Articolo 495 - CODICE PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 111/2023Depositata il 05/06/2023
È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 24 Cost., l'art. 495, primo comma, cod. pen., nella parte in cui non esclude la punibilità della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato che, richiesti di fornire le informazioni indicate nell'art. 21 norme att. cod. proc. pen. senza che siano stati loro previamente formulati gli avvertimenti di cui all'art. 64, comma 3, cod. proc. pen., abbiano reso false dichiarazioni. La punibilità delle false dichiarazioni relative alle qualità della propria o dell'altrui persona ai sensi dell'art. 495 cod. pen. deve ritenersi non in contrasto con il parametro evocato dal Tribunale di Firenze soltanto ove la persona indagata o imputata abbia previamente ricevuto l'avvertimento circa il suo diritto a non rispondere; restando poi libero il legislatore di valutare se estendere la non punibilità anche all'ipotesi in cui l'interessato, avendo ricevuto l'avvertimento, renda comunque dichiarazioni false allo scopo di evitare conseguenze a sé pregiudizievoli nell'ambito del procedimento e poi del processo penale. ( Precedente: S. 84/2021 - mass. 43815 ).
Norme citate
- codice penale-Art. 495, comma 1
Parametri costituzionali
Pronuncia 111/2023Depositata il 05/06/2023
Sono dichiarate non fondate le ulteriori questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Firenze, sez. prima penale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 495 cod. pen., nella parte in cui sanziona chi rende false dichiarazioni sulle domande di cui all'art. 21 norme att. cod. proc. pen. Se è vero che il diritto processuale, come interpretato dalla costante giurisprudenza di legittimità, non richiede che la persona venga avvertita della facoltà di non rispondere prima che le vengano rivolte le domande indicate - le quali, anzi, sono normalmente formulate subito dopo l'ammonimento, previsto dall'art. 66, comma 1, cod. proc. pen., circa le conseguenze cui si espone chi rifiuti di dare le proprie generalità, così da determinare una situazione di insufficiente tutela del diritto al silenzio -, tuttavia il rimedio individuato dal rimettente è, per un verso, eccedente lo scopo, e per un altro verso, insufficiente rispetto a questo stesso scopo. Escludere la punibilità per le specifiche false dichiarazioni in risposta alle domande di cui all'art. 21 norme att. cod. proc. pen., infatti, precluderebbe al legislatore l'adozione di soluzioni differenziate in relazione a situazioni egualmente riconducibili all'area del diritto al silenzio, ma fra loro non del tutto omogenee. Se la scelta legislativa di non prevedere, di regola, sanzioni penali a carico della persona sospettata o imputata di un reato che menta nel tentativo di difendersi poggia su ragioni solide, ciò non significa necessariamente che tale scelta corrisponda a una valutazione di liceità della condotta medesima; né sussiste una perfetta sovrapponibilità tra le false dichiarazioni relative al fatto di reato - ritenute in via generale non penalmente rilevanti dal legislatore - e quelle relative alle circostanze personali del sospetto reo, potenzialmente abbracciate dall'art. 495 cod. pen. Fermo restando che il diritto al silenzio si estende alle une come alle altre, non appare irragionevole che - laddove l'interessato rinunci consapevolmente a esercitare quel diritto - il legislatore possa vietargli di rendere dichiarazioni false sulle circostanze relative alla propria persona e prevedere una sanzione penale nel caso di inosservanza di tale divieto. Il rimedio richiesto sarebbe anche inadeguato, intervenendo soltanto sul versante della punibilità delle false dichiarazioni, ma non su quello - che ne costituisce un prius logico e cronologico - dell'imposizione alle autorità procedenti dell'obbligo di avvisare la persona interrogata della propria facoltà di non rispondere.
Norme citate
- codice penale-Art. 495
Parametri costituzionali
Pronuncia 500/1989Depositata il 10/11/1989
Manifesta inammissibilita' della questione in quanto e' richiesta dal giudice 'a quo' una pronunzia additiva in materia penale, del tutto irrilevante nel processo in corso.
Norme citate
- codice penale-Art. 495
- codice penale-Art. 567, comma 2
Parametri costituzionali
Pronuncia 145/1981Depositata il 21/07/1981
Questione gia' dichiarata non fondata. - S. n. 108/1976.
Norme citate
- codice di procedura penale 1930 (disp. att.)-Art. 25
- codice penale-Art. 495, comma 3
Parametri costituzionali
Pronuncia 108/1976Depositata il 06/05/1976
Dal combinato disposto degli artt. 78, ultimo comma, e 366, primo comma, cod. proc. pen., si evince che alla domanda rivoltagli (dall'autorita' giudiziaria o dall'ufficiale di polizia giudiziaria) sui suoi precedenti penali, l'imputato - anche se incorre nelle sanzioni previste dall'art. 495 cod. pen. qualora risponda in modo contrario al vero - non e' tenuto a rispondere, essendogli consentito di non fornire le notizie che in proposito gli vengano richieste senza incorrere in alcuna responsabilita' penale, fermo restando il solo obbligo di declinare le proprie generalita' (vale a dire nome, cognome e dati di nascita). Pertanto, non e' fondata - in riferimento all'art. 24, comma secondo, Cost. - la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 495, comma terzo, n. 2, cod. pen. e 25 r.d. 28 maggio 1931, n. 602, il primo dei quali punisce la falsa dichiarazione dell'imputato sulla propria identita', sul proprio stato e sulle proprie qualita' personali, mentre l'altro dispone che fra le domande da rivolgersi all'imputato, allorche' si procede al suo interrogatorio, deve essere compresa quella volta ad accertare se egli sia stato sottoposto ad altri procedimenti penali e se abbia riportato condanne nello Stato o all'estero; questione sollevata assumendosi che l'imputato, per evitare la condanna qualora dichiari il falso rispetto ai suoi precedenti penali, sarebbe costretto a rendere dichiarazioni a se' sfavorevoli.
Norme citate
- regio decreto-Art. 25
- codice penale-Art. 495, comma 3
Parametri costituzionali
Pronuncia 138/1973Depositata il 16/07/1973
Se con l'ordinanza di rimessione sia stata impugnata una disposizione di legge che appare dubbio contenga la norma su cui verte la dedotta questione di legittimita' costituzionale, e' necessario rimettere gli atti al giudice a quo perche' li riesamini sotto il profilo della rilevanza e precisi l'oggetto del giudizio. (Nella specie il giudice a quo ha impugnato l'art. 495, secondo capoverso, n. 2, c.p. "nella parte in cui considera reato le false dichiarazioni sui propri precedenti penali di chi sia imputato in un procedimento penale", laddove l'invito rivolto dal giudice all'imputato su se egli sia stato "sottoposto ad altri procedimenti penali" e se abbia "riportato condanne nello Stato o all'estero" e' previsto nell'art. 25 del r.d. 28 maggio 1931, n. 602, contenente "disposizioni di attuazione del codice di procedura penale").
Norme citate
- codice penale-Art. 495, comma 3
- regio decreto-Art. 25
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.