Articolo 151 - CODICE PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Nel caso di amnistia propria non si deve effettuare un vero e proprio giudizio di colpevolezza, sia pure al limitato fine della determinazione dell'entita' della pena, poiche', invece, una volta intervenuta l'amnistia, non compete al giudice compiere un effettivo accertamento di sussistenza del reato, dovendosi egli limitare ad ipotizzare tale sussistenza in quanto necessario all'applicazione del provvedimento di clemenza, salvo nel caso previsto dall'art. 152 cod. proc. pen., della non punibilita' del fatto imputato quando risulti di piena evidenza che esso non sussiste e non e' previsto come reato o non e' addebitabile all'indiziato. Si e' pertanto in presenza di una obiettiva disparita' tra l'amnistia propria e quella impropria, dato che in una di esse, mancando ogni accertamento definitivo di colpevolezza, non si rende possibile far derivare alcun effetto penale, mentre nell'altra l'ammissibilita' di tali effetti trova fondamento nell'avvenuta e non piu' contestabile qualificazione di illecito penale del fatto di cui si e' chiamati a rispondere. Sicche' l'art. 151 cod. pen., quando dispone che l'amnistia sopravvenuta alla condanna fa cessare la sua esecuzione e le pene accessorie ma non gli altri effetti ad essa riconducibili, non induce lesione dell'art. 3 della Costituzione.
Il secondo comma dell'art. 79 della Costituzione, modificando per quanto riguarda il termine l'art. 151, terzo comma, del codice penale nello stabilire che l'amnistia e l'indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla "proposta" di delegazione, ha inteso designare con questa espressione quella fra le varie possibili iniziative da cui e' direttamente derivato l'atto di clemenza. Di conseguenza, e' infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata, in riferimento al suddetto precetto, nei confronti dell'art. 11 della legge 21 maggio 1970, n. 282, e dell'art. 11 del decreto presidenziale 22 maggio 1970, n. 283, i quali fissano il termine finale dell'ambito di applicabilita' dell'amnistia al 6 aprile dello stesso anno (successivamente quindi alla presentazione del relativo disegno di legge di delegazione) nonostante che una precedente proposta d'iniziativa parlamentare, di analogo contenuto per quanto riguarda i reati commessi in occasione di agitazioni popolari, fosse stata presentata fin dal 3 febbraio precedente, dato che il progetto d'iniziativa parlamentare stabiliva il diverso termine del 31 dicembre 1969 e fu ritirato dai proponenti, senza essere stato riunito all'altro ne' mai posto in discussione, sicche' rimase del tutto estraneo al procedimento da cui ha tratto vita la legge di delegazione. Cfr.: sent. 171/63, 51/68.
Posto che la facolta' di rinuncia all'amnistia, non solo non contraddice al diritto di difesa, ma anzi ne costituisce esplicazione e che l'esercizio della facolta' stessa rende inoperante l'amnistia, e conseguentemente consente l'applicabilita' della sanzione penale a carico del rinunziante che risulti colpevole in seguito alla prosecuzione e definizione del giudizio, deve affermarsi che nell'esercizio del diritto di difesa e' inclusa non solo la pretesa al regolare svolgimento di un giudizio che consenta liberta' di dedurre ogni prova a discolpa e garantisca piena esplicazione del contraddittorio, ma anche quella di ottenere il riconoscimento della completa innocenza, da considerare il bene della vita costituente l'ultimo e vero oggetto della difesa, rispetto al quale le altre pretese al giusto procedimento assumono funzione strumentale. Poiche', d'altronde, l'amnistia non elimina l'astratta previsione punitiva relativa a determinati comportamenti, ma si limita ad arrestare la procedibilita' dei giudizi relativamente a dati reati con riferimento al tempo in cui sono stati commessi, con l'obbligo fatto al giudice di dichiarare in tutti i giudizi in corso al momento del sopravvenire di un procedimento di amnistia l'estinzione del reato, viene compromessa irreparabilmente la soddisfazione dell'interesse ad ottenere una sentenza di merito, vincolando invece l'imputato a soggiacere ad una pronuncia di proscioglimento la quale, appunto perche' non scende ad accertare e neppure solo a deliberare la fondatezza dell'accusa, se anche sottrae ad ogni pena, non conferisce alcuna certezza circa l'effettiva estraneita' dell'imputato all'accusa contro di lui promossa, e quindi lascia senza protezione il diritto alla piena integrita' dell'onore e della reputazione. Di conseguenza va dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 151, primo comma, Cod. pen., nonche' degli artt. 1, 2 e 5 della legge 21 maggio 1970, n. 282, e degli artt. 1, 2 e 5 del D.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, nella parte in cui escludono, con le conseguenze suddette, la rinunciabilita' dell'amnistia. Cfr.: sent. n. 171/63, 52/68.
Nel caso in cui l'amnistia intervenga prima della condanna non e' certo che la spesa del procedimento sia stata occasionata dall'imputato, mentre nel caso in cui l'amnistia intervenga dopo la condanna v'e' in tal caso una certezza che promana dal giudicato e pertanto le due situazioni non possono essere regolate da norme identiche e ugualmente comportare l'esonero dall'obbligo di rimborso verso lo Stato. Pertanto, gli artt. 198 e 151, primo comma, cod. pen. non si pongono in contrasto con l'art. 3 Cost.. - S. n. 171/1963.
Non e' violato il principio di eguaglianza - posto nell'art. 3 Cost. - da parte della previsione legislativa, di carattere generale, di provvedimenti di amnistia, contenuta nell'art. 151 c.p. e dello specifico provvedimento di amnistia previsto dalla legge 13 gennaio 1963, n. 2, e concesso col D.P.R. 24 gennaio 1963, N. 5. E cio' sia perche' l'istituto dell'amnistia e' espressamente contemplato dall'art. 79 Cost., che ne contiene la disciplina, onde e' inconcepibile considerarlo in se' e per se' incompatibile con la Costituzione; sia perche' l'inconveniente che, mentre chi sia stato giudicato e condannato prima dell'amnistia viene a soffrire in tutto o in parte la pena, nessuna pena sopporta, per contro, chi venga giudicato dopo l'amnistia, si risolve non in una disparita' di diritto, ma in una mera e inevitabile disparita' di fatto, cui rimane estranea la legge.