurezza (colonia agricola o casa di lavoro) per effetto della dichiarazione di professionalita' od abitualita' nel reato, prevista in combinato disposto dagli artt. 102, 103, 105, 109, 204, primo e secondo comma, 216, nn. 1 e 2, e 217 cod. pen., in base all'assunto che le misure di sicurezza, se ed in quanto correlate a fatti-reati, sarebbero in contraddizione con le "finalita' educative". Cfr.: sent. nn. 168 del 1972 e 68 del 1967.
Col prevedere negli artt. 102, 103, 105, 109, 204, 216, nn. 1 e 2, e 217 codice penale (combinato disposto), l'irrogazione automatica della misura di sicurezza per effetto della dichiarazione di abitualita' e professionalita' nel reato, il legislatore, nell'ambito della discrezionalita' consentitagli, ha ritenuto di attribuire generalizzata significazione, al fine della prevenzione criminale, agli elementi dei precedenti penali e dell'indole del nuovo reato. E' pertanto infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata in proposito, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, atteso che tale uniforme significazione di pericolosita' giustifica l'adottata identica regola di giudizio: non certo in contrasto con il principio di eguaglianza, bensi' al fine di farne applicazione.
E' da escludere che, ai sensi dell'art. 102 cod. pen., derivi disparita' di trattamento nei confronti di soggetti che, per i precedenti penali, in relazione al tempo, nonche' alla gravita' ed indole dei delitti commessi, siano passibili di qualificazione penale soggettiva ipso iure - e non a seguito di valutazioni rimesse, caso per caso, al giudice -, rispetto ad ipotesi che per la loro minore rilevanza, desumibile dai criteri indicati dall'art. 103 cod. pen., il legislatore ha ravvisato non suscettibili di generalizzata significazione ai fini di prevenzione criminale. Pertanto, non e' fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 102 cod. pen., concernente l'abitualita' presunta, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost.
L'art. 109, secondo comma, cod. pen., col riferire l'accertamento della qualita' di delinquente abituale allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della pronunzia della condanna, ha inteso sottrarre il trattamento del condannato a successive evenienze, a ritardi oppure anche a disfunzioni dell'apparato giudiziario escludendo che da questi eventi possa trarsi vantaggio. Ne' da cio' puo' derivare pregiudizio nei confronti di chi, nel tempo intercorso dopo la condanna, ha dato prova di ravvedimento e di reinserimento nell'ordine sociale, in quanto venga assoggettato tardivamente a restrizioni della liberta' personale anche con l'imposizione di misure di sicurezza, giacche' non mancano nell'ordinamento opportuni temperamenti al rigore di detta disposizione. Essa, pertanto, non contrasta con gli artt. 3, primo e secondo comma, e 27, terzo comma, Cost., nella parte in cui stabilisce che la dichiarazione di delinquenza abituale, a carico del soggetto che versi nelle condizioni prevedute dalle precedenti disposizioni degli artt. 102 e 103, puo' essere pronunziata in ogni tempo, anche dopo l'esecuzione della pena (ovviamente ove non vi abbia provveduto il giudice della cognizione) sulla base della condotta gia' considerata nella sentenza di condanna, senza che possa tenersi conto della condotta successiva del colpevole.