Pronuncia 209/2023

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Augusto Antonio BARBERA; Giudici : Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D'ALBERTI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 103, commi 4, 5 e 6, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, promosso dal Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria, sezione prima, nel procedimento vertente tra S. F. e il Ministero dell'interno, Ufficio territoriale del Governo di Perugia, con ordinanza del 1° febbraio 2023, iscritta al n. 21 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 2023. Visti l'atto di costituzione di S. F. e l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 25 ottobre 2023 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera; deliberato nella camera di consiglio del 25 ottobre 2023.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara inammissibile la costituzione in giudizio di F.S.; 2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 103, commi 5 e 6, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, sollevata, in riferimento agli artt. 10, secondo comma, e 76 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria, sezione prima, con l'ordinanza in epigrafe indicata; 3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 103, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, sollevate, in riferimento agli articoli 3 e 35 Cost., dal TAR Umbria, sezione prima, con l'ordinanza in epigrafe indicata; 4) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 103, commi 5 e 6, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, sollevate, in riferimento agli artt. 97 e 113 Cost., dal TAR Umbria, sezione prima, con l'ordinanza in epigrafe indicata. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 ottobre 2023. F.to: Augusto Antonio BARBERA, Presidente Augusto Antonio BARBERA, Redattore Igor DI BERNARDINI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 24 novembre 2023 Il Cancelliere F.to: Igor DI BERNARDINI

Relatore: Augusto Antonio Barbera

Data deposito: Fri Nov 24 2023 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: BARBERA

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Massime

Straniero - Immigrazione - Emersione di rapporti di lavoro - Assenza del requisito reddituale in capo al datore di lavoro fissato mediante rinvio a decreto ministeriale - Denunciata violazione dei principi in materia di delega legislativa e del principio di riserva di legge - Inconferenza dei parametri - Inammissibilità delle questioni. (Classif. 245003).

È dichiarata inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR per l’Umbria, sez. prima, in riferimento agli artt. 10, secondo comma, e 76 Cost., dell’art. 103, commi 5 e 6, del d.l. n. 34 del 2020, come conv., che disciplinano la procedura di regolarizzazione del lavoratore straniero irregolare in presenza di determinati limiti di reddito del datore di lavoro, la cui fissazione è demandata, a un decreto interministeriale, adottato il 27 maggio 2020, il quale tra l’altro prevede (art. 9, comma 1), che l’ammissione alla procedura di emersione è condizionata all’attestazione del possesso, da parte del datore di lavoro, di un reddito imponibile o di un fatturato non inferiore a 30.000,00 euro annui. Da un lato il giudice a quo ha evocato un parametro manifestamente inconferente poiché nella specie non viene in rilievo alcuna delega legislativa, avendo la norma censurata rinviato, per la sua attuazione, a un decreto ministeriale Dall’altro non si verte in materia coperta dalla riserva di legge, perché il procedimento per l’emersione dei rapporti di lavoro irregolari non regola la condizione giuridica dello straniero, ma pone una disciplina applicabile a prescindere dalla cittadinanza. (Precedente: S. 150/2023 - mass. 45653).

Norme citate

  • legge-Art.
  • decreto-legge-Art. 103, comma 6
  • decreto-legge-Art. 103, comma 5

Legalità (principio di) - In genere - Legalità dell'azione amministrativa - Fondamento costituzionale - Necessità di assicurare l'imparzialità della PA - Portata formale e sostanziale del principio - Elasticità della sua applicazione (nel caso di specie: non fondatezza delle questioni aventi ad oggetto le procedure di emersione di rapporti di lavoro che rinviano a decreto ministeriale per la fissazione del requisito reddituale richiesto in capo al datore di lavoro per l'accoglimento dell'istanza). (Classif. 140001).

Nel nostro ordinamento vige il principio di legalità dell’azione amministrativa desumibile oltre che nell’art. 97 Cost. – laddove istituisce una riserva di legge relativa, allo scopo di assicurare l’imparzialità della p.a., la quale può soltanto dare attuazione, anche con determinazioni normative ulteriori, a quanto in via generale è previsto dalla legge –, anche negli artt. 23, 103 e 113 Cost. Esso caratterizza, qualifica e limita tutti i poteri amministrativi e va letto non solo in senso formale, come attribuzione legislativa del potere, ma anche in senso sostanziale, come determinazione del suo ambito, e cioè dei fini, del contenuto e delle modalità del suo esercizio. Tuttavia, il principio di legalità sostanziale può ritenersi violato solamente qualora sia assente, o eccessivamente generica, la determinazione del presupposto di esercizio e del contenuto del potere conferito, in modo da dover escludere qualsiasi, pur elastica, copertura legislativa dell’azione amministrativa. (Precedenti: S. 195/2019 - mass. 42769; S. 45/2019 - mass. 41237; S. 69/2018 - mass. 40784; S. 115/2011 - mass. 35551; S. 32/2009 - mass. 33161; S. 307/2003 - mass. 28226).(Nel caso di specie, sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal TAR Umbria, sez. prima, in riferimento agli artt. 97 e 113 Cost., dell’art. 103, commi 5 e 6, del d.l. n. 34 del 2020, come conv., che disciplinano la procedura di regolarizzazione del lavoratore straniero irregolare in presenza di determinati limiti di reddito del datore di lavoro, la cui fissazione è demandata, a un decreto interministeriale. Nel caso di specie, ancorché il censurato comma 6 non indichi, espressamente e specificamente, i criteri per la fissazione dei limiti di reddito del datore di lavoro, essi possono agevolmente desumersi dall’impianto complessivo dello stesso art. 103, cosicché esso, complessivamente considerato, non solo costituisce la base legale del potere interministeriale di determinare i limiti di reddito che devono sussistere in capo al datore di lavoro per l’accesso alla procedura di emersione e per la sua positiva definizione, ma lo delimita adeguatamente, indicando, in modo ragionevolmente sufficiente, i parametri a cui l’esercizio di detto potere deve conformarsi. La fissazione di un requisito che solamente l’autorità amministrativa può determinare, avvalendosi di dati tecnico-economici, come il costo del lavoro sotto il profilo retributivo, contributivo e fiscale fa sì inoltre che, nella specie, non si abbia il conferimento di un potere “in bianco”, indeterminato nel contenuto e nelle modalità, bensì l’attribuzione all’amministrazione del compito di dettare, in termini uniformi e generali per tutte le procedure di emersione, un requisito di carattere meramente tecnico, sulla base di ben specifici obiettivi da perseguire e di parametri a cui conformarsi).

Norme citate

  • legge-Art.
  • decreto-legge-Art. 103, comma 6
  • decreto-legge-Art. 103, comma 5

Straniero - Immigrazione - Emersione di rapporti di lavoro - Assenza del requisito reddituale in capo al datore di lavoro - Effetti - Rigetto dell'istanza - Possibilità di rilasciare un permesso di soggiorno per attesa occupazione - Omessa previsione - Denunciata violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza, nonché della tutela del lavoro - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni. (Classif. 245003).

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal TAR Umbria, sez. prima, in riferimento agli artt. 3 e 35 Cost., dell’art. 103, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come conv., che impedisce, nell’ipotesi di rigetto dell’istanza di emersione per difetto del requisito reddituale in capo al datore di lavoro, il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione. Sebbene i lavoratori extracomunitari autorizzati al lavoro subordinato stabile in Italia, godendo di un permesso rilasciato a tale scopo, siano posti in condizioni di parità con i cittadini italiani e godano di tutti i diritti riconosciuti ai lavoratori italiani, ciò non significa che il legislatore non possa subordinare la configurabilità stessa di un rapporto di lavoro con uno straniero, o la sua regolarizzazione, alla sussistenza di determinati requisiti, preposti alla tutela di ben precisi interessi pubblici e finalizzati a prevenire elusioni del sistema di ingresso e soggiorno per ragioni di lavoro degli stranieri sul territorio nazionale. Nel caso in esame, il requisito di un limite minimo di reddito in capo al datore di lavoro è volto a garantire l’effettiva capacità economica dello stesso e la conseguente sostenibilità, da parte sua, del costo del lavoro, così tutelando proprio l’interesse del singolo lavoratore assunto, o regolarizzato, al rispetto del corretto trattamento retributivo e contributivo, nonché per evitare domande strumentali alla regolarizzazione di rapporti lavorativi “fittizi”, volti solamente a far conseguire allo straniero un titolo di soggiorno. Né la fattispecie censurata si mostra irragionevole o violatrice del principio di uguaglianza, in quanto tutti i procedimenti per la legalizzazione del lavoro irregolare degli stranieri sono caratterizzati ciascuno dalla propria specificità e, nel dettare la loro disciplina, il legislatore gode di ampia discrezionalità, salvo il limite della manifesta arbitrarietà. Né sussiste una disparità di trattamento rispetto alla disciplina dettata, per altra procedura di emersione, dall’art. 5, comma 11-bis, del d.lgs. n. 109 del 2012, in quanto le due procedure sono ben distinte per presupposti applicativi e finalità perseguite. (Precedenti: S. 149/2023 - mass. 45652; S. 88/2023 - mass. 45489; S. 206/2006 - mass. 30421; S. 172/2012 - mass. 36465; S. 454/1998 - mass. 24385; O. 76/2022 - mass. 44691).

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 103, comma 4
  • legge-Art.