Articolo 376 - CODICE PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 376, primo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede la ritrattazione come causa di non punibilità per chi, richiesto di fornire informazioni dalla polizia giudiziaria che agisca di propria iniziativa, abbia reso dichiarazioni false o reticenti. Infatti - posto che non esiste un diritto costituzionale alla ritrattazione delle false dichiarazioni rese nel processo penale, sicché deve riconoscersi in materia un'ampia discrezionalità del legislatore - la sentenza n. 424 del 2000, pronunciandosi su questione analoga, ha già escluso irrazionali contraddizioni tra la disciplina censurata e la disciplina delle dichiarazioni false o reticenti rese al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria che agisca su delega di questi, per le quali, invece, la causa di non punibilità, in caso di ritrattazione, è prevista. - V. citata sentenza n. 101/1999 con la quale è stata estesa la causa di non punibilità della ritrattazione alle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria che agisca su delega del p.m.
Manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 376 del codice penale, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, per assoluta carenza di motivazione che non puo' essere sostituita, ne' integrata, dal mero rinvio per 'relationem' a un atto di causa, giacche' il giudice deve rendere esplicite le ragioni che lo portano a dubitare della costituzionalita' della norma che ritiene di dover applicare e questa necessaria motivazione deve essere autosufficiente, per permettere la verifica dell'avvenuto apprezzamento della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione. - sull'inammissibilita' di questioni prospettate per 'relationem' ad altri atti: sentenze nn. 310/2000 e 242/1999; ordinanze nn. 232 e 173/2000. - sulla necessita' della motivazione esplicita, per la verifica dell'avvenuto apprezzamento della rilevanza e non manifesta infondatezza della questione, sentenza n. 79/1996. A.G.
Non appare essere una contraddizione manifestamente irrazionale - condizione per l'intervento della Corte sulla normativa denunciata - che il legislatore abbia differenziato la disciplina delle dichiarazioni false o reticenti rese alla polizia giudiziaria, eventualmente rilevanti sotto il profilo del reato di favoreggiamento, rispetto alla disciplina delle dichiarazioni false o reticenti rese al pubblico ministero, ed, in particolare, che risulti prevista solo per questa seconda ipotesi - e, a seguito della sentenza n. 101 del 1999, anche per l'ipotesi di tali dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria, operante su delega del pubblico ministero - l'applicabilita' della ritrattazione come causa di non punibilita'. Infatti, alla diversita' soggettiva delle ipotesi, corrisponde una normale diversita' di cadenze temporali, perche' le informazioni assunte direttamente dalla polizia giudiziaria riguardano di solito il momento iniziale delle indagini, nel quale la ritrattazione, quale istituto finalizzato primariamente a soddisfare l'interesse alla definizione del giudizio penale o all'esercizio dell'azione penale fondati su elementi probatori veridici, non conseguirebbe il suo scopo. Del resto, non esiste - o almeno non ne e' argomentata dai rimettenti l'esistenza - un diritto costituzionale alla ritrattazione delle false dichiarazioni comunque rese nel processo penale, per cui puo' concludersi che sussiste un'ampia sfera di discrezionalita' del legislatore, che la Corte e' tenuta a rispettare, nel modellare la disciplina della ritrattazione nelle diverse fasi del procedimento. Non sono pertanto fondate, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 376, primo comma, del codice penale, nella parte in cui non estende la causa di non punibilita' ivi prevista, all'ipotesi della ritrattazione delle dichiarazioni false o reticenti rese alla polizia giudiziaria, che assume sommarie informazioni, a norma dell'art. 351 del codice di procedura penale. - v. le sentenze nn. 101/1999 e 228/1982. A.M.M.
Manifesta inammissibilita' della questione concernente una norma gia' dichiarata costituzionalmente illegittima nel senso e nei termini prospettati dal rimettente. - V. S. n. 101/1999. - Cfr., altresi'. S. nn. 228/1982 e 416/1996.
E' costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3, comma primo, Cost., l'art. 376, comma 1, cod. pen., nella parte in cui non prevede la ritrattazione come causa di non punibilita' per chi, richiesto dalla polizia giudiziaria, delegata dal p.m. a norma dell'art. 370 cod. proc. pen., di fornire informazioni ai fini delle indagini, abbia reso dichiarazioni false ovvero in tutto o in parte reticenti, in quanto - posto che la norma impugnata esclude la causa di non punibilita' della ritrattazione nel caso delle false dichiarazioni alla p.g. specificamente delegata dal p.m. (integranti la fattispecie dell'art. 378 cod. pen.); che l'assunzione diretta e personale da parte del p.m. (art. 370, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen.) di informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini (art. 362) e l'assunzione delle medesime informazioni avvalendosi della polizia giudiziaria a cio' delegata (art. 370, comma 1, secondo periodo) costituiscono esclusivamente forme diverse della medesima attivita' facente sostanzialmente capo comunque al p.m. nell'esercizio dei poteri che a esso spettano quale organo che dirige le indagini preliminari nell'esercizio dell'azione penale (art. 326 e 327); e che, in tal modo, da un lato, in generale, si giustifica l'art. 370, comma 2, cod. proc. pen. il quale, per lo svolgimento dell'attivita' e il compimento degli atti delegati alla p.g., rinvia alle forme di garanzia procedurale e alle regole di documentazione previste per le indagini svolte direttamente dal p.m., e, dall'altro, si spiega la necessaria equivalenza, quanto ad utilizzabilita' nel seguito del processo, degli atti diretti e di quelli delegati (art. 503, comma 5, cod. proc. pen.) - di fronte a tale convergenza di disciplina, corrispondente a un'unitarieta' di "ratio" che sorregge le norme relative, quale che sia l'autorita' che procede ad assumere le informazioni (il p.m., o la p.g. su delega di questo), la diversita' di trattamento che la norma impugnata introduce, circa gli effetti della ritrattazione nell'un caso e nell'altro, appare priva di ogni ragionevole giustificazione, e quindi sicuramente arbitraria. - S. nn. 60 e 381/1995.
E' manifestamente inammissibile la questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 376 cod. pen., impugnato - in relazione all'art. 378 cod. pen. - nella parte in cui non estende anche al delitto di favoreggiamento personale commesso mediante false o reticenti dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria nel corso delle indagini preliminari, la speciale causa di non punibilita' della ritrattazione riconosciuta invece in ordine al delitto (previsto dall'art. 371-bis cod. pen.) di false informazioni al pubblico ministero. Invero - a parte che, alla stregua del criterio di determinazione della competenza per materia secondo il limite edittale di pena (artt. 6 e 7 cod. proc. pen.) il favoreggiamento personale non rientra tra i delitti di cui il Tribunale rimettente puo' conoscere - sta di fatto che la possibilita' giuridica di ritrattare che si richiede di riconoscere in favore di chi sia imputato del reato di favoreggiamento personale, non potrebbe evidentemente spiegare alcun effetto sull'esito del giudizio di merito, che non concerne quel titolo di reato ne' un suo eventuale autore. Ne', a dimostrazione della rilevanza della sollevata questione, puo' trarsi valido argomento dalla incidenza della stessa - secondo la motivazione addotta sul punto dalla ordinanza di rimessione - sulla utilizzabilita' o meno, ai fini delle contestazioni, di un verbale di informazioni rese alla polizia giudiziaria da un soggetto, che peraltro neppure risulta se, e davanti a quale giudice, abbia assunto, allo stato, la veste di imputato del reato 'de quo', condizione minima, questa, per poter discutere, in concreto, della inapplicabilita' della reclamata esimente. - Sulla non fondatezza (in riferimento all'art. 3 Cost.) e la manifesta infondatezza (in relazione all'art. 24 Cost.) di analoga questione, proposta sulla mancata estensione dell'esimente al reato di favoreggiamento, ma in relazione alla riconosciuta applicabilita' della stessa al reato di falsa testimonianza, S. n. 228/1982. red.: S. Pomodoro
Questione gia' dichiarata non fondata. - S. n. 228/1982.
Mentre nella falsa testimonianza il legislatore da` rilievo di esimente alla ritrattazione, nell'intento di conseguire la giusta definizione del procedimento principale, analogo rilievo non viene ragionevolmente conferito alla ritrattazione nel favoreggiamento personale, in cui le false dichiarazioni del favoreggiatore, nonostante la successiva ritrattazione, hanno gia` costituito intralcio all'indagine. Ne` all'identificazione del fine evidenziato e` di ostacolo la circostanza che la giurisprudenza ravvisi il reato di falsa testimonianza in luogo di quello di favoreggiamento, nel caso di mendaci dichiarazioni fiancheggiatrici rese all'autorita` giudiziaria, poiche` non compete alla Corte stabilire se in tale ipotesi ricorra il concorso formale di reati o quello apparente di norme incriminatrici. Conseguentemente non e` fondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimita` costituzionale dell'art. 376 c.p. nella parte in cui prevede l'esimente della ritrattazione per il solo reato di falsa testimonianza (art. 372 c.p.) e non anche per quello di favoreggiamento personale (art. 378 c.p.).
Ai fini della configurabilita` del reato di favoreggiamento personale e` ininfluente che le dichiarazioni mendaci che lo integrano siano state rese necessarie dalle circostanze che il favoreggiatore non possa manifestare al giudice la verita`, se non rilevando un reato precedentemente commesso. Infatti deve osservarsi che la situazione prospettata e` comune a tutti i casi in cui il teste si trovi di fronte all'alternativa di manifestare il falso o di confessare, dichiarando il vero, un reato: in tale ipotetico contesto, l'assumere che l'art. 24 Cost., in tanto sarebbe rispettato, in quanto la manifestazione del vero comportasse l'impunita` in ordine al reato confessato, e` affermazione che avrebbe senso logico, solo se il diritto di difesa potesse legittimamente riguardarsi in un'accezione semantica che lo consideri sinonimo di rinuncia alla pretesa punitiva da parte dello Stato. Pertanto e` manifestamente infondato il preteso contrasto dell'art. 376 c.p. che prevede l'esimente della ritrattazione solo per il reato di falsa testimonianza e non per quello di favoreggiamento e l'art. 24 della Costituzione, prospettato sotto questo profilo.
L'esimente della ritrattazione e` diretta ad assicurare l'accertamento della verita` nel giudizio, talche` essa deve essere correlata alle caratteristiche differenziali dei procedimenti civili o penali in cui s'e` data la falsa testimonianza. In tal modo il piu` breve termine concesso al falso testimone per ritrattare nel processo penale rispetto a quello civile corrisponde alla struttura ed alle esigenze di tempestivita` del primo. Ne` in materia viene in considerazione la garanzia del diritto di difesa, trattandosi di istituto di diritto sostanziale. Pertanto non e` fondata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. la questione di legittimita` costituzionale dell'art. 376 cod.pen., come gia` ritenuto dalla Corte con sent. n. 26 del 1974.