Articolo 62 - CODICE PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 183/2011Depositata il 10/06/2011
Non può essere accolta, in quanto infondata, l'eccezione, formulata dalla difesa dello Stato, di inammissibilità per carenza di motivazione sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dell'art. 62- bis , secondo comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 1, comma 1, della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui, nel caso di recidivo reiterato ex art. 99, quarto comma, cod. pen., chiamato a rispondere di taluno dei delitti di cui all'art. 407, comma 2, lettera a ), cod. proc. pen., per il quale sia prevista una pena non inferiore nel minimo a cinque anni, non consente di fondare sui parametri di cui al secondo comma dell'art. 133 cod. pen., in particolare sul comportamento susseguente al reato, la concessione dell'attenuante di cui all'art. 62- bis , primo comma, cod. pen. Il rimettente ha infatti precisato che l'imputato ha ammesso gli addebiti e che proprio per questa ragione, e per la collaborazione data nel corso delle indagini, il pubblico ministero ha chiesto l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche: e ciò è sufficiente per ritenere la questione rilevante nel giudizio a quo .
Norme citate
- codice penale-Art. 62 BIS, comma 2
- legge-Art. 1, comma 1
Parametri costituzionali
Pronuncia 183/2011Depositata il 10/06/2011
E' costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, l'art. 62- bis , secondo comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 1, comma 1, della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui stabilisce che, ai fini dell'applicazione del primo comma dello stesso articolo, non si possa tenere conto della condotta del reo susseguente al reato. Sotto un primo profilo, tale scelta normativa contrasta con il principio di ragionevolezza: la disposizione impugnata, infatti, precludendo al giudice di fondare il riconoscimento delle attenuanti generiche sulla condotta successiva al reato, privilegia uno dei parametri indicati dal secondo comma dell'art. 133 cod. pen. - la precedente attività delittuosa del reo - come sintomatico della capacità a delinquere rispetto agli altri e in particolare rispetto alla condotta successiva alla commissione del reato, benché questa possa essere in concreto ugualmente, o addirittura prevalentemente, indicativa dell'attuale capacità criminale del reo e della sua complessiva personalità. La preclusione è fondata su una valutazione preventiva, predeterminata e astratta, che non risponde a un dato di esperienza generalizzabile, in quanto la rigida presunzione di capacità a delinquere, presupposta dalla norma censurata, è inadeguata ad assorbire e neutralizzare gli indici contrari, che possono desumersi, a favore del reo, dalla condotta susseguente, con la quale la recidiva reiterata non ha alcun necessario collegamento. Mentre, infatti, la recidiva rinviene nel fatto di reato il suo termine di riferimento, la condotta susseguente si proietta nel futuro e può segnare una radicale discontinuità negli atteggiamenti della persona e nei suoi rapporti sociali, che, pur potendo essere di grande significato per valutare l'attualità della capacità a delinquere, sono indiscriminatamente neutralizzati ai fini dell'applicazione delle circostanze attenuanti generiche. Sotto un ulteriore aspetto, l'inasprimento del trattamento sanzionatorio per i "recidivi reiterati", autori di determinati reati, senza la possibilità di tenere conto del loro comportamento successivo alla commissione del reato, anche quando è particolarmente meritevole ed espressivo di un processo di rieducazione intrapreso, o addirittura già concluso, elude la funzione rieducativa della pena, privilegiando un profilo general-preventivo, e pone la norma censurata in contrasto con l'art. 27, terzo comma, Cost. Infatti l'obiettivo della rieducazione del condannato, affermato dal citato precetto costituzionale, non può essere efficacemente perseguito negando valore a quei comportamenti che manifestano una riconsiderazione critica del proprio operato e l'accettazione di quei valori di ordinata e pacifica convivenza, nella quale si esprime l'oggetto della rieducazione. Sulla finalità rieducativa della pena non limitata alla sola fase dell'esecuzione, ma costituente una delle qualità essenziali e generali che caratterizzano la pena "nel suo contenuto ontologico", v. la richiamata sentenza n. 313 del 1990, nonché le sentenze n. 129 del 2008, n. 257 del 2006, n. 341 del 1994. Sul principio che il privilegio di obiettivi di prevenzione generale e di difesa sociale non può spingersi fino al punto da autorizzare il pregiudizio della finalità rieducativa della pena, v. sentenza n. 306 del 1993 ed anche la sentenza n. 257 del 2006, richiamate nella pronuncia.
Norme citate
- codice penale-Art. 62 BIS, comma 2
- legge-Art. 1, comma 1
Parametri costituzionali
Pronuncia 138/1998Depositata il 23/04/1998
Non e' fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale - sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. - dell'art. 62, numero 6, prima parte, cod. pen., che prevede come circostanza attenuante l'avere prima del giudizio riparato interamente il danno mediante il risarcimento di esso, in quanto l'interpretazione fatta propria dal giudice rimettente - secondo il quale l'esegesi della norma censurata assunta dalla prevalente giurisprudenza della Cassazione, che ne esclude l'applicabilita' nell'ipotesi in cui il risarcimento venga effettuato, in forza del contratto di assicurazione contro la responsabilita' civile verso terzi, dall'ente assicuratore - non e' la sola possibile. Infatti, ai fini di una corretta lettura della disposizione denunciata, e' decisiva la considerazione che l'interpretazione dell'attenuante in chiave meramente soggettiva, <<che ravvisasse in essa una finalita' rieducativa, contrasterebbe con l'art. 3 Cost. sotto i molteplici profili evidenziati dal giudice 'a quo' e dalla piu' recente giurisprudenza della Corte di Cassazione>>: con la conseguenza di una arbitraria svalutazione dell'istituto dell'assicurazione obbligatoria della responsabilita' civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, istituto che svolge nel nostro ordinamento una insostituibile funzione riequilibratrice, in attuazione degli imperativi contenuti nell'art. 3 Cost.. Nella fattispecie, quindi, l'interpretazione della norma impugnata, non contraddetta dalla interpretazione testuale, e' nel senso che l'attenuante del risarcimento del danno in essa prevista sia operante anche quando l'intervento risarcitorio, comunque riferibile all'imputato, sia compiuto, prima del giudizio dall'ente assicuratore. - Cfr. S. nn. 560/1987, 77/1983, 56/1975. red.: G. Leo
Norme citate
Parametri costituzionali
Pronuncia 54/1993Depositata il 16/02/1993
La fattispecie di furto (consumato o tentato) aggravato dalla violenza sulle cose, ma attenuato dall'esiguita' del danno, non puo' ricondursi alla caratterizzazione dei casi rispetto ai quali il legislatore delegato nel formulare l'art. 380, secondo comma, cod. proc. pen. ha ritenuto sussistenti le speciali esigenze per la tutela della collettivita' per le quali il legislatore delegante ammette la previsione dell'arresto obbligatorio (v. massima D); tali esigenze sono state individuate nella salvaguardia dell'ordine costituzionale (lett. a, i ed l), della sicurezza ed incolumita' pubblica (lett. b, g, h ed e, prima ipotesi) o della liberta', incolumita' e sicurezza individuale, se attentate con mezzi di violenza personale (lett. d e f), o in caso di forme di criminalita' organizzata (lett. l) o di delitti concernenti associazioni di tipo mafioso (lett. m). Allo stato, invece, la gravita' del delitto 'de quo' e' rilevabile solo dall'astratta previsione della pena in quanto, nella realta', la concreta comminazione si e' attenuata essendo possibile il bilanciamento tra aggravanti ed attenuanti o anche la prevalenza delle generiche sulle aggravanti del furto, in secondo luogo l'attenuante di cui all'art. 62, n. 4 cod. pen. rientra tra i fattori dei quali si deve tener conto per la determinazione della pena sia per l'applicazione delle misure cautelari sia della sottoposizione delle fattispecie delittuose al regime dell'arresto obbligatorio o facoltativo, in terzo luogo l'applicazione di tale diminuente e' stata ampliata con la l. n. 19/1990 (art. 2), infine non va nemmeno sottovalutata l'eccezionalita', nell'ottica del legislatore delegante, dell'istituto dell'arresto obbligatorio. Tutti questi fattori (attenuazione della gravita' del delitto di cui agli artt. 624 e 625 cod. pen., maggior rilevanza delle attenuanti del danno lieve e l'eccezionalita' dell'arresto obbligatorio in flagranza) convergono dunque a far escludere che, nell'intenzione del legislatore delegante, la misura dell'arresto obbligatorio in flagranza possa essere prevista per la fattispecie in esame. Conseguentemente l'art. 380, secondo comma, lett. c), cod. proc. pen. deve essere dichiarato incostituzionale, per violazione dell'art. 76 Cost., nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio in flagranza per il delitto di furto, quando ricorre la circostanza aggravante di cui all'art. 625, primo comma, n. 2, prima ipotesi del codice penale ma, concorre la circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4 dello stesso codice. ____________ N.B.: Massima redatta con riferimento al testo della decisione cosi' come modificato dalla ordinanza di correzione n. 301/1993.
Norme citate
Parametri costituzionali
Pronuncia 970/1988Depositata il 13/10/1988
Il termine entro il quale l'imputato puo' utilmente riparare il danno - ai fini della concessione della circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 6, cod. pen. e della conseguente applicabilita' dell'amnistia - e' quello dell'apertura del dibattimento di primo grado, in quanto il sintomo di ravvedimento e di attenuata capacita' a delinquere puo' presumersi solo da un comportamento non riferibile a sviluppi del dibattimento stesso e a contingenti esigenze di difesa. (Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 62 n. 6 del codice penale e 3 lett. d) del d.P.R. 16 dicembre 1986, n. 865, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost.)
Norme citate
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 3 LETT. D)
- codice penale-Art. 62 N. 6
Parametri costituzionali
Pronuncia 272/1976Depositata il 29/12/1976
E' manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale - sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. - dell'art. 62, n. 6, cod. pen. - nella parte in cui stabilisce che attenua il reato "l'avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso" -, avendo la Corte, con sent. n. 111 del 1964, gia' dichiarato non fondata tale questione ed essendo state gia' puntualmente esaminate e disattese nella motivazione di detta decisione tutte le argomentazioni contenute nell'ordinanza di rimessione, ove peraltro non sono stati prospettati profili nuovi di illegittimita' costituzionale.
Norme citate
Parametri costituzionali
Pronuncia 111/1964Depositata il 11/12/1964
L'art. 62, n. 6, prima parte, del codice penale per la applicazione della relativa attenuante, presuppone un effettivo, oltre che tempestivo (dovendo eseguirsi "prima del giudizio") e volontario (e come tale indice di ravvedimento) risarcimento dei danni causati dal reato. Pertanto la suddetta norma rientra fra quelle per effetto delle quali il raggiungimento di determinati fini dipende dall'adempimento di un onere patrimoniale e che di conseguenza comportano una diversa possibilita' di utilizzazione secondo la condizione economica dei soggetti che quei fini si propongano di conseguire. Non sempre ed in ogni caso, tuttavia, le norme di tal genere si pongono in contrasto con il principio di eguaglianza proclamato dall'art. 3 della Costituzione, ma solo quando la disparita' delle condizioni economiche, rendendo impossibile ai soggetti non abbienti il soddisfacimento dell'onere; a) impedisca l'esercizio di un diritto gia' a tutti parimenti riconosciuto e garantito da altre norme della Costituzione, oppure: b) in difetto di una giustificazione del precetto, ragionevole e desumibile da esigenze oggettive, vengano a crearsi non consentite situazioni di privilegio o di svantaggio. Nel senso dell'art. 62 n. 6, prima parte, del codice penale non ricorrono tuttavia ne' la ipotesi sub a) ne' la ipotesi sub b): non la ipotesi sub a) non sussistendo la dedotta violazione del diritto di agire e di difendersi in giudizio di cui all'art. 24 Cost., giacche' la norma in questione, avendo natura sostanziale, non ha attinenza con i mezzi processuali garantiti dall'art. 24 Cost., a tutela delle situazioni giuridiche subiettive, cosi' come queste scaturiscono dalla legge sostanziale; non l'ipotesi sub b) poiche' la norma in questione e' giustificata da ragioni di pubblico interesse ravvisabili se non direttamente negli interessi della vittima, nella effettiva e complessiva valutazione dei danni conseguenti al reato.
Norme citate
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.