Articolo 322 - CODICE PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 163/2014Depositata il 10/06/2014
È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 322, secondo comma, cod. pen., impugnato, in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui assoggetta la subornazione del consulente tecnico del pubblico ministero ad una pena superiore a quella prevista dall'art. 377, primo comma, cod. pen. per la subornazione del perito. Il rimettente muove dalla premessa ermeneutica secondo la quale la subornazione del consulente tecnico del pubblico ministero, incaricato esclusivamente di esprimere valutazioni tecnico-scientifiche e non di accertare dati oggettivi, non potendo integrare il delitto di intralcio alla giustizia, ricadrebbe nell'ambito applicativo della più generale fattispecie di istigazione alla corruzione di cui alla norma censurata e motiva la rilevanza sull'assunto che l'indagine tecnica affidata nel caso di specie al consulente del pubblico ministero sarebbe «di tipo squisitamente valutativo». Tale assunto tuttavia non è condivisibile, atteso che l'indagine in questione richiede anche l'accertamento di un dato oggettivo rispetto al quale il consulente avrebbe potuto rendersi responsabile dei reati di falsa testimonianza e di false informazioni al pubblico ministero, con conseguente rilevanza penale della condotta subornatrice sub specie di intralcio alla giustizia. Inoltre, la pronuncia richiesta dal rimettente - indirizzata ad ottenere l'equiparazione, quoad poenam , della subornazione del consulente del pubblico ministero a quella del perito - non garantirebbe comunque il ripristino del principio di eguaglianza ma darebbe anzi luogo ad un assetto non in linea con le coordinate generali del sistema, che nella logica del processo accusatorio (ove il pubblico ministero è una parte e gli elementi raccolti nel corso delle indagini non assumono, di norma, dignità di prove) prevede un trattamento sanzionatorio diverso e meno grave per le false informazioni al pubblico ministero rispetto alla falsa testimonianza e così pure per l'offerta di denaro fatta a favore di chi deve rendere dichiarazioni all'organo della pubblica accusa rispetto a quella rivolta a chi rende dichiarazioni al giudice. La stessa logica imporrebbe, dunque, che la subornazione del consulente tecnico del pubblico ministero fosse punita con pena non già eguale ma inferiore a quella comminata per la subornazione del perito, ausiliario del giudice.
Norme citate
- codice penale-Art. 322, comma 2
Parametri costituzionali
Pronuncia 301/2009Depositata il 20/11/2009
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 200, 322- ter del codice penale, dell'art. 321, comma 2, del codice di procedura penale, nonché dell'art. 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui essi prevedono la confisca obbligatoria e, correlativamente, il sequestro preventivo, per un valore corrispondente a quello del profitto, per i reati tributari commessi anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 244/2007. Invero, il giudice a quo muove da un erroneo presupposto interpretativo perché, come la Corte ha già rilevato, l'art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007 - con il quale la disciplina della confisca "per equivalente" di cui all'art. 322- ter cod. pen. è stata estesa ai reati tributari di cui agli artt. 2, 3, 4, 5, 8, 10- bis , 10- ter e 11 del d.lgs. n. 74 del 2000 - non opera retroattivamente. Invero, la mancanza di pericolosità dei beni che sono oggetto della confisca per equivalente, unitamente all'assenza di un "rapporto di pertinenzialità" tra il reato e detti beni, conferiscono all'indicata confisca una natura «eminentemente sanzionatoria», che impedisce l'applicabilità a tale misura patrimoniale del principio generale dell'art. 200 cod. pen., secondo cui le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione, e possono essere, quindi, retroattive. A tale conclusione si giunge sulla base della duplice considerazione che il secondo comma dell'art. 25 Cost. vieta l'applicazione retroattiva di una sanzione penale e che la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto in contrasto con i principi sanciti dall'art. 7 della Convenzione l'applicazione retroattiva di una confisca di beni riconducibile proprio ad un'ipotesi di confisca per equivalente. In senso analogo, v., citata, ordinanza n. 97/2009. In relazione all'indirizzo della C.E.D.U. citato, v. sentenza n. 307°/1995, Welch v. Regno Unito. In relazione all'indirizzo della Suprema Corte di Cassazione che, contrariamente a quanto ritenuto dal rimettente, riguarda solo la diversa ipotesi di misure di sicurezza prive del carattere di afflittività peculiare della confisca per equivalente, v., citate, ex multis , Cassazione penale, sentenze n. 39173, n. 39172 e n. 21566 del 2008.
Norme citate
- codice penale-Art. 200
- codice penale-Art. 322 TER
- codice di procedura penale-Art. 321, comma 2
- legge-Art. 1, comma 143
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 117
- convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 7
- legge-Art.
Pronuncia 97/2009Depositata il 02/04/2009
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 200, 322- ter del codice penale e 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, censurato, in riferimento all'art. 117 Cost., nella parte in cui essi prevedono la confisca obbligatoria cosiddetta "per equivalente" di beni di cui il reo abbia la disponibilità, per i reati commessi anteriormente all'entrata in vigore della legge. Invero il giudice a quo muove da un erroneo presupposto interpretativo posto che la Corte di cassazione ha affermato che la mancanza di pericolosità dei beni che sono oggetto della confisca per equivalente, unitamente all'assenza di un "rapporto di pertinenzialità" tra il reato e detti beni, conferiscono all'indicata confisca una natura «eminentemente sanzionatoria», che impedisce l'applicabilità a tale misura patrimoniale del principio generale dell'art. 200 cod. pen., secondo cui le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione, e possono essere, quindi, retroattive. A tale conclusione si giunge sulla base della duplice considerazione che il secondo comma dell'art. 25 Cost. vieta l'applicazione retroattiva di una sanzione penale e che la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto in contrasto con i princípi sanciti dall'art. 7 della Convenzione l'applicazione retroattiva di una confisca di beni riconducibile proprio ad un'ipotesi di confisca per equivalente. - In relazione all'indirizzo della Suprema Corte di Cassazione citato, v., ex multis , Cassazione penale, sentenze n. 39173, n. 39172 e n. 21566 del 2008.
Norme citate
- codice penale-Art. 200
- codice penale-Art. 322 TER
- legge-Art. 1, comma 143
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 117
- convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 7
- legge-Art.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.