Pronuncia 31/2017

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Paolo GROSSI; Giudici : Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 161 e 163 del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale ordinario di Asti, nel procedimento penale a carico di T.B. ed altro, con ordinanza del 10 novembre 2015, iscritta al n. 22 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 2016. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 5 ottobre 2016 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 161 e 163 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 21, 24, 111 e 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 14 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici adottato a New York il 16 dicembre 1966, entrato in vigore il 23 marzo 1976, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881, e all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 dal giudice del Tribunale ordinario di Asti, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 ottobre 2016. F.to: Paolo GROSSI, Presidente Alessandro CRISCUOLO, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 9 febbraio 2017. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Alessandro Criscuolo

Data deposito: Thu Feb 09 2017 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: GROSSI

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Massime

Processo penale - Notifica personale all'imputato della vocatio in iudicium - Omessa previsione nell'ipotesi di elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio nominato dalla polizia giudiziaria - Denunciata violazione del principio di ragionevolezza, del diritto di difesa e del diritto ad essere informati dell'accusa penale - Lacunosa descrizione della fattispecie di causa, aberratio ictus, richiesta di pronuncia additiva non costituzionalmente obbligata, difetto di motivazione in ordine ad uno dei parametri evocati - Inammissibilità della questione.

È dichiarata inammissibile - per plurimi concorrenti motivi - la questione di legittimità costituzionale degli artt. 161 e 163 cod. proc. pen., censurati dal giudice monocratico del Tribunale di Asti, in riferimento agli artt. 2, 3, 21, 24, 111 e 117 Cost. (in relazione all'art. 14 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e all'art. 6 della CEDU), nella parte in cui non prevedono la notifica personale all'imputato dell'atto introduttivo del giudizio penale, «quantomeno» nell'ipotesi di elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio nominato dalla polizia giudiziaria. La descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo , contenuta nell'ordinanza di rimessione, è lacunosa e impedisce alla Corte la necessaria verifica della rilevanza della questione, non essendo indicate le circostanze di fatto necessarie per valutare se, nel caso concreto, il giudice fosse obbligato a procedere alla celebrazione dell'udienza in assenza degli imputati e, quindi, a fare applicazione delle norme censurate. Altresì erronea è l'individuazione di queste ultime, poiché il rimettente avrebbe dovuto sottoporre al sindacato incidentale l'art. 420- bis , comma 2, cod. proc. pen. (che indica i casi in cui il giudice deve procedere in absentia ), anziché esclusivamente gli artt. 161 e 163 cod. proc. pen. (che individuano le regole generali per le notifiche degli atti del procedimento penale). Per altro verso, la pronuncia additiva richiesta non implica una soluzione costituzionalmente obbligata, in quanto dalla giurisprudenza della Corte EDU non discende l'obbligo della notifica personale della vocatio in iudicium , ma la necessità che gli Stati membri predispongano regole alla cui stregua stabilire che l'assenza dell'imputato al processo possa essere ritenuta espressione di una consapevole rinuncia a parteciparvi, sicché l'individuazione degli strumenti attraverso cui consentire al giudice tale verifica non può che essere affidata alla discrezionalità del legislatore, trattandosi di scelte che investono la disciplina degli istituti processuali. Infine, con riferimento all'art. 2 Cost. sussiste assoluto difetto di motivazione in ordine al parametro evocato. Le lacune dell'ordinanza di rimessione che impediscano alla Corte la necessaria verifica della rilevanza rispetto al giudizio principale determinano l'inammissibilità della questione. ( Precedenti citati: ordinanze n. 218 del 2016, n. 20 del 2014 e n. 181 del 2009 ) . L'erronea individuazione della norma da censurare determina l'inammissibilità della questione. ( Precedenti citati: sentenza n. 140 del 2016, ordinanze n. 113 del 2012 e n. 193 del 2009 ) . La richiesta di una pronunzia additiva che implichi una soluzione non costituzionalmente obbligata, nell'ambito di scelte che eccedono i poteri della Corte, comporta l'inammissibilità della questione. ( Precedenti citati: sentenza n. 214 del 2014 e ordinanza n. 269 del 2015 ) . All'imputato va garantita non solo la facoltà di non presenziare al processo, espressione di una scelta difensiva che non può essere configurata come obbligatoria o coercibile, ma anche il diritto di partecipare al dibattimento, potendosi procedere senza di lui solo se l'assenza sia, in modo esplicito o implicito, frutto di una sua libera scelta, o comunque di un suo comportamento volontario. ( Precedenti citati: sentenze n. 301 del 1994 e n. 9 del 1982 ) .

Parametri costituzionali