Articolo 176 - CODICE PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Il "sicuro" ravvedimento che, ai sensi dell'art. 176 cod. pen., legittima la liberazione condizionale, consiste non soltanto in una condotta negativa (astensione dalla commissione di altri reati), ma anche in una condotta positiva, dimostrativa dell'abbandono delle scelte criminali, la quale si sostanzia in primo luogo nell'adempimento delle obbligazioni civili sorte dal reato. Non è, pertanto, fondata, con riferimento all'art. 27, terzo comma, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 176 cod. pen., nella parte in cui - secondo l'interpretazione datane dalla Corte di cassazione - attribuisce particolare rilievo, ai fini della concessione della liberazione condizionale, nel caso in cui il condannato si trovi nell'impossibilità di adempiere le obbligazioni civili nascenti dal reato, alle manifestazioni di effettivo interessamento del condannato stesso per la situazione morale e materiale delle persone offese ed ai tentativi fatti, nei limiti delle sue possibilità, per attenuare, se non riparare interamente, i danni provocati. Tuttavia, là dove il condannato non abbia mezzi adeguati, l'indice del ravvedimento deve essere tratto da alternative forme di interessamento per le sorti delle persone offese, le quali tengono luogo del concreto sacrificio economico richiesto al primo. - Sulla finalità della liberazione condizionale, v. sentenza n. 418/1998. M.R.
Manifesta inammissibilita' della questione per difetto di rilevanza in quanto il procedimento 'a quo', promosso per la concessione della sola semiliberta', non riguarda una richiesta di concessione della liberazione condizionale. - V. massima B. red.: G. Conti
La speciale liberazione condizionale, concessa a norma dell'art. 8 della legge 29 maggio 1982, n. 304 (Misure per la difesa dell'ordinamento costituzionale) a coloro cui siano state applicate le attenuanti previste in caso di dissociazione o di collaborazione relativamente a condanne per fatti commessi con finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, essendo stata concepita dal legislatore nell'ambito di un complesso di istituti eccezionali volti ad assecondare la dissociazione dal fenomeno della criminalita' di tipo eversivo, costituisce uno strumento di natura squisitamente premiale, che relega sullo sfondo la funzione rieducativa, la quale, al contrario, rappresenta l'essenza della liberazione condizionale ordinaria regolata dall'art. 176 cod. pen.. La disposizione dell'art. 9 della medesima legge n. 304 del 1982, secondo cui la liberazione condizionale e' revocata in ogni tempo se la persona liberata commette successivamente un delitto non colposo per il quale la legge prevede la pena della reclusione superiore nel massimo ai quattro anni ovvero se risulti che la liberazione condizionale e' stata ottenuta a mezzo di dichiarazioni di cui sia stata giudizialmente accertata la falsita', si correla intimamente al carattere premiale dell'istituto, cosi' da fungere come adeguata remora a commettere altri delitti o a rendere false dichiarazioni collaborative per ottenere i benefici. - V. massima B. red.: G. Conti
La speciale liberazione condizionale, concessa a norma dell'art. 8 della legge 29 maggio 1982, n. 304 (Misure per la difesa dell'ordinamento costituzionale) a coloro cui siano state applicate le attenuanti previste in caso di dissociazione o di collaborazione relativamente a condanne per fatti commessi per finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, si differenzia nettamente, per disciplina positiva e 'ratio', dalla liberazione condizionale ordinaria prevista dall'art. 176 cod. pen.. Ne consegue che la questione di costituzionalita' dell'art. 9 della medesima legge n. 304 del 1982, sollevata, per violazione del principio di uguaglianza tra condannati ammessi a godere di analoghi benefici e per violazione del principio della funzione rieducativa della pena, nella parte in cui prevede la revoca della liberazione condizionale "in ogni tempo", impedendo cosi' il decorso del termine per ottenere la riabilitazione nonche' quello di prescrizione del reato, se la persona liberata commette successivamente un delitto non colposo per il quale la legge prevede la pena della reclusione superiore nel massimo ai quattro anni ovvero se risulti che la liberazione condizionale e' stata ottenuta a mezzo di dichiarazioni di cui sia stata giudizialmente accertata la falsita', ove accolta, darebbe vita ad una sorta di ibrido 'tertium genus' del tutto nuovo nel panorama degli istituti positivamente disciplinati, facendo cosi' assumere alla eventuale sentenza della Corte una funzione tipicamente "creativa" che, per la pluralita' delle possibili soluzioni, nessuna delle quali costituzionalmente imposta, certo non le puo' essere riconosciuta. Spetta infatti soltanto al legislatore il potere di individuare un adeguato meccanismo correttivo che determini l'auspicabile effetto di non escludere da un importante strumento di emenda, quale e' la riabilitazione, i condannati che si siano avvalsi della normativa oggetto di censura, specie nelle ipotesi in cui, come nel caso dedotto, si trovavano nelle condizioni per beneficiare della liberazione condizionale ordinaria. (Inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dell'art. 9 della legge 29 maggio 1982, n. 304). - V. massima A. red.: G. Conti
La questione di costituzionalita' volta a censurare l'esclusione dei periodi di pena condonati dal computo dei limiti minimi di pena espiata necessaria per l'ammissione alla semiliberta' e alla liberazione condizionale del condannato all'ergastolo, e' inammissibile per mancanza di dati essenziali ai fini della valutazione della rilevanza, giacche' nell'ordinanza di rimessione non e' specificato ne' il titolo di reato per cui e' intervenuta la condanna all'ergastolo, ne' i decreti di indulto astrattamente applicabili alla fattispecie, ne' se sussistono in ipotesi i requisiti oggettivi e soggettivi cui e' normalmente subordinata l'operativita' del condono. (Manifesta inammissibilita' della questione di costituzionalita' degli artt. 50, comma quinto, L. 26 luglio 1975 n. 354, e 176, comma terzo, cod. pen., in riferimento agli artt. 3, commi primo e secondo, e 27, comma terzo, Cost.). red.: L.I. rev.: S.P.
Nella liberazione anticipata cio' che conta, ai fini del riconoscimento, e' "la partecipazione" del condannato detenuto all'opera rieducativa: la quale potrebbe anche non attingere quel "sicuro ravvedimento" che invece esige l'art. 176 cod. pen. per la concessione della liberazione condizionale. E' dunque la natura stessa dei due istituti che esclude ogni idea di preordinazione del primo al secondo.
Pur essendo vero che l'estinzione del reato, nel caso di concessione della sospensione condizionale della pena, e' condizionata dalla non commissione nei termini prescritti di altro delitto o contravvenzione della stessa indole e dall'adempimento degli obblighi imposti al condannato, cosi' come l'estinzione della pena, nel caso di ammissione alla liberazione condizionale, e' subordinata al decorso del tempo senza l'intervento di cause di revoca, e' necessario distinguere le predette condizioni sospensive alle quali i suddetti effetti sono subordinati. Giacche', mentre la sospensione condizionale della pena non comporta, nel momento in cui viene concessa, alcuna limitazione alla liberta' personale del condannato, la liberazione condizionale, dal momento in cui viene applicata fino a quello della sua revoca, comporta l'adempimento, da parte del condannato di particolari prescrizioni sicuramente limitatrici di tale liberta'.
Poiche' l'ammissione del condannato alla liberazione condizionale (v. massima C) costituisce un diritto per lo stesso, ove ricorrano le condizioni previste dalla legge, e non graziosa concessione od effetto di una rinuncia da parte dello Stato alla ulteriore esecuzione della pena inflitta con la sentenza di condanna, va chiarito che l'espressione "rinuncia" da parte dello Stato della esecuzione della pena residua, usata nel codice penale a proposito della liberazione condizionale e di altre cause estintive della pena, ha un significato meramente "convenzionale". - S. nn. 204/1974, 264/1974, 192/1976 e 78/1977.
Con l'entrata in vigore della legge n. 6 del 12 febbraio 1975 il potere-dovere del giudice di sorveglianza di dichiarare inammissibile l'istanza del condannato volta ad ottenere il beneficio della liberazione condizionale, ove non ricorressero le condizioni di cui all'art. 176 cod. pen., e' stato trasferito alla Corte d'appello. E' percio' nel caso inammissibile, in quanto sollevata dal giudice di sorveglianza, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 176, primo cpv., cod. pen., nella parte in cui prevede che la liberazione condizionale non possa essere concessa al recidivo qualificato se non previa espiazione di almeno quattro anni di reclusione e di almeno tre quarti della pena inflitta.
Il requisito dell'espiazione di 30 mesi o almeno della meta` della pena, quale condizione per la liberazione condizionale, in luogo della previsione di una espiazione proporzionale alla entita` della pena non impedisce la funzione rieducativa della pena e l'incentivo all'emenda dei condannati a pene minori. Infatti la legge 26 luglio 1975 n. 654 prevede una serie di istituti preordinati a favorire il recupero di condannati a pene di modesta entita`. (Infondatezza della questione di legittimita` costituzionale dell'art. 176, primo comma, codice penale, in riferimento all'art. 27, terzo comma, Cost.).